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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Comunità di Lavina, gli ex adepti: i turni, gli obiettivi politici e i presunti abusi

"La comunità di Lavina e l'associazione Acca sono la stessa cosa, sentire certe persone prendere le distanze da Capuana, oggi, è qualcosa di insopportabile". Inizia così il racconto di due madri, due donne, ex adepte, che hanno denunciato alla polizia e ai magistrati i presunti abusi subiti dalle loro figlie

"La comunità di Lavina e l'associazione Acca sono la stessa cosa, sentire certe persone prendere le distanze da Capuana, oggi, è qualcosa di insopportabile". Inizia così il racconto di due madri, due donne, ex adepte, che hanno denunciato alla polizia e ai magistrati i presunti abusi subiti dalle loro figlie. Sono loro che, per la prima volta, hanno deciso di raccontare a CataniaToday la vita all'interno del gruppo devoto all' "arcangelo" Pietro Capuana, oggi indagato per pedofilia ed associazione a delinquere dai magistrati della procura di Catania. Lavoro nei campi "volontario", ristrutturazioni ed allargamenti di edifici, gruppi di preghiera ed "obiettivi politici" da perseguire e completare ogni settimana: tutti elementi di quello che, secondo il racconto delle due donne, veniva chiamato "l'apostolato". Quello aperto dalle due donne, che preferiscono restare anonime, è un vero e proprio vaso di Pandora che "tira per i capelli" i vertici dell'associazione, raccontando fatti inquietanti denunciati alla polizia postale lo scorso 10 agosto 2016.

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L'arcangelo Michele e la simbologia

Aneddoti e vicende del recente passato di una delle più grosse ed influenti comunità del catanese, investita da una pesantissima vicenda giudiziaria che, grazie alle dichiarazioni di poche persone che hanno deciso di parlare, vede coinvolti i suoi dirigenti, accusati di aver organizzato una turnazione per "soddisfare gli appetiti sessuali" di colui che veniva considerato l'incarnazione in terra dell'arcangelo Michele. Figura importantissima per le tre fedi monoteiste (ebraismo, cristianesimo ed Islam), Michael è il principe degli angeli, difensore degli 'amici di Dio', guida dell'esercito celeste nella battaglia contro il demonio. L'angelo, storicamente, è rappresentato come un cavaliere medioevale mentre impugna una grossa spada nell'atto di schiacciare il diavolo con il proprio piede. In alcuni casi viene raffigurato anche con una bilancia, per 'pesare le anime'. La 'fede' in questo dato, la convinzione che l'anziano 'santone' fosse in realtà un essere divino, è centrale per la compresione di tutti i fatti che regolavano la vita all'interno del gruppo, a prescindere dall'aspetto prettamente 'sessuale'. "Tutto quello che ci veniva detto da Capuana doveva essere eseguito senza batter ciglio - raccontano le ex fedeli - Alcuni lo chiamavano addirittura 'Dio Piero', e qualsiasi impedimento era spiegato come un intervento del demonio". All'interno del cenacolo - il luogo dove il laico Capuana teneva le sue cerimonie - l'anziano diceva di essere pervaso dall'angelo durante le sue 'locuzioni': momento apicale del rito, in cui con voce modificata, dettava la linea del gruppo sostenendo, appunto, di essere posseduto dallo spirito di San Michele. 

L'avvicinamento e la debolezza

Un'operazione che non sarebbe stata aggressiva e diretta - quella di condizionamento - ma "progressiva e subdola", chiariscono ancora, "in cui ogni membro veniva pian piano portato ad allontanarsi dalla propria famiglia, dai propri amici 'esterni' ed invitato a dedicarsi in modo esclusivo alle attività del gruppo". "Alcuni sono entrati in un momento di forte debolezza, c'è chi aveva subito un lutto, chi si trovava in difficoltà economica, o altri venivano portati all'interno da propri familiari". "All'inizio entrare a far parte di un gruppo così unito, di cui facevano parte anche dottori, persone importanti, soprattutto per chi si trova schiacciato dai problemi, dava un senso di appartenenza, di comunità". "Loro usavano questa sensazione e portavano le persone a svolgere attività 'volontarie', come il lavoro nei campi, o di pulizia nelle proprietà dell'associazione". Ma c'è di più, le donne affermano di non aver mai preso parte ad attività di volontariato, come affermavano invece i dirigenti di Acca in una nostra precedente intervista, se non quelle negli ospedali. In realtà però, aggiungono, queste visite sarebbero state un mezzo per "prendere i nomi ed i contatti delle persone malate e provare a portarle all'interno della comunità".

L'apostolato e le multe

Gli obiettivi ed i compiti dell'apostolato - stando al racconto delle due donne- andavano "eseguiti pedissequamente". La sanzione prevista in caso di inadempimento era prima di tutto di natura psicologica, "venivamo trattati male, sgridati dai capi", poi gerarchica, "chi non obbediva veniva allontanato sempre di più dal cerchio di Capuana", ma soprattutto pecuniaria. "Era tutta una questione di numeri, di liste, ci facevano scrivere tutto, ogni nostro passo, per poi controllare quello che facevamo e punirci con delle multe qualora non avessimo svolto i nostri compiti in modo corretto". Nel cenacolo ad esempio, continuano le donne, "dovevamo portare sempre più gente, tutte paganti, e a volte arrivavamo anche a pagare 500-600 euro a gruppo". "Se non andavamo, se non portavamo abbastanza persone, ti facevano sentire in colpa perché non aiutavi il Progetto, quello di portare anime a Dio, di fedeltà alla Madonna e al Signore". "Pagavamo per pranzi, cene, anche per il campeggio che facevamo, tutte le sere si doveva pagare. Pagavamo prezzi variabili". Questi soldi, secondo le donne, "non venivano dati in beneficienza, o almeno ai miei amici o alle persone che conoscevo io che avevano bisogno non sono mai stati dati". 

