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Cronaca

Covid, l'infettivologo Montineri: "I ricoveri riguardano principalmente gli over 40 non vaccinati"

Il direttore del reparto di malattie infettive del San Marco di Catania traccia il quadro a un anno e mezzo dall'inizio della pandemia. Ancora molte le resistenze alla vaccinazione nella fascia degli over 40 e 50

La Sicilia prima regione per contagi da diversi giorni e la provincia di Catania fa registrare centinaia di nuovi casi giorno dopo giorno. Alle porte dell'autunno, il Covid non ha abbassato la testa ma continua a tenere sotto scacco l'intero sistema sanitario che, da un anno e mezzo, fa i conti con il virus. Il rimedio, da alcuni mesi, c'è ed è quello della vaccinazione ma sono ancora tante le resistenze da parte di chi rifiuta o procrastina per paura o per diffidenza nei confronti della scