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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

I "Tuppi" dalla Toscana a Misterbianco e Motta: mafia, estorsioni e una talpa nei carabinieri

L'operazione "Gisella" ha portato a 26 arresti e ha sgominato il clan attivo nelle estorsioni, ricettazioni e furti. I Nicotra erano tornati prepotentemente in auge dopo un lungo esilio

Circa 200 carabinieri impegnati nell'operazione, 28 anni per fare luce su un omicidio di mafia, 26 arrestati, 2 cittadine "ammorbate" dalla presenza di 1 clan, 1 carabiniere finito agli arresti con l'accusa di fare da talpa e 1 pentito che decide di vuotare il sacco.

Sono questi i numeri dell'operazione "Gisella" che ha permesso, grazie alle indagini degli inquirenti, di sgominare il clan dei Tuppi che aveva rimesso radici a Misterbianco e a Motta Sant'Anastasia. Il gruppo aveva ritrovato terreno fertile anche grazie alla confederazione con la famiglia mafiosa dei Mazzei.

Operazione "Gisella", le foto degli arrestati

I nomi degli arrestati

Fuochi d'artificio per festeggiare la scarcerazione del boss | Video

Il video dell'operazione antimafia

Il procuratore Carmelo Zuccaro è lapidario: "Si tratta di una operazione importante che ha permesso di smantellare un gruppo ricostituito da qualche anno dopo delle inappropriate liberazioni".

Diversi i reati contestati che vanno dall'associazione mafiosa, all'omicidio, l'estorsione in concorso, furto, ricettazione e riciclaggio in concorso, detenzione e porto illegale di arma clandestina, trasferimento fraudolento di valori e corruzione, con l’aggravante del metodo mafioso.

Il pentito vuota il sacco

Le indagini hanno preso il via dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Luciano Cavallaro, il primo pentito dei Tuppi. Il gruppo criminale deve il suo nome proprio all'acconciatura del suo esponente principale, Mario Natale Nicotra, che era solito tenere i capelli raccolti. Il boss di Misterbianco fu il protagonista di una faida con Giuseppe Pulvirenti, il Malpassotu, e venne ucciso nel maggio del 1989.

Tratteggiando la storia del clan emerge che, proprio a seguito dell'assassinio del boss Nicotra, avvenne una vera e propria diaspora del gruppo criminale che emigrò in Toscana.

"La storia del clan Nicotra - spiega il colonnello Raffaele Covetti, comandante provinciale dei carabinieri - è legata alla faida con i Pulvirenti agli inizi degli anni '90. Si trasferirono in Toscana e sono ritornati intorno agli anni 2000 approfittando del vuoto di potere a Misterbianco e a Motta, tornando così ad operare nel territorio di origine".

Diversi sono stati, nel corso del tempo, i pentiti provenienti dalle fila del Malpassotu ma Cavallaro riesce a tratteggiare molti fatti dal punto di vista dell'altro clan, quello dei Tuppi. Dai riscontri delle sue dichiarazioni è stata avviata una indagine partita il febbraio del 2016 e conclusasi con gli arresti odierni. Arresti che hanno permesso di scoprire il movente, gli esecutori e i mandanti dell'omicidio del consigliere comunale Arena della Dc, avvenuto nel 1991 dinanzi al Comune di Misterbianco.

Video | Il procuratore Zuccaro: "Ecco perché è stato ucciso dalla mafia il consigliere Dc Arena"

I Tuppi, dalla Toscana a Misterbianco, sono quindi tornati e hanno trovato campo libero dopo che il clan ‘Malpassotu’ era stato debellato dalle numerose inchieste e arresti.

