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Martedì, 19 Marzo 2024
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Statuto siciliano, Giuffré: "Un nuovo accordo per attuazione dell'autonomia finanziaria"

Per il costituzionalista, presidente della Commissione paritetica Stato-Regione Siciliana, serve un cambio di passo, sopratutto in tema di ripartizione finanziaria: "La Sicilia ha il diritto di ottenere le risorse per colmare le distanze con il resto del Paese e con l’Europa e tornare, finalmente, ad essere il centro economico e geopolitico del Mediterraneo"

Il costituzionalista del dipartimento di scienze politiche e sociali dell'università etnea, intervistato da CataniaToday, parla delle questioni che dovrà affrontare in seno alla Commissione paritetica per le norme di attuazione della Regione Siciliana. Il professore ordinario, dopo la nomina avvenuta lo scorso aprile, ha assunto la presidenza dell'organismo previsto dall'art.43 dello Statuto siciliano.

Professore, durante l'emergenza sanitaria è intervenuto più volte su temi che sono stati al centro del dibattito politico-istituzionale nel rapporto Stato-Regioni, anche in riferimento allo Statuto autonomo siciliano. Si occuperà di questo alla Commissione paritetica?

La Sicilia, come è noto, è una regione a statuto speciale; anzi è la prima regione a statuto speciale, risalendo la Carta statutaria al 15 maggio 1946 (mentre la Costituzione italiana è entrata in vigore solo il 1 gennaio 1948). Ebbene, ai sensi dell’art. 43 dello Statuto, che ha il rango di legge costituzionale, i rapporti tra lo Stato e la Regione Siciliana devono essere declinati, innanzi tutto, con i Decreti legislativi approvati dalla Commissione paritetica. Nei mesi scorsi nel nostro Paese è ripartito il dibattito sul regionalismo e sulla sua evoluzione. Per alcuni le Regioni dovrebbero acquisire nuove competenze e funzioni secondo le previsione dell’art. 116, 3 comma, Cost., che consente l’avvio del c.d. regionalismo differenziato. Secondo altri, invece, l’emergenza pandemica ha messo in luce tutte le carenze del rapporto Stato-Regioni dopo la riforma del titolo V, introdotta con la legge costituzionale n. 3 del 2001. Io credo che sia necessario procedere ad una manutenzione del sistema delle autonomie regionali, per adeguare il complesso delle competenze, delle funzioni e delle risorse rispetto a scenari politici, sociali ed economici profondamente mutati a cavallo tra il secondo e il terzo millennio. Nelle Regioni a statuto speciale, come la Regione Siciliana, la riforma non può che passare dal ruolo delle Commissioni paritetiche, che rappresentano il “luogo” in cui deve trovare contenuto e forma la collaborazione istituzionale tra lo Stato e la Regioni.

Nell'ultimo anno, egemonizzato dall'emergenza sanitaria, come è stato gestito il rapporto Stato-Regioni?

Direi che il rapporto è stato altalenante. Ci sono stati momenti di tensione e periodi di intensa e fattiva collaborazione. È vero, però, che dinanzi ad una emergenza pandemica di enorme portata come quella che abbiamo vissuto (e che stiamo ancora vivendo) una certa tensione istituzionale può essere considerata inevitabile. Del resto, è tutto l’ordinamento giuridico che in stato di emergenza è sottoposto a fortissime pressioni. Ciò detto, è necessario fare tesoro dell’esperienza di questi mesi per correggere i meccanismi che non hanno funzionato a dovere. Mi riferisco, solo per fare un esempio, agli strumenti a disposizione del Governo Regionale per i controlli sul rispetto delle ordinanza in materia sanitaria. Una corretta attuazione dell’art. 31 dello Statuto speciale, nel rispetto del principio di leale collaborazione e delle prerogative statali in materia di ordine e sicurezza pubblica, avrebbe garantito, nei momenti più acuti della pandemia, una maggiore tempestività ed efficacia dei controlli in entrata nel territorio regionale e, dunque, una migliore prevenzione sanitaria.

Non solo Statuto e autonomia. In cosa, più spesso, Stato e Regione entrano in conflitto?

Certamente le occasioni di maggiore conflitto riguardano la ripartizione delle risorse finanziarie tra lo Stato e la Regioni e l’assegnazione delle risorse perequative per colmare i deficit infrastrutturale. Ormai da anni si attende un nuovo accordo tra lo Stato e la Regione per l’attuazione organica degli artt. 36, 37 e 38 dello Statuto speciale. Senza una vera autonomia finanziaria non si può parlare di autonomia regionale, né tantomeno di vocazione solidaristica del regionalismo italiano. La Sicilia ha il diritto di ottenere le risorse per colmare le distanze con il resto del Paese e con l’Europa e tornare, finalmente, ad essere il centro economico e geopolitico del Mediterraneo. A questo proposito è importante sottolineare che il regionalismo italiano costituisce uno strumento di coesione politica, economica e sociale e non certo un’occasione per alimentare la divisione della Nazione o egoismi territoriali. Ogni interpretazione dissonante rispetto a questo principio è contraria alla Costituzione repubblicana.

Qualche esempio in Sicilia?

Basti pensare – per rimanere al tema delle infrastrutture – alla vicenda del Ponte sullo Stretto di Messina, che – ancora una volta in questi mesi – è stato oggetto di un braccio di ferro (spesso di natura stupidamente “ideologica”) tra lo Stato e la Regione, anche a dispetto dei chiari indirizzi di programmazione infrastrutturale dell’Unione Europea e degli auspici della stragrande maggioranza dei siciliani.

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