rotate-mobile
Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Operazione "Cape Sparrow", le indagini e le dichiarazioni dei pentiti

I collaboratori di giustizia spiegano le dinamiche di gestione e forniscono gli elementi per poter risalire alla regia della criminalità organizzata

Tre gruppi autonomi ma un unico sodalizio criminale finalizzato a tenere in piedi una redditizia “piazza di spaccio”: via Capo Passero è una vera e propria roccaforte che, nonostante le numerose operazioni effettuate dalle forze dell'ordine, resta ancora un “bastione” quasi inespugnabile , divenuto nel tempo “simbolo” del narcotraffico per spacciatori e acquirenti.

Le 620 pagine dell'ordinanza del giudice per le indagini preliminari che ha disposto le misure cautelari per 24 persone coinvolte nell'operazione “Cape Sparrow”, riportano la frenetica attività di spaccio minuziosamente documentata dagli investigatori: le osservazioni e le registrazioni video consegnano una cronologia che batte al ritmo medio di una cessione di stupefacente ogni 10 minuti. A gestire le rispettive zone di competenza erano Eugenio Minnella, genero di Marco Battaglia noto narcotrafficante condannato a 30 anni di carcere, il quale per per conto dei Santapaola - Ercolano, gruppo di Picanello, sovrintendeva la piazza di spaccio al civico 129; Alessandro Tomaselli che aveva la competenza tra il numero 89 e il 129 e il gruppo di Giuseppe Bellia che gestiva il tratto tra i civici 113 e 121.

Gli arrestati

Un volume d'affari che, secondo il collaboratore di giustizia Angelo D'Arrigo appartenente al clan Santapaola -gruppo di Picanello, si aggira “nell'ordine di diverse decine di migliaia di euro a settimana e appena vengono arrestati i pusher vengono subito sostituiti perché altrimenti qualche altra famiglia si impossessa del posto”. Sono proprio le dichiarazioni dei collaboratori a delineare il quadro delle dinamiche di gestione ma soprattutto a fornire gli elementi per poter ricondurre le attività delle piazze alla regia della criminalità organizzata.

Le dichiarazioni dei collaboratori

Nell'ordinanza vengono riportate le deposizioni di “Angelo Bombace e Davide Seminara appartenenti al clan Santapaola, famiglia Nizza, gruppo mafioso che dal 2009 al 2016 ha dominato la scena criminale catanese contando su un vero e proprio esercito impiegato nelle piazze di spaccio nei quartieri di Librino, San Crisotoforo e San Giovanni Galermo”; e dello stesso Antonio D'Arrigo.

È Angelo Bombace a illustrare il ciclo di approvvigionamento delle piazze di spaccio in un verbale acquisito nel 2016, un metodo assimilabile al 'conto vendita': “Tutte queste piazze erano rifornite da noi come gruppo Nizza, inoltre rifornivamo all'ingrosso anche il fratello di Cipollino, mi sembra Nino. Ci sono altre piazze da noi rifornite come quella di Marco Battaglia e molte altre in via Capo Passero e in via Ustica. Ai gestori delle piazze noi cedevamo lo stupefacente, generalmente cocaina e a volte anche marijuana, e loro ci davano il corrispettivo trattenendo per loro l'incasso delle vendite. Il prezzo dello stupefacente varia a seconda dei rapporti con i gestori della piazza”.

Antonio D'Arrigo - che inizia a collaborare con la giustizia nel marzo 2018 - fornisce un quadro delle dinamiche interne ai clan e soprattutto del ruolo di Marco Battaglia, suocero di Eugenio Minnella. Quest'ultimo – secondo gli inquirenti - avrebbe ereditato la gestione della piazza: “Marco Battaglia è un affiliato al gruppo di Picanello, ciò posso dire sono alla mia collaborazione. Così mi diceva anche Enzo Zuccaro, uomo di fiducia del Battaglia nonché altro nostro affiliato. Battaglia e Zuccaro sono entrati nel nostro gruppo nel 2010 quando Lorenzo Pavone, all'epoca responsabile di Picanello, li ha inseriti nella carta degli affiliati che in caso di arresto percepiscono lo stipendio dalla famiglia mafiosa. In quel periodo – continua D'Arrigo nell'ordinanza - si creò un problema con Fabrizio Nizza che voleva impossessarsi della piazza di Enzo Zuccaro. Lui era con noi come Marco Battaglia, allora si è rivolto a Lorenzo Pavone che a sua volta ha parlato con Daniele Nizza con cui aveva stretto alleanza. Lorenzo Pavone per proteggere la piazza di Enzo Zuccaro entrò in società con questi prendendo a metà degli introiti. Pavone mi incaricava di andare a controllare tutte le sere se la piazza di spaccio lavorasse bene. Fino all'arresto di Lorenzo Pavone la piazza ha continuato a versare nella cassa del gruppo 1000 euro a settimana mentre quella dello Zuccaro la metà dei proventi”.

Il cambio gestione del gruppo di Picanello

“Con l'arrivo di Giovanni Comis – continua D'Arrigo - le cose cambiarono perché questi ruppe l'alleanza con i Nizza dicendo che il gruppo di Picanello era stato sempre autonomo e non aveva bisogno di nessuno, ma mantenne Marco Battaglia e Enzo Zuccaro nel nostro gruppo seppur cambiando gli accordi. In particolare Comis impose al Battaglia di entrare come socio anche nella sua piazza di spaccio prendendo per il nostro gruppo la metà dei guadagni”. “Una volta arrestato Marco Battaglia la piazza è stata gestita dal genero Eugenio. In realtà anche quando ero libero e quindi fino a gennaio 2017 – specifica - la piazza era già gestita da queste persone. Eugenio ha sempre lavorato per conto del Battaglia. I soldi degli incassi li prendeva Eugenio. Presenziava sulla piazza a fini di controllo ma non compiva alcuna attività materiale per evitare di essere arrestato”.

A identificare 'Eugenio' con il cognome è il collaboratore Davide Seminara che il 24 ottobre scorso dichiara agli inquirenti: “Il Battaglia si avvaleva di uomini di fiducia per gestire la piazza di spaccio, in particolare di Turi detto 'Cacocciola' e del genero Minnella il cui soprannome era “Iaio”.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Operazione "Cape Sparrow", le indagini e le dichiarazioni dei pentiti

CataniaToday è in caricamento