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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Medici per i diritti umani: "Garantire assistenza nel Cara di Mineo"

L'associazione Medici per i diritti umani chiede che sia garantita assistenza ai richiedenti asilo che dopo la chiusura del Centro saranno trasferiti in altre strutture

Garantire assistenza e continuita' delle cure ai migranti in stato di vulnerabilita' che attualmente vivono al Cara di Mineo, il Centro per richiedenti asilo in provincia di Catania, prossimo alla chiusura. A chiederlo e' il Medu (Medici per i Diritti Umani) che li assiste da oltre quattro anni. Il team e' formato da due psicoterapeuti, uno psichiatra, due mediatori culturali e un coordinatore. Il Cara di Mineo, che si articola in 404 appartamenti, nelle prossime settimane concludera' la sua esperienza di accoglienza dei richiedenti asilo, iniziata nel marzo 2011 con 1800 presenze, con picchi nel 2013/2014 anche di 4 mila persone. Qualche settimana fa erano rimaste solo 268 persone mentre ad oggi ci sono circa 160 migranti, in prevalenza uomini ma anche donne e qualche minore. Sono state centinaia in questi anni le persone aiutate dal Medu. Nei periodi in cui il Cara ospitava 3 mila persone, in un giorno gli operatori riuscivano a fare anche 30 visite. Oggi si arriva a circa 15. Nel corso del tempo, Medu ha seguito molti casi di persone con sintomatologie gravi legate ai traumi vissuti e subiti direttamente o indirettamente.

"Il nostro team e' specializzato nel seguire le vittime di torture e dei trattamenti inumani e degradanti - dice Valentina Gulino, psicologa del team Medu nella struttura da tre anni -. Dentro al Cara ci sono attualmente persone molto vulnerabili che erano nella lista dei trasferimenti e non sono partite proprio per la situazione delicata che hanno. Pertanto, siamo preoccupati della sorte di queste persone per le quali chiediamo di garantire la continuita' delle cure in strutture specifiche e non certo in un Cas. Abbiamo vulnerabilita' a livello psichico medie e gravi. Gravi significa che abbiamo persone con psicopatologie correlate ai traumi vissuti nei paesi di origine, durante il viaggio migratorio e in Libia. Alcuni hanno visto morire durante il viaggio migratorio molte persone, altri hanno subito diverse forme di violenza o hanno assistito a violenze. Ci sono alcuni nostri pazienti con grave vulnerabilita', ricorrenti per la richiesta di asilo che non potranno andare negli Sprar per vulnerabili. Sappiamo che andranno purtroppo nei Cas che non sono pensati per la cura di questi casi. Altri ancora rischiano di finire in strada".

"Ai pazienti - prosegue Gulino - diamo anche un aiuto psicosociale perche', a volte sono cosi' fragili, che non riescono a seguire bene i passaggi dell'iter della loro richiesta d'asilo. Infine, purtroppo, alcune persone si trovano nel limbo perche', al di la' della situazione legata ai documenti, la loro vulnerabilita' psichica e' tale per cui e' complicata anche la presa in carico; per noi che veniamo un giorno alla settimana, si tratta di pazienti con psicopatologie importanti che sono difficili da raggiungere per costruire una terapia che li possa realmente aiutare. Il Cara, tra l'altro, e' in questo momento in una difficolta' organizzativa tale da non essere in grado di rispondere a questi problemi. Se la persona sfugge o non e' in grado di seguire le terapie la situazione diventa davvero drammatica. Nonostante tutto, per quanto ci e' possibile, dentro il Cara c'e' un equipe di psicologi e un gruppo di medici con cui ci relazioniamo". Generalmente gli operatori del Medu cercano di rimanere in contatto con i pazienti che hanno seguito anche dopo il loro trasferimento nei Cas. "Alcuni di loro spesso, ricontattandoci dal luogo in cui sono stati trasferiti - continua Gulino - ci danno la possibilita' di parlare con gli operatori del nuovo centro. Per alcuni che sono andati in Cas siciliani siamo riusciti anche a continuare l'assistenza presso il nostro ambulatorio di Ragusa. Sicuramente e' necessario costruire una rete intorno al paziente che lo possa supportare nel centro che lo accoglie e in tutto quello che e' l'iter della sua possibile integrazione e riabilitazione sociale". Nei quattro anni di servizio ci sono stati percorsi terapeutici che si sono risolti positivamente.

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