L'organigramma criminale

Al vertice dei Tuppi vi è l'anziano e carismatico Gaetano Nicotra, detto lo "zio Tano", di 68 anni. Si tratta del fratello di Mario Nicotra e viene aiutato da Antonino Rivilli nella gestione degli affari e degli affiliati. Anche il nipote Tony Nicotra, ritornato in libertà nel febbraio 2017 e festeggiato con tanto di fuochi d'artificio, contribuisce a formare il vertice apicale della cupola a cui si aggiungono il giovane fratellastro Gaetano Nicotra e Carmelo Guglielmino, impegnato  a "sbrigare" le "beghe sul campo" e di Daniele Amato Musarra.

L'influenza del clan si estende anche a Motta Sant'Anastasia con un gruppo dislocato nella città a forte vocazione agricola. A capitanare il gruppo locale c'è Daniele Distefano, detto "Minnitta", di 35 anni, il fratello Filippo Distefano, di 42 anni, e poi per la manovalanza criminale vi sono Filippo Buzza, Domenico Indelicato, Francesco Spampinato e Giuseppe Piro.

La ricostruzione dei carabinieri e i beni del boss

"Anche a Motta - spiegano gli inquirenti - sono state riscontrate le dichiarazioni del collaboratore di giustizia e per i componenti del sodalizio è stata contestata l'associazione mafiosa. Qui il gruppo era dedito al furto di costosi veicoli agricoli e proponeva o il cavallo di ritorno agli imprenditori colpiti o, tramite una rete di ricettatori, la vendita del mezzo. La rete si estendeva sino in Calabria".

Le attività del gruppo di Motta

Diversi i furti di mezzi agricoli sono stati compiuti dal gruppo mottese, specie nelle aziende delle province di Catania ed Enna. Dopo aver atteso qualche giorno per il famoso cavallo di ritorno il clan procedeva alla vendita dei mezzi con una rete di mediatori in contatto tramite Whatsapp. Nelle chat venivano caricate le foto dei mezzi e si stabiliva il prezzo. Le sim utilizzate erano intestate a cittadini extracomunitari.

I Distefano potevano, inoltre, contare sull'aiuto di un carabiniere in servizio a Motta. Infatti le indagini hanno attestato che gruppo veniva agevolato da un militare, Gianfranco Carpino, di 51 anni, il quale forniva informazioni sulle attività del proprio ufficio, orientando il gruppo nella programmazione dei reati.

In particolare il carabiniere, dal mese di gennaio al mese di aprile 2017, in cambio di denaro riferiva a due affiliati informazioni riservate come la rivelazione dell’identità dei confidenti, nonché modalità su come sottrarsi alle attività di controllo. Carpino è stato indagato per corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, con l’aggravante di favorire e agevolare il sodalizio mafioso ed è agli arresti.

Il nome Gisella e l'impero economico

Il nome dell'indagine, Gisella, è stato dato poiché era il nome in codice utilizzato nelle conversazioni telefoniche dagli appartenenti al clan, del gruppo di Motta, per indicare il "capo", cioè Antonino Rivilli.

I Tuppi erano molto attenti alle attività economiche, tanto che sono state rilevate una macelleria di Piano Tavola, il cui gestore era sottoposto ad usura ed estorsione, motivo per il quale era fuggito a Malta, e il Night Red Lips, un locale di intrattenimento, mascherato da associazione culturale.

Gli accertamenti patrimoniali svolti nei confronti di Rivilli, Agosta e Guglielmino hanno consentito di acclarare la sproporzione tra le capacità reddituali ufficialmente dichiarate dagli indagati ed il valore dei beni in loro possesso.

Sono stati sequestrati beni mobili ed immobili per un valore complessivo di oltre 1 milione e 500mila euro.  Nello specifico a Rivilli una villa ed un terreno nel comune di Belpasso, ad Agosta due imprese e un’associazione culturale a Motta S. Anastasia e a Guglielmino un’abitazione, un magazzino, una bottega a Misterbianco e un terreno a Belpasso. Nei confronti dei tre indagati si è provveduto anche al sequestro preventivo di numerosi rapporti finanziari ed assicurativi.

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