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Cronaca

Giuseppe Torre, torturato e bruciato vivo: dopo 28 anni fatta luce sulla morte di un innocente

L'operazione Thor dei Carabinieri ha permesso di ricostruire diversi omicidi. Tra questi spicca quello di un ventenne di Misterbianco ucciso crudelmente

"Gli buttavano l'alcool addosso, gli davano fuoco, lo colpivano con legni, con del ferro, con qualsiasi cosa purché questo parlasse. Quindi dopo una serie di torture questo ragazzo era sfinito...gli era sembrato morto praticamente, cioé come se gli fosse morto tra le mani".

Questo uno stralcio dei racconti che hanno permesso agli inquirenti di ricostruire uno dei tanti omicidi di mafia che hanno sconvolto la provincia di Catania tra gli anni Ottanta e Novanta. In questo caso, a perdere la vita, era stato un ragazzo di 18 anni di Misterbianco che non aveva alcuna colpa. Giuseppe Torre, infatti, non era un affiliato, non era un criminale e lavorava onestamente come apprendista in un'officina. Ma, nonostante questo, venne picchiato, torturato selvaggiamente e bruciato vivo con il "metodo dei copertoni" che consisteva nell'inserire il corpo della vittima dentro una pila di gomme e poi dare fuoco con una miscela di alcool e benzina.

Il rapimento e il finto "blitz" della polizia

Grazie alla collaborazione di diversi ex affiliati la procura e i carabinieri hanno ricostruito 23 omicidi di mafia individuandone i responsabili. Dalle carte dell'operazione Thor colpisce l'organizzazione e la spietatezza utilizzata contro un ragazzo, Giuseppe Torre, che non aveva alcuna colpa se non quella di avere una famiglia "ingombrante" probabilmente.

Per la morte del giovane sono accusati Alfio Adornetto, Andrea Ventura, Salvatore Guzzetta, Nunzio Zuccaro, Salvatore Grazioso, Giuseppe Pulvirenti, Orazio Caudullo e Filippo Malvagna. Il giovane Giuseppe Torre era figlio, omonimo, di un pregiudicato e affiliato al clan Epaminonda e che era stato ucciso il 23 settembre 1982 a Milano. Ma il figlio non aveva mai seguito le "orme" criminali del padre: era cresciuto a Misterbianco e lì vi conduceva una vita tranquilla, regolare. La madre si era rifatta una vita e si era legata sentimentalmente a un altro uomo di mafia: Gaetano Nicotra, fratello di Mario che era il reggente dei cosiddetti "Tuppi".

Tutto ciò a Giuseppe non interessava e non aveva alcun contatto con i Nicotra. Ma per Nunzio Zuccaro, del clan Santapaola, non era così e segnalò la presenza del ragazzo a Misterbianco in un appartamento vicino a quello della sorella. Appartamento in cui si sospettava si nascondessero i Nicotra e dove Giuseppe Torre avrebbe portato viveri e informazioni.

Per sancire il dominio del Malpassotu, in guerra con i Tuppi a Misterbianco, quindi venne deciso di sequestrare il giovane per scoprire il nascondiglio dei Nicotra e altre informazioni utili per l'eliminazione fisica degli avversari. Così la notte del 16 febbraio 1992 Adornetto segnala al "commando" la presenza di Giuseppe Torre in piazza con alcuni amici e parte allora la "missione" del clan. In un'auto, una Lancia Thema targata Torino, Ventura, Barbagallo, Guzzetta e Zuccaro partono alla volta di Misterbianco. Mettono un lampeggiante sul tetto e si fingono poliziotti in borghese con un'auto civetta: fanno irruzione in piazza e chiedono a tutti i documenti. Non appena hanno la certezza di aver identificato e preso Giuseppe Torre lo fanno salire in macchina e scompaiono velocemente. Di Giuseppe Torre non se ne saprà più nulla.

La denuncia ai Carabinieri e Chi l'ha visto

Il modus operandi dei rapimenti di mafia, con il "travestimento" da finti poliziotti, non era nuovo. Gli uomini erano scesi imbracciando un mitra e alcune pistole 7,65. Ma nella famiglia di Giuseppe Torre era montata l'ansia: perché quel fermo? Chi erano queli uomini?

Così la notte tra il 16 e il 17 febbraio i parenti del ragazzo si erano recati dai carabinieri che, dopo alcune verifiche, hanno confermato il fatto che Giuseppe non si trovava in nessun commissariato. Giuseppe in quel momento era già morto. Arso vivo dai suoi aguzzini perché non sapeva nulla.

Infatti, dalle carte dell'inchiesta Thor, emerge come il ragazzo sia stato portato in campagna tra Santa Maria degli Ammalati e San Pietro Clarenza e torturato brutalmente. Colpi di bastone, di spranga, alcool versato dentro l'ombelico e poi dato a fuoco, sigarette spente sulla sua pelle. Un calvario interminabile che l'ha portato allo stremo, sino a svenire. Tra le lacrime e le preghiere Giuseppe aveva detto di non aver alcun contatto con i Nicotra e con il loro mondo criminale.

I suoi carnefici, a un certo punto, convinti davvero che non sapesse nulla avevano cercato un contatto con il Malpassotu per spiegargli la situazione e capire cosa fare di quella giovane vita. Ma il temibile boss era irreperibile così, dato che avevano agito a volto scoperto, decidono di ucciderlo. Anche in questo caso con una violenza bestiale: con il metodo dei copertoni. Solitamente la vittima prima veniva strangolata e poi inserita all'interno di una pila di vecchie gomme che veniva data alla fiamme.

Nel caso di Giuseppe fu diverso. Venne messo ancora vivo dentro la pila di pneumatici. Le parole di Salvatore Grazioso, riportate dal suo parente Daniele Mangione, sono inequivocabili: "Vedevamo i piedi di questo ragazzo che tentava di uscire da sopra, gli sbattevano i piedi per cercare di uscire però noi pensavamo che era morto. E' stata questione di pochi secondi e poi non si è sentito più niente".

I parenti intanto hanno cercato per diverso tempo il loro Giuseppe, facendo finire il caso anche a "Chi l'ha visto?".

L'epilogo

La fine di questa tragica vicenda è stata scritta dopo 28 anni. Sono state sviscerate anche le responsabilità di Alfio Adornetto, l'uomo che avrebbe indicato al commando di killer dove si trovava di preciso Giuseppe Torre, ucciso da innocente. Probabilmente la ferocia utilizzata per la sua uccisione è dovuta anche al risentimento covato da Nunzio Zuccaro nei confronti della sua famiglia. Dai racconti dei pentiti sembrerebbe che il padre di Giuseppe Torre avesse accoltellato in carcere lo stesso Zuccaro. Ma il giovane di Misterbianco con il padre non c'entrava proprio nulla. Un altro terribile omicidio che ha macchinato una lunga stagione di sangue nel catanese.

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