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Martedì, 19 Marzo 2024
Cronaca

In manette i "broker" della droga sotto il segno del Malpassotu e dei Santapaola

Salvatore Mazzaglia e Mirko Casesa appena usciti dal carcere avevano organizzato un vero e proprio ingrosso degli stupefacenti

Droga, estorsioni e armi. L'imponente operazione Overtrade, che ha messo in campo per l'esecuzione di quasi una quarantina di arresti, circa duecento carabinieri racconta un quadro criminale definito e fiorente che ruota attorno a delle figure che - nonostante precedenti condanne e il carcere- hanno continuato, una volta tornate in libertà, a delinquere.

I nomi degli arrestati

Si tratta, nello specifico, di Salvatore Mazzaglia - che è il genero di Piero Puglisi, a sua volta genero di Giuseppe Pulvirenti detto "u Malpassotu" - e del marito della figlia, Mirko Casesa di 36 anni, che avevano ricostituito sotto le insegne di Cosa Nostra catanese, per il gruppo Santapaola - Ercolano, un sodalizio criminale attivissimo sopratutto nell'approvvigionamento di stupefacenti.

Mazzaglia aveva ereditato il ruolo di Pietro Puglisi, ne aveva sposato la figlia, ma successivamente era stato arrestato. Così una volta uscito dal carcere ha ricostituito un gruppo criminale. Proprio dalla sua uscita dal carcere i Carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Catania hanno iniziato le indagini nel dicembre del 2016, avvalendosi anche delle dichiarazioni di una folta schiera di collaboratori di giustizia, e sono terminate due anni dopo.

Le indagini

L'articolata attività d'indagine ha portato a 36 misure cautelari (13 in carcere, 20 ai domiciliari, 3 con l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) e altri due soggetti sono al momento irreperibili perché si trovano all'estero. I carabinieri, sin dalla scarcerazione di Mazzaglia, hanno potuto appurare il tentativo - poi pienamente riuscito - di ricostruire un gruppo criminale dedito principalmente agli affari che ruotano attorno alla droga e alle estersioni.

L'intervista al procuratore Zuccaro

Particolarmente attivo nel territorio di Mascalucia e Nicolosi il gruppo "familiare" messo in piedi da Salvatore Mazzaglia, dal figlio Giovanni, dal genero, dal nipote, Victor Mangano, e da Elena Nicosia, con il compito, quest'ultima, di mantenere i contatti con gli acquirenti e che si occupava insieme con Mangano del trasporto e della consegna dello stupefacente.

Il broker della droga

Il ruolo di Mazzaglia è stato indicato, dallo stesso procuratore Zuccaro, come quello di un "broker" della droga. L'uomo, infatti, non si occupava di gestire piazze di spaccio ma faceva da mediatore e da "commerciante" terzo. Con le sue conoscenze nei giri criminali aveva intessuto rapporti con esponenti del crimine calabrese e delle province di Siracusa e Palermo attivando, così, diversi canali di rifornimento per l'acquisto di ingenti quantitativi di droga.

Così, guadagnando sulla intermediazione, il gruppo di Mazzaglia e Casesa riusciva a incamerare grosse somme di denaro. Basti pensare che uno degli arrestati, all'arrivo dei carabinieri, ha tentato di nascondere nella pattumeria circa 10mila euro in contanti. Questo fornisce la misura dei guadagni dell'organizzazione criminale.

La droga viaggiava spesso sia sull'asse etneo - calabrese sia su quello con Palermo. Hashish, eroina e cocaina rappresentavano la "merce" che veniva chiamata al telefono in codice: la Fiat 500 era l'hashish, mentre l'eroina l'Audi q5.

Le estorsioni e l'omertà

Un dato che ha lasciato interdetti gli stessi inquirenti è quello del silenzio dinanzi alle estorsioni praticate dal gruppo criminale. Un silenzio seguito anche dalla mancata collaborazione di commercianti e imprenditori con la giustizia.

"Il paese è dei paesani", dicevano Mazzaglia e soci quando hanno percepito tentativi di imporre il pizzo da parte di altri gruppi catanesi nelle attività di Mascalucia e Nicolosi. La "supremazia" territoriale era sacra per il gruppo che taglieggiava diversi ristoranti e bar senza che i proprietari abbiano voluto sporgere denuncia. Un altro episodio riguarda anche richieste estorsive a ditte che gestivano la raccolta dei rifiuti.

Soltanto una denuncia è stata raccolta dagli inquirenti e lo stesso procuratore Zuccaro, nel corso della conferenza stampa, ha voluto sottolineare questo "dato negativo". Anche la moglie di Mirko Casesa aveva un ruolo nel "sodalizio" in quanto titolare di una azienda che vendeva uova e latticini, adesso sottoposta a sequestro. Un'azienda dal volume d'affari non quantificato ma importante che riforniva svariate attività commerciali. Donne che rivestivano ruoli peculiari, come la moglie di Salvatore Mazzaglia, Angelina Puglisi, che è già stata condannata in passato e che consigliava il marito negli affari.

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