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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Coronavirus e tutela della salute pubblica, Vittone: "È un dovere morale"

Per il docente universitario catanese di Filosofia e Bioetica, prof Gaetano Vittone, sul nodo Coronavirus ed etica pubblica, “nasce il dovere di una limitazione volontaria, e la stessa libertà si pone come un dovere. Siamo di fronte ad un esercizio di responsabilità"

Diritti, doveri e senso di responsabilità, al tempo della Pandemia. Sul nodo Coronavirus ed etica pubblica, i comportamenti individualmente irresponsabili possono danneggiare la collettività? Occorre far comprendere che abbiamo il dovere morale di salvaguardare la salute pubblica, e quindi con essa l'ambiente? Per il docente universitario catanese, oggi in quiescenza, di Istituzioni di Filosofia e Bioetica presso il dipartimento di Scienze filosofiche del nostro Ateneo, prof Gaetano Vittone, “rendere consapevoli del valore e dell’utilità del dovere implica il superamento del conflitto fra diritti e doveri, un conflitto esasperato anche da un potere che, attraverso esso, esercita il proprio dominio”. “L’esercizio di ogni forma di libertà - per il docente - implica infatti, anche porsi dei limiti. Nasce così il dovere di una limitazione volontaria, e la stessa libertà si pone come un dovere che spinge l’individuo a scegliere, decidere e, quindi, escludere”. “Siamo di fronte ad un esercizio di responsabilità - continua il prof di Filosofia morale, Vittone - da cui non si può prescindere, perché anche la cosiddetta 'non-scelta' è una forma di scelta da cui dipende ciò che poi avviene, e che si concretizza per nostra volontà. In questo caso salvaguardare l’ambiente non è un dovere astratto che implica sacrificio, perché salvaguardando l’ 'essere' salvaguardiamo noi stessi e ciò può avvenire non attraverso una condizione di rinuncia, ma attraverso una condizione in cui decidiamo di vivere una vita diversa, una vita voluta e desiderata”. 

Prof Vittone, lei ha insegnato per decenni Filosofia nel nostro Ateneo: come tenere assieme il diritto alla vita delle persone, con le esigenze dell’economia e della libera circolazione di uomini e merci?

“Anche in questo caso non esiste un conflitto fra etica ed economia, la quale non è qualcosa di esterno che ci schiaccia, ma è, piuttosto, il nostro modo di organizzare la società, e, quindi, le sue leggi possono essere modificate dall’uomo. Naturalmente non si tratta di qualcosa che può avvenire in un batter d’occhio, occorrono tempi anche lunghi, ma l’importante e che l’uomo diventi finalmente maggiorenne, torni ad essere un soggetto attivo in grado di decidere cosa vuole essere e diventare”. 

Oggi si fa un gran parlare di “zoonosi”, di “spillover”, dello scrittore Quammen che ha anticipato il pericolo dei virus di passare dai pipistrelli all'uomo causando pandemie: dobbiamo lasciare in pace le specie viventi? Esistono i “Diritti animali”?

“Non credo che il problema sia quello di lasciare in pace la natura, ma di rendersi conto che la natura non è un fattore a noi esterno. 'La Natura è cultura' e 'la Cultura è natura', e in questo rapporto si misura il grado di civiltà a cui l’uomo è pervenuto. Chi pretende, estrinsecando la propria megalomania, di sottomettere la natura, distrugge l’uomo. In questa civiltà tecnologica contemporanea, come ci dice il folosofo Hans Jonas, 'abbiamo creato il colosso tecnologico e lo abbiamo aizzato contro il mondo'. Riappropriarsi della natura significa, in definitiva, riappropriarsi di se stessi”. 

Nel corso dei secoli gli esseri umani si sono ritenuti al centro dell'universo, intelligente e superiore, oggi ci siamo viceversa risvegliati fragili, con la nostra stessa sopravvivenza minacciata, dall'attacco di un virus

“La civiltà non si misura dalle capacità umane di interpretare, ma dalle capacità di produrre. In questo contesto servono immaginazione e creatività, funzioni che l’uomo ha ormai smarrito da tempo, cercando solo competenze e risposte che non sono mai adeguate a quel senso delle cose che invano cerchiamo. Bisogna ritrovare il coraggio di porre domande; il progresso nasce da questa capacità, e poi, le risposte sono sempre implicite alle domande che sappiamo porre”. 

Qualcuno, come il filosofo della scienza e scrittore Telmo Pievani, dice che noi, Homo sapiens, rispetto alla Terra e alla biosfera, non siamo affatto indispensabili, cioè che “la natura può far a meno di noi”... E' d'accordo?

“Concordo con il Pievani, ma perché l’uomo torni ad esercitare, appunto, il mestiere di uomo, deve attingere dentro se stesso, deve saper gestire il suo lato emotivo, perché solo il sentimento può mettere in moto la volontà. La ragione è indispensabile per comprendere come raggiungere, nel miglior modo possibile, uno scopo, ma la validità dello scopo viene definita esclusivamente da ciò che l’uomo sente; un uomo non più in grado di sentire, è anche un uomo senza scopi”. 

Infine, in che modo la Filosofia può aiutarci a ritrovare ottimismo nel futuro e a farci vivere meglio il presente, pieno di incertezze, paure, ansie da contagio e da “distanziamento sociale”? Dobbiamo rassegnarci ad ipotizzare una “Natura matrigna”, per dirla col poeta Leopardi, come fonte indifferente e crudele, di piaghe ed epidemie contro l'umanità ?

“La filosofia deve tornare ad essere propositiva, deve ridare all’uomo la voglia, il desiderio di sentirsi di nuovo un soggetto. Bisogna riconquistare la consapevolezza di essere noi gli autori responsabili di ciò che facciamo, anche perché, come ci dice Jurgen Habermas, la 'fede scientistica in un sapere che possa un giorno non solo integrare, ma anche rimpiazzare l’autocomprensione personale tramite autodescrizione oggettivante, non è scienza, ma cattiva filosofia'. Giacomo Leopardi aveva ben compreso che il mondo non ci appartiene, bensì noi apparteniamo al mondo. Il poeta esprime ne 'La Ginestra' il bisogno di solidarietà umana. L’uomo non è al centro del creato, ma è un centro attivo che può offrire solidarietà onde sfuggire alla fragilità esistenziale; così come la ginestra, significativo simbolo di un'eroica tenacia nel deserto dell’esistenza, l’uomo esprime se stesso nella partecipazione alle altrui vite reagendo ad un destino ingrato nel solo modo possibile: cercando dentro se stesso quei valori che gli possano consentire di vivere esercitando le proprie prerogative; vivere cioè con quella dignità che non è una stella lontana, ma si concretizza nella vita quotidiana”.

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