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Cronaca

Mafia e rifiuti, blitz della Dia: tra gli arrestati anche un giornalista per corruzione

Le indagini svolte dalla Dia hanno permesso di svelare gli accordi criminali per la gestione degli appalti relativi all’affidamento dei servizi di raccolta dei rifiuti, considerato florido settore di investimento criminale per tutti i clan mafiosi

C'è anche un giornalista locale tra i destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Catania nei confronti di 16 indagati nell'ambito dell'inchiesta denominata "Gorgòni" della Dda della Procura. Oggetto del blitz, la presunta illecita gestione della raccolta dei rifiuti nei comuni di Trecastagni, Misterbianco e Aci Catena, con diramazioni nella Sicilia Orientale. E' Alfio "Salvo" Cutuli, di 54 anni, cronista di Rei Tv e collaboratore del giornale La Sicilia il giornalista arrestato per corruzione. Secondo l'accusa "avrebbe fatto da mediatore tra il rappresentante legale della Senesi Spa, Rodolfo Briganti, e il sindaco pro tempore di Aci Catena, Ascenzio Maesano al quale faceva pervenire somme imprecisate di denaro ricevute dall'imprenditore per sostenere la sua futura campagna elettorale". In cambio avrebbe chiesto di "ottenere l'annullamento delle sanzioni irrogate dal comune alla Senesi nell'esecuzione dell'appalto".

I nomi degli arrestati

Le intercettazioni - Video

I dettagli dell'operazione - Video

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L'inchiesta, 18 mesi di indagini

Al centro dell'inchiesta, 18 mesi di indagini della Dia di Catania, diretta dal capocentro Renato Panvino. Un blitz partito dalle prime ore della mattina, su delega della procura distrettuale della Repubblica di Catania, che ha visto impegnato il personale della Direzione investigativa antimafia di Catania, supportato dai centri operativi di Palermo, Reggio Calabria, Caltanissetta e dalla Dia di Roma, nonché dalla sezione operativa di Messina. L'ordinanza di custodia cautelare è stata eseguita nei nei confronti di elementi di spicco dei clan “Cappello” e “Laudani” di Catania, nonché di imprenditori e funzionari amministrativi del comune di Trecastagni, responsabili dei procedimenti di affidamento dei servizi di raccolta dei rifiuti.

Il video dell'operazione denominata "Gorgòni"

Le società coinvolte

Alle società E.F. Servizi Ecologici srl e Senesi spa è contestata la responsabilità dell’ente ex.art.5, comma I D.Lgs. 231/2001, per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da persone appartenenti alla sua struttura organizzativa (in posizione di vertice o sottoposte alla direzione o vigilanza di queste). In seguito all’emissione nel 2015 di un provvedimento di interdittiva antimafia, decretato dalla Prefettura di Catania nei confronti della E.F. Servizi Ecologici srl di Misterbianco, l’Autorità giudiziaria aveva delegato la Dia di Catania a compiere accertamenti per verificare se la società stesse gestendo appalti pubblici nei comuni ricadenti nella giurisdizione. L’analisi della documentazione amministrativa acquisita ha consentito di rilevare irregolarità formali nello svolgimento dei procedimenti amministrativi per l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti nei comuni di Aci Catena e Misterbianco, e anche di certificare i rapporti con la criminalità organizzata etnea da parte dell’amministratore unico della società E.F. Servizi Ecologici srl, vincitrice delle gare d’appalto, Vincenzo Guglielmino.

Imprenditori e mafia

Proprio Vincenzo Guglielmino costituisce, tra tutti, senza dubbio l’indagato che meglio rappresenta la spregiudicatezza con la quale certi imprenditori si rapportavano con la criminalità organizzata. Dalle intercettazioni svolte, infatti, è emerso chiaramente come lo stesso, lungi dal subire le prevaricazioni dei clan mafiosi operanti nei territori dove si svolgeva la sua attività di impresa, si rapportava in modo paritario agli esponenti più rappresentativi dei clan mafiosi catanesi, in particolare appartenenti al clan Cappello e al clan Laudani, considerandoli al pari di qualunque altro interlocutore commerciale dal quale acquistare servizi. Le risultanze investigative hanno documentato, come sottolineato dal Gip, la sua "intraneità" al clan Cappello, al quale regolarmente e periodicamente il Guglielmino erogava sostanziose somme di denaro (quasi fosse da considerare un costo di esercizio dell’impresa) in cambio, da un lato, del più tradizionale dei “servizi” offerti, vale a dire la protezione da eventuali danneggiamenti ai mezzi di esercizio della propria impresa perpetrati da clan rivali sul territorio, dall’altro del sostegno, rafforzato dalle tipiche modalità mafiose di intimidazione e soggezione, per l’affermazione e il mantenimento del monopolio delle sue imprese sul territorio, come anche per l’ulteriore ampliamento dei propri affari e, di conseguenza, dei propri introiti attraverso l’aggiudicazione di nuovi appalti.

