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Cronaca

Arrestato esponente dei "Carcagnusi": condanna definitiva a 14 anni

Giuseppe Dagostino è stato riconosciuto colpevole di aver fatto parte della cosca della famiglia Mazzei. Il suo ruolo all'interno del clan emerse anche nell'operazione Target

Nel pomeriggio di ieri, gli agenti della squadra "Catturandi" della polizia, hanno eseguito la cattura di Giuseppe D'Agostino del 1974, destinatario di un ordine di carcerazione spiccato dalla procura generale della Repubblica presso la corte d’appello di Catania, dovendo espiare la condanna definitiva di anni 14 e mesi 11 perché riconosciuto colpevole di aver fatto parte di un’associazione di stampo mafioso (cosca Mazzei- “Carcagnusi”) dedita al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio delle medesime, estorsione, rapina, furto e reati in materia di armi. Reati aggravati perché commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416- bis del codice penale, ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni. Evidenze che emersero nell'operazione Target.

Le indagini avviate nel 2012, sotto il coordinamento dalla direzione distrettuale antimafia di Catania, hanno portato all’esecuzione di un’ordinanza di misura cautelare, emessa nel 2015 dal Gip del Tribunale di Catania, nei confronti di 30 persone, tra cui Dagostino. La misura cautelare accoglie gli esiti dell’ attività di indagine che ha consentito al personale della squadra mobile di rinvenire, nel corso di una perquisizione domiciliare, alcuni blocknotes sui quali, in una sorta di libro mastro, erano annotate diverse voci ordinate per “Entrate” e “Uscite”, evidenzianti la tipica movimentazione economica riguardante somme estorte a commercianti e gli “stipendi” consegnati ai familiari dei detenuti, nonché quella che nel prosieguo delle indagini si rileverà essere la compravendita di sostanza stupefacente. Le indagini, oltre a consentire di riscontrare la piena operatività del clan Mazzei che risulta ancora organizzato nelle squadre del c.d. “Traforo” e di “Lineri”, hanno consentito di individuare, tra i reati fine dell’associazione mafiosa, 13 estorsioni, concretizzatesi sia con la richiesta di “pizzo”, sia tramite il recupero crediti richiesto da imprenditori e commercianti i quali, anziché adire le vie legali, hanno investito l’organizzazione mafiosa in parola, alla quale hanno dovuto poi cedere una considerevole parte del proprio credito. L’operazione fu denominata “Enigma”.

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