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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

Allarme sanità in Sicilia, il sindacato FP Cgil attacca la “visione ospedalocentrica”

È complesso e allarmante il quadro dipinto nel corso del convegno organizzato dalla FP Cgil “Integrare per innovare. Ospedale e territorio nella tutela della salute. Ruolo dei cittadini e degli operatori”

File insostenibili al Pronto soccorso, organici sotto dimensionati, i servizi del territorio, soprattutto in tema di prevenzione, ben lontani dai bisogni reali della popolazione e forti disparità regionali. Non accenna a diminuire l’intensità dell’allarme nel mondo sanitario in Sicilia e Catania. L’intero sistema è ancora orientato all’emergenza e regge sulle spalle di professionisti sottoposti a stress altissimi e carichi eccessivi di lavoro. È quello che vive ogni giorno il mondo della sanità: dai medici agli infermieri, dagli assistenti sociali alle strutture. È complesso e allarmante il quadro dipinto nel corso del convegno organizzato dalla FP CGIL “Integrare per innovare. Ospedale e territorio nella tutela della salute. Ruolo dei cittadini e degli operatori”.

I lavori sono stati introdotti dal segretario generale di FP Cgil di Catania, Salvatore Cubito. Tra i contributi previsti, quelli di alcuni direttori generali delle aziende sanitarie di Catania, del segretario generale della Cgil di Catania, Giacomo Rota, del segretario della FP Cgil Sicilia Gaetano Agliozzo, del segretario della FP Cgil dirigenti medici Renato Costa, del segretario della Cgil Sicilia Michele Pagliaro. Le conclusioni sono state affidate al segretario generale della FP Cgil nazionale Serena Sorrentino. Il sindacato attacca la “visione ospedalocentrica” della sanità siciliana, che sembra più legata ai primariati e agli interessi elettoralistici del politico di turno e non certo alla necessità di curare la prevenzione a partire dalle richieste che arrivano dal territorio e dunque dai bisogni reali. Per Cubito esiste una evidente “criticità nel sistema di emergenza urgenza dovuta ai ritardi sulla individuazione dei requisiti organizzativi, strutturali e tecnologici delle strutture ospedaliere e territoriali in funzione dei diversi livelli di emergenza territoriale. La riconversione in P.T.A (Presidi territoriali di assistenza ) dei presidi ospedalieri dismessi è praticamente fallita in quanto, quelli istituiti, non riescono a dare gli adeguati servizi che i cittadini si aspettano. Di fatto l’offerta di sanità territoriale pubblica è eccessivamente carente. Forse bisogna pensare più che ai P.T.A a delle vere proprie ”Case della Salute” che in alcune Regioni sono riuscite a dare risposte soddisfacenti anche perché operano sulle 24 ore”. Per la Fp Cgil è invece indispensabile programmare e progettare la rete ospedaliera coordinata e integrata con la complessità delle altre strutture e le attività presenti sul territorio. La parola d’ordine dovrebbe essere: “cooperazione” tra strutture e professionisti.

“Continuiamo a pagare l’assenza di progettualità nella gestione della sanità pubblica. -aggiunge Cubito- C’è in atto una competizione senza regole tra pubblico e privato a beneficio di quest’ultimo che, naturalmente, coglie ogni occasione per sfruttare la logica del profitto. Ci allarmano le proposte del Presidente dell’ARS della riorganizzazione della sanità in Sicilia ripartendo dal settore privato auspicando che in tempi non lontani tutto il sistema sanitario regionale possa essere privatizzato portando come esempio l’esperienza lombarda”. Il segretario generale Giacomo Rota, ricorda all’assessore regionale alla Sanità, Ruggero Razza, di non avere mantenuto le promesse “avendo scelto di chiudere il pronto soccorso dell’ospedale Vittorio Emanuele prima che venisse aperto quello del “San Marco” di Librino. Una scelta che ha prodotto un pesante buco nel servizio sanitario rivolto a Catania Sud, e che è stata seguita, in questi mesi, da un atteggiamento balbettante del governo nazionale su temi delicati, in cima proprio la medicina del territorio e il destino dei Pronto soccorso”. Sempre sul Caso Catania, è il coordinatore della Cgil Medici provinciale, Carmelo Calvagna, a sottolineare la necessità di “aumentare l’efficienza delle risorse a disposizione, rispondere ai bisogni di un paziente più complicato, più fragile rispetto al passato, integrare meglio competenze e processi clinici”. Anche per il segretario di Fp Cgil Sicilia, Agliozzo: “Il buco di bilancio di alcune aziende sanitarie siciliane ci preoccupa. Si sta avviando una stabilizzazione, ma a marcia ridotta. Ci sono anche LSU da stabilizzare. Credo che se non si investe sul pubblico, non si andrà da nessuna parte. Bisogna sospendere la visione “ospedalocentrica”, e potenziare la tempistica che oggi porta il cittadino malato alle strutture private, sempre più competitiva. La Cgil chiede alla Regione investimenti straordinari. Non si possono più procrastinare le assunzioni”.

Per Renato Costa la visione del rilancio del comparto può avvenire solo con un cambio di prospettiva: “Credo che tempi siano maturi affinché venga dedicato il massimo dell’ attenzione ai bisogni delle persone. L’unica cosa che si è capita è che non possiamo di certo evitare che le persone si ammalino. Ricominciamo dunque dalla prevenzione e solo da lì avremo una prospettiva davvero valida per ripartire”. Per il segretario Michele Pagliaro “È certo che la condizione della sanità regionale Sicilia non è di certo migliorata e la medicina del territorio è ancora ben lontana dall’essere attuata. Tutto questo a fronte dei sacrifici che hanno fatto i siciliani sulla loro pelle, in termini di riequilibrio, piani di rientro e di spending review”. A chiudere i lavori è la segretaria nazionale Serena Sorrentino, che cita lo studio Fp Cgil da cui emerge un dato nazionale sconcertante. Circa la metà delle prestazioni mediche prese in considerazione ha un costo inferiore nel privato piuttosto che in intra-moenia. È il caso, per esempio, della ecocardiografia, che in intra-moenia costa in media 109 euro, contro i 98 del privato. Insomma, non solo costi competitivi, in considerazione di tempi di attesa enormemente inferiori, ma addirittura spesso sovrapponibili o più economici dei costi sostenuti per il ticket. Questo spiega il sempre più frequente ricorso a spese ‘out of pocket’ (di tasca propria) per effettuare visite mediche private. La spesa privata dei cittadini, infatti, arriva a quasi 35 miliardi di euro, di cui ben il 92% out of pocket. “Quella di Catania è una delle tappe della nostra vertenza nazionale per lanciare il diritto alla salute dei cittadini - ha detto Soorrentino- siamo in un’epoca di definanziamento del fondo sanitario nazionale in un contesto, anche, di grandi cambiamenti delicati. Perdiamo tantissimo personale e non c’è lo sblocco delle assunzioni. Questo è un punto prioritario per rilanciare l’insediamento della sanità del territorio; specie specialistico ambulatoriale ma anche e soprattutto la prestazione di carattere domiciliare che veramente garantirebbe il diritto alla salute dei cittadini. In Sicilia stiamo avendo delle profonde trasformazioni dal piano sanitario regionale alla dell’emergenza urgenza investimenti”.

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