Le intercettazioni

Numerose sono state le conversazioni captate, dalle quali si evince il rapporto diretto con uno degli attuali esponenti di vertice del clan Cappello, Salvo Salvatore Massimiliano (in atto detenuto poiché tratto in arresto nell’ambito di altra operazione di polizia giudiziaria) il quale è stato incontrato più volte all’interno di un garage, gestito da Vincenzo Papaserio, dove riceveva anche cadenzate dazioni di denaro a sostegno del clan.

Salvo Salvatore Massimiliano, figlio e fratello, rispettivamente, dei noti Salvo Giuseppe, inteso “Pippo ‘u carruzzieri” e Salvo Giovanni Piero, inteso “Giampiero” – elementi di vertice del clan, entrambi detenuti dovendo scontare la pena dell’ergastolo -, si palesava quale responsabile della gestione delle attività criminali del clan condotte sul territorio urbano di Catania, nonché, come reggente del medesimo clan, per investitura diretta, proveniente dal carcere, da parte del boss Salvatore Cappello. Le approfondite indagini svolte dalla Dia hanno permesso di svelare gli accordi criminali per la gestione degli appalti relativi all’affidamento dei servizi di raccolta dei rifiuti, considerato florido settore di investimento criminale per tutti i clan mafiosi, i quali, per non perdere i sicuri e notevoli vantaggi derivanti dall’aggiudicazione del servizio a imprese “amiche” (in termini di entrate finanziarie e di esercizio del potere mafioso e controllo del territorio) cocnludevano patti criminali di spartizione, gestiti in maniera non conflittuale, in una sorta di pax mafiosa, al fine di evitare che scontri cruenti potessero attirare l’attenzione degli organi investigativi determinando lo svolgimento di nuove indagini sul loro conto.

L'attenzione si è sviluppata sull’appalto per l’aggiudicazione del servizio di raccolta dei rifiuti nel comune di Acicatena, in particolare riguardo alla trattativa intavolata tra Salvatore Massimiliano Salvo (per il clan “Cappello”) e Lucio Pappalardo (rappresentante di vertice del clan “Laudani”), con il contributo di Pietro Garozzo (per la cura degli aspetti amministrativi), per risolvere il conflitto sull’aggiudicazione del servizio.

Nello specifico, i clan erano chiamati a dirimere la controversia di natura economica tra l’imprenditore Guglielmino e il sindaco pro tempore Ascenzio Maesano (già sottoposto a fermo nel mese di ottobre 2016, il quale ha già riportato sentenza di condanna per tali fatti, e in stretti rapporti proprio con il Pappalardo), il quale in seguito avrebbe raggiunto un accordo di analoga natura per favorire Rodolfo Briganti, rappresentante legale della Senesi spa, società subentrata proprio alla E.F. Servizi Ecologici srl del Guglielmino.

La spregiudicatezza di Guglielmino traspare senza ambiguità, quando ad esempio esige l’intervento del clan per risolvere il problema sorto con Paolo Zuppardo, 'colpevole' di averlo minacciato e malmenato perché accusato di essere il responsabile del suo arresto qualche anno prima, nonché in occasione di una serie di danneggiamenti incendiari, per la precisione avvenuti in data 15 giugno 2016, 20 giugno 2016 e 21 luglio 2016 ai danni di alcuni autocompattatori parcheggiati in un deposito di sua pertinenza in territorio di Avola, che hanno provocato allarme sociale tra la popolazione dei comuni di Avola e Siracusa.

Guglielmino ha preteso addirittura l’invio di un commando militare punitivo contro Zuppardo e voleva garantita protezione contro i clan locali (che evidentemente provavano ad affermare la propria forza sul territorio) forte della sua appartenenza alla cosca, arrivando egli stesso a minacciare di rivolgersi a clan rivali (nello specifico il clan Trigila, operante nel siracusano) qualora il clan Cappello non si fosse dimostrato in grado di risolvere le due faccende.

L'indagine patrimoniale 

L’attività investigativa è stata caratterizzata anche da un’indagine patrimoniale mirata a colpire le ricchezze accumulate dagli imprenditori collusi, tanto da individuare imprese e rilevanti patrimoni societari e immobiliari che, benché formalmente intestati a congiunti, erano riconducibili ad alcuni indagati, ed evidenziare forti profili sperequativi tra i redditi dichiarati e il patrimonio posseduto da Vincenzo Guglielmino, Alessandro Mauceri, Lucio Pappalardo e Angelo Piana. E’ stato, altresì, emesso dall'autorità giudiziaria un decreto di sequestro preventivo in via d’urgenza ai fini della confisca, che ha interessato società, immobili, terreni, automezzi e disponibilità finanziarie per un valore complessivo stimato di circa 30 milioni di euro. Il Gip ha altresì disposto il sequestro dell’intero compendio aziendale delle società E.F. servizi ecologici srl e della Senesi Spa.

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