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Cronaca

Da Iside a Sant'Agata, tradizioni millenarie d'identità popolare

Il “sacro femminino” nella storia della città, parola di Tino Vittorio: “Per i catanesi la festa è totalizzante, per tanti devoti è anche un momento di riscatto”

La festa di Sant'Agata, il suo cerimoniale e l'iconografia sono il risultato di millenni di stratificazione di credenze, usi e costumi provenienti dalle civiltà mediterranee. “Tutto questo ne amplifica la portata culturale senza sminuire la componente religiosa di matrice cattolica – spiega a CataniaToday lo storiografo catanese Tino Vittorio – la festa ha assunto negli anni precisi significati identitari per la città etnea e i suoi abitanti”.

L'eredità pre-cristiana

“Abbiamo tracce dei culti di Demetra, Cerere, Proserpina e naturalmente Iside, la divinità che è stata importata dall'Egitto nell'ambito delle relazioni internazionali che si costruivano nel mediterraneo antico. Grazie anche a dei matrimoni che suggellavano unioni tra nobili famiglie di paesi diversi. Il culto di Iside arriva in Sicilia orientale molto probabilmente al tempo di Agatocle, tiranno di Siracusa, che aveva stretto alleanza con gli Egizi in funzione anti-cartaginese. La Sicilia orientale - continua -è uno dei centri dove avviene questo radicamento del culto della dea egizia e molti aspetti della religiosità pagana e quella cristiana nel tempo convergono fino a coincidere grazie alla grande opera di cristianizzazione svolta dalla Chiesa.

La trasformazione culturale

"Agata/Iside manifesta la straordinaria potenza dell'architettura religiosa messa a punto dalla Chiesa in età moderna. La cosa straordinaria di Sant'Agata è che entra nell'immaginario religioso pre cristiano dominandolo. Viene assorbito tutto - spiega Vittorio -  simbologia e riti. La prima similitudine tra le due divinità è la mammella. Iside era plurimammia, infatti veniva raffigurata come esempio di fertilità immensa con mille mammelle. Naturalmente tutto ciò doveva essere in qualche modo intriso di “logica” cristiana, ovvero inserita nel quadro della sofferenza dedicata a Cristo, per questo il martirio di Agata avviene attraverso la mutilazione del seno.

La processione e il carro

Il navigium isidis era una festa essenzialmente marinara. E anticamente, più che ai giorni nostri, la festa di Sant'Agata aveva una relazione con il mare che man mano scomparve. La consacrazione della cerimonia della nave lasciò il posto alla sacra Vara della Santa. Tutto rimanda a una simbologia “marinara”. Se guardiamo le antiche raffigurazioni del carro processionale, che era in sostanza una barca, ritroviamo anche il concetto attuale della “Vara” che è la metafora di un'imbarcazione tirata a terra dal mare grazie all'utilizzo di lunghe funi d'alaggio: quello che attualmente è il cordone tirato dai devoti. La dea infatti veniva dal mare, così come ritornano dal mare le reliquie di Agata provenienti da Costantinopoli. I sacerdoti isiaci vestivano di bianco: una caratteristica condivisa dai due culti” .

La festa e il popolo catanese

La religiosità viene anche usata come strumento di riscatto, a volte con punte di isteria: in quei giorni i devoti sono al centro, al pari della Santa. La dimensione della festa assume quindi tratti totalizzanti con tutte le altre manifestazioni che, solo apparentemente, sono slegate dal contesto, come la presenza dei banchetti di dolci, frutta secca e carne di cavallo. La Chiesa ha sempre avuto l'interesse a un'ampia partecipazione popolare – commenta il professore - le feste religiose o dedicate ai Santi venivano istituite in giorni di mercato, una cosa da cui traevano vantaggio tutti: commercianti, venditori e gerarchie ecclesiastiche. C'è un rapporto stretto tra chi vende e organizza la festa, che doveva avvenire in un momento di massimo afflusso di gente in città. In epoca moderna e premoderna i mercati non c'erano sempre, quindi si cercava di far coincidere le due cose: la carne arrostita presumibilmente c'è sempre stata, magari non era il cavallo, ma un altro animale. Le feste dei Santi patroni non sono feste da “seminario”, e quindi per pochi eletti che vogliono raccogliersi in preghiera”.

Il martirio di Agata

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