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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Carburante rubato in Libia e venduto anche a Catania: 9 arrestati

La guardia di finanza etnea ha sgominato un'associazione criminale dedita al riciclaggio di carburante. Tra loro miliziani libici e un tramite della malavita etnea: Nicola Orazio Romeo, vicino alla famiglia Santapaola-Ercolano

La guardia di finanza etnea ha smantellato un'associazione criminale dedita al riciclaggio e alla vendita di gasolio rubato da una raffineria di Zawyia (a 40 km ovest da Tripoli) e destinato, dopo miscelazione, ad essere immesso nel mercato italiano ed europeo anche come carburante da autotrazione. Il Gip del tribunale di Catania ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 9 persone, sei in carcere e tre agli arresti domiciliari.

I componenti della banda

Alla banda che si è avvalsa anche dell’opera di miliziani libici armati dislocati nella fascia costiera confinante con la Tunisia, è stata anche contestata l’aggravante mafiosa attesa, data la presenza di Nicola Orazio Romeo ritenuto vicino alla famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano.In un anno di indagini, i militari del nucleo di polizia tributaria della guardia di Ffnanza di Catania, sono riusciti a documentare dettagliatamente oltre 30 viaggi nei quali sono stati importati via mare dalla Libia oltre 80 milioni di chili di gasolio per un valore all’acquisto di circa 30 milioni di euro.

Tra i soggetti coinvolti nel traffico internazionale di prodotti petroliferi libici e arrestati c'è l’amministratore delegato della Maxcom Bunker S.P.A, Marco Porta, Fahmi Mousa Saleem Ben Khalifa, alias “il Malem” (il capo), nato in Libia, fuggito dal carcere nel 2011 con la caduta del regime di Gheddafi dove stava scontando una condanna a 15 anni per traffico di droga, il catanese Nicola Orazio Romeo , i cittadini maltesi Darren  e Gordon Debono e il l libico, originario di Zuwara, Tareq Dardan.

Tra la Sicilia, Malta e la Libia

Ben Khalifa ha guidato una milizia armata stanziata nella zona costiera al confine con la Tunisia ed è stato recentemente posto agli arresti per contrabbando di carburanti da parte delle autorità libiche. Il catanese Nicola Orazio Romeo, indicato da alcuni collaboratori di giustizia quale appartenente alla frangia mafiosa degli Ercolano e ritenuto, in una conversazione captata tra gli indagati, quale soggetto della “mala, quella giusta, quella che non lo tocca nessuno”. Romeo era  già stato denunciato nel 2008 per la sua appartenenza mafiosa ai Santapaola e per alcune azioni estorsive perpetrate nelle zone di Acireale e Aci Catena. Il catanese è stato parte integrante della componente maltese dell’organizzazione la cui funzione primaria è stata quella di organizzare i trasporti del gasolio libico via mare.

I due cittadini maltesi invece insieme a Romeo si sono occupati di gestire il trasporto via mare e curare il reticolo di società commerciali coinvolte nel business. Il libico invece ha gestito all'interno dell'organizzazione i flussi finanziari veicolati su conti esteri nella disponibilità di Ben Khalifa. Per i soggetti non rintracciati nel territorio nazionale, la Procura distrettuale ha richiesto l’emissione di un mandato d’arresto internazionale.

L’amministratore delegato della Maxcom Bunker S.P.A, società con sede legale a Roma, esercente l’attività di commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi e di bunkeraggio delle navi, si è avvalso della complicità di alcuni dipendenti della società,anche loro destinatari della misura cautelare. Si tratta di Rosanna La Duca  consulente esterna della società, Stefano Cevasco addetto all’ufficio commerciale, Antonio Baffo ( responsabile del deposito fiscale di Augusta. 

La bassa qualità del gasolio immesso nel mercato

Il gasolio libico – trafugato dalla N.O.C. (National Oil Corporation), la compagnia petrolifera nazionale della Libia, riciclato e immesso, all’insaputa dei consumatori finali, anche presso distributori stradali - è un carburante avente tenore di zolfo minore di 0,1% ed è destinato al “bunkeraggio” ossia al rifornimento, in ambito portuale, di carburanti o di combustibili ad unità navali. Il prodotto in questione, dopo miscelazioni presso uno dei depositi fiscali della Maxcom ad Augusta, Civitavecchia e Venezia, veniva immesso nel mercato italiano ed europeo (Francia e Spagna in particolare) ad un prezzo similare a quello dei prodotti ufficiali pur essendo la qualità dello stesso inferiore.

I prezzi ribassati

La stabile associazione criminale mirava ad acquisire la disponibilità di un flusso continuo di gasolio libico ad un prezzo ribassato rispetto alle quotazioni ufficiali, in alcuni casi anche fino al 60%,  così garantendo alla società italiana acquirente un margine di profitto costante e più elevato. Gli ideatori del lucroso affare internazionale, per  ostacolare la ricostruzione dei passaggi materiali, documentali e finanziari sottesi al commercio di gasolio, hanno costruito un variabile sistema di società, a più livelli, poste fittiziamente tra venditori e acquirenti finali. La frode è stata attuata mediante il ricorso a falsa documentazioneattestante inizialmente l’origine saudita del gasolio “libico” e poi, successivamente, la non veritiera cessione del carburante da una delle società sussidiarie della N.O.C. (National Oil Corporation), la compagnia petrolifera nazionale della Libia.

Il sofisticato sistema di frode

Va, infatti, segnalato come la commercializzazione e l’esportazione dei prodotti derivati dal petrolio raffinati in Libia sia un’esclusiva della N.O.C. e ogni cessione che avvenga attraverso società non autorizzate costituisce un illecito. In una fase successiva, ovvero a seguito dell’improvvisa attenzione mediatica sul fenomeno illecito in rassegna, l’organizzazione ha mutato il sistema di frode: il prodotto non era più accompagnato da certificati attestanti la falsa origine saudita ma da falsi certificati libici, realizzati attraverso la pratica corruttiva in quel Paese. Infatti, prima la pubblicazione, il 25 febbraio 2016, sul quotidiano online “corriere.it”, di un articolo dal titolo “Le Petroliere fantasma dalla Libia all’Italia - I traffici nel mediterraneo” che ricostruiva con precisione le rotte delle navi impiegate dal sodalizio criminale per il traffico illecito di prodotti petroliferi tra la Libia, Malta e l’Italia, e poi le risultanze del Report n. S/2016/209 del 09 Marzo 2016 del Gruppo di esperti in Libia del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite hanno letteralmente allarmato l’amministratore delegato della Maxcom Bunker SPA, Marco Porta e alcuni suoi stretti collaboratori.

Il report delle Nazioni Unite

Nel report delle Nazioni Unite veniva evidenziata l’imponente dimensione del “contrabbando di benzina sia dentro che fuori dalla Libia, che conduce al mercato nero e che fornisce una fonte significativa di introiti per i gruppi armati locali e le reti criminali”, con specifico riferimento ai prodotti provenienti dalla raffineria di Zawiya e contrabbandati, secondo modalità perfettamente corrispondenti a quelle accertate nel corso delle investigazioni condotte dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Catania, dalla “rete gestita da Fahmi ben Khalifa (anche conosciuto come Fahmi Salim)”, il quale “controlla una milizia ed è azionista di una compagnia maltese, ADJ Trading Limited”, oltre a “presiedere il Consiglio di Amministrazione di una compagnia libica, Tiuboda Oil and Gas Service Limited”.

Il trasporto del gasolio rubato

E’ stato appurato che Ben Khalifa, controllando le acque antistanti i porti libici di Abu Kammash e Zwarah, consentiva a navi cisterna di rifornirsi del gasolio proveniente dalle raffinerie attraverso pescherecci appositamente modificati e/o altre navi cisterna di piccole dimensioni. Alcune di queste navi, giunte al largo di Malta, procedevano ad un ulteriore trasbordo su natanti nella disponibilità di società maltesi, le quali s’incaricavano poi di trasportarlo presso porti italiani per conto della società Maxcom Bunker SPA. I natanti utilizzati per l’illecito trasporto disattivavano il dispositivo di identificazione al fine di celare la loro reale posizione.

Le intercettazioni della Procura etnea

La procura etnea nel corso delle indagini ha autorizzato l’utilizzo di dispositivi in grado di intercettare conversazioni tenutesi tramite l’impiego di apparati 4 satellitari. In particolare, quale prima sperimentazione effettuata in Italia, i finanzieri del G.I.C.O. del Nucleo P.T. di Catania hanno eseguito la captazione di conversazioni tra telefoni satellitari operando a bordo dei mezzi aeronavali del Comando Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza e con il contributo tecnico fornito dal Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.).

I distributori stradali etnei 

Le Fiamme Gialle catanesi sono riuscite a tracciare, in alcuni casi, la destinazione finale del gasolio immesso in Sicilia e in Campania riuscendo, al contempo, a smascherare una distinta associazione a delinquere finalizzata alla sistematica evasione dell’Iva e alla vendita a distributori stradali “compiacenti” – ubicati a Catania e provincia - di gasolio “extra-rete” in frode a consumatori e compagnie di bandiera. Questa struttura illecita risulta composta da società cartiere ubicate in Catania e nel siracusano e da depositi fiscali nel trapanese e depositi di stoccaggio nel catanese unite tra loro da apparenti rapporti commerciali attraverso l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. L’articolato sistema di frode ha comportato un mancato incasso per il bilancio nazionale e quello comunitario di imposte  per un ammontare di oltre 11 milioni di euro.

Zuccaro: "Forse anche il coinvolgimento dell'Isis"

"Non possiamo escludere che parte dei proventi di questi traffici illeciti sia andata all'Isis, ma non ne abbiamo evidenza. L'unica cosa di cui abbiamo evidenza è che nel passato nei territori controllati da queste milizie dedite anche a questo contrabbando vi erano anche soggetti dell'Isis". Lo ha detto il Procuratore della Repubblica a Catania Carmelo Zuccaro parlando con i giornalisti in merito all'operazione 'Dirty oil'.

Gasolio a prezzi ribassati nelle stazioni di servizio

Tra gli indagati figurano gli amministratori di fatto delle società coinvolte, già recentemente investigati in similari inchieste dirette da questa Procura e condotte dalle Fiamme Gialle di Catania, ai quali sarà notificato un avviso di conclusione delle indagini. Parte del gasolio illecitamente trafugato dalla Libia, dalla Sicilia è stato destinato per la distribuzione anche a società di stoccaggio campane. Il gasolio “libico”, dopo miscelazione, è giunto, in alcuni casi, anche presso i distributori stradali ad un costo assolutamente “proibitivo” per gli operatori del settore leali costretti a soccombere al cospetto di società illecite che hanno messo a frutto l’evasione d’imposte e il minore onere d’acquisto della materia prima. La complessa investigazione economico – finanziaria ha fatto emergere un sofisticato traffico illecito internazionale di carburante in grado di alterare la libera concorrenza di mercato, a danno di imprese, consumatori finali e degli Stati europei destinatari del prodotto petrolifero trafugato.

LE IMMAGINI DELL'OPERAZIONE - VIDEO

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