Gli obiettivi religiosi e quelli politici

La vita nella comunità, spiegano ancora, seguiva delle regole ben precise ed era scandita da 'obiettivi settimanali' da portare a termine. Target non sempre 'religiosi' ma anche 'politici'. "Come regola generale ogni fedele veniva spinto a portare altre persone all'interno del gruppo. Il vantaggio che si otteneva era quello di una sorta di avanzamento nella scala gerarchica, in modo tale da essere sempre più vicini a Piero Capuana'. Dicevano di dover portare a termine 'il Progetto' con degli obiettivi settimanali: portare un tot di persone la Domenica a Messa, o alle manifestazioni politiche". Ma quali sono i personaggi politici punti di riferimento per la comunità? "Prima sicuramente Mimmo Rotella e, successivamente, il figlio di Pietro Capuana, Daniele", spiegano le fonti. Il primo, Rotella, è indagato per favoreggiamento nel procedimento contro Piero Capuana, il secondo invece, Daniele, ex assessore provinciale allo Sport durante la presidenza di Nello Musumeci, non è stato coinvolto nell'indagine della procura di Catania. "Nessuno ci ha mai detto di dover votare per questo o per quello in modo esplicito, ma era ovvio perché organizzavamo eventi per loro". "Devo dire - chiarisce una delle due donne - che Daniele Capuana e Mimmo Rotella non prendevano parte quasi mai alla vita religiosa, se non in prossimità degli eventi elettorali". 

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La Chiesa contro la Comunità: "Fanatismo credulone ed esorcismi abusivi"

In un carteggio consegnato ai magistrati della procura di Catania il 13 febbraio 2018 dal Vicario generale della Diocesi di Acireale, è possibile consultare i materiali che sono stati al centro di un'indagine canonica sulla Comunità di Lavina a partire dal 1974. All'interno si trovano alcune lettere dove la comunità veniva vista con preoccupazione da molti ecclesiastici che parlano di "fanatismo credulone", e "deviazioni di carattere dottrinale e morale" nei confronti del gruppo guidato allora da padre Stefano Cavalli.

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Negli anni è stata anche convoncata una Commissione diocesana per valutare quella che viene definita la "larga documentazione" su Lavina, sulla base della quale l'allora Vescovo Pasquale Bacile ammoniva formalmente padre Cavalli nell'obbedire al Vescovo e di imporre l'obbedienza e l'aderenza alla dottrina cattolica ai membri del 'cenacolo'. Inoltre nel testo si impone che il gruppo del cenacolo debba "considerasi sciolto a tutti gli effetti ecclesiali", viene proibito che nella parrocchia di Lavina vengano istituiti "gruppi cosiddetti carismatici o similari", al parroco viene proibito di interessarsi "alla costituzione di speciali opere assistenziali o caritative (ospedali o cliniche), sia in Parrocchia senza un esplicito permesso del Vescovo". 

Ma non solo. "Sino a nuove indicazioni viene sospeso il permesso di celebrazioni ecclesiastiche in case private", formalmente "proibito di fare esorcismi a chicchessia, o dare benedizioni che possano ritenersi sostitutive di esorcismi". A tal proposito si ricorda a padre Cavalli che "mai è stata data al parroco questa facoltà dal Vescovo, e che perciò ha eseguito abusivamente". Il documento spiega inoltre che "non sarà consentito ai laici la recita di preghiere o invocazioni, o altri interventi fuori da quelli previsti". 

Il Comitato Civico di Lavina e la denuncia ai carabinieri 

C'è di più. Il 20 Dicembre del 1976 il "comitato civico di Lavina" presenta una formale denuncia al Vescovo di Acireale, al comandante dei carabineri e al questore di Catania. Nell'esposto i cittadini spiegano che da mesi "tre giovani, Pietro, Enzo e Giuseppe, autodefinendosi arcangeli, rispettivamente con il nome di Michele, Gabriele e Raffaele, colla compiacenza di padre Cavalli, tengono delle lunghe sedute-riunioni nei locali della parrocchia". "All'uopo, assumendo di avere poteri soprannaturali, in una sala piena di persone, il Piero (arcangelo Michele), cade in una specie di falsa estasi (o meglio artificioso letargo) pronunziando espressioni evangeliche". "Invece non è così - continua il comitato - i loro scopi si sono rivelati egoistici e direi loschi, dando luogo a disordini e a fatti delittuosi". "E' opportuno far presente ancora che i detti arcangeli svolgono la loro missione (?) di evangelizzazione anche nei paesi vicini,nonchè a Catania prendendo contatti con dei parroci,  visitando case private dove tengono delle sedute facendo proselit, specialmente ragazze adolescenti, approfittando della loro ingenuità. Ci risulta però che varie famiglie ora rifiutano di riceverli essendo venute a conoscenza dei fatti summenzionati e che la loro attività è sacrilega".

"Ciò posto ci viene spontaneamente di farci la domanda - aggiungono - da che cosa detti arcangeli abbiano potuto acquisire il potere so-prannaturale che vantano di avere? Da una vita ripiena di sacrifici,penitenze,castità, póvertà,carità ecc.ecc.Ci si domanda anche come molti religiosi:monaci e suore di clausura,missionari, santi sacerdoti ecc. ecc.da che mondo è mondo non hanno mai appalesati tali poteri". "Ed allora? - concludono - ed allora lo fanno perchè sono dei veri fattucchieri e prestigiatori, avidi di esibizionismo e di conquiste". 
 

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