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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

La denuncia di una precaria: "Noi fuorisede condannati a non poter rientrare”

La storia di Elena, un'insegnante che vive in Toscana. Tra divieti e restrinzioni sono migliaia i catanesi che non sanno quando potranno tornare a casa

Negli occhi di tutti, in questa emergenza sanitaria, ci sono le scene di calca e frenesia nella stazione di Milano dopo l'annuncio del premier Conte – nei primi giorni di marzo – delle prime restrizioni e prime chiusure. Furono migliaia i siciliani fuori sede, tra studenti e lavoratori, che presero al volo il primo treno o il primo autobus per fare rientro a casa.

Considerati potenziali “untori” vennero attivate imposizioni come la quarantena domiciliare ma tantissime furono le critiche di chi accoglieva questa potenziale massa di possibili “infetti”. Fortunatamente la Sicilia ha retto e adesso sembra che sia uscita dall'emergenza con un numero irrisorio dell'aumento dei contagi e con un galoppante svuotamento delle strutture sanitarie.

Però la Sicilia e specie la provincia etnea rappresentano una terra di fortissima emigrazione per mancanza cronica di lavoro e prospettive e sono ancora migliaia gli etnei che aspettano di poter fare rientro a casa. Aspettavano la nuova ordinanza di Musumeci e le disposizioni di Conte ma sono rimasti delusi. Infatti gli spostamenti dei passeggeri via mare, tramite lo Stretto, sono ancora limitati e i collegamenti aerei sono ridotti al lumicino.

Così Elena (un nome di fantasia; ndr), insegnante precaria 30enne che vive e lavora in provincia di Carrara, ha dovuto ingoiare l'ennesimo boccone amaro: “Io sono stata per la linea della responsabilità e sono stata la prima a criticare chi, a inizio marzo, è tornato in Sicilia con le scene di caos che abbiamo visto tutti. E' stato un gesto grave che ha avuto ripercussioni su tutti noi che viviamo fuori: siamo stati dipinti come potenziali untori. Sono rimasta qui per tutelare la mia famiglia e i miei affetti ma adesso vorrei capire se e quando potrò rientrare a casa”.

Infatti ciò che manca a Elena è un orizzonte. Aveva prenotato, qualche giorno fa, un volo Ryanair da Pisa per Catania per il prossimo 10 maggio ma che è stato poi  improvvisamente cancellato e l'unica possibilità è andare a Roma, dove al momento è attivo l'unico collegamento per lo scalo etneo.


“Per chi vive nelle province del centro e del nord – spiega l'insegnante – non è facile raggiungere Roma o Milano. Dobbiamo prendere ulteriori mezzi o programmare pernottamenti fuori e in questo momento è tutto più difficile. Se tutti abbiamo criticato l'esodo improvviso di marzo dei fuori sede adesso, con amarezza, dico che il messaggio che passa tra chi è rimasto lontano da casa è che i furbi hanno vinto e hanno avuto ragione. Quelle persone però si sono messe in quarantena, si sono comportate bene e hanno dimostrato di meritare fiducia. La stessa che vorremmo avere anche noi oggi, chiedendo sicurezza per tutti”.

“Chi è rimasto lontano dalla Sicilia per responsabilità – continua la docente – si è trovato penalizzato e senza nessuna data disponibile per programmare un rientro. La politica locale sino a Natale considerava noi fuori sede “figli” e “risorse” e aveva messo anche a disposizione i bus contro il caro trasporti. Perché adesso non si attuano precisi protocolli per il rientro? Perché non ci si organizza con tamponi, screening e una banca dati dei tanti siciliani rimasti bloccati fuori?”.

Quello che chiedono i lavoratori, proprio nel giorno della "festa" del lavoro, è una soluzione che coniughi la possibilità di rientrare con la sicurezza sanitaria. Tanti sono i catanesi che, lavorando a Milano da precari, hanno perso il lavoro e che sono temporaneamente ospitati da amici. Ma quanto potrà durare?

Ad aumentare la frustrazione c'è anche la divisione geografica e politica italiana, con molti presidenti delle Regioni che stanno andando in ordine sparso con, ad esempio, territori come Molise, Calabria e Puglia che hanno “allargato” i confini e altri come la Sicilia che li tiene blindati.

“Purtroppo la politica – conclude – ha suscitato un senso di abbandono e siamo stati dipinti come untori. Ho letto tanti commenti sui social che fanno male. Vorremmo adesso chiarezza: ci dicano che non sono in grado di attuare le condizioni di sicurezza per farci rientrare”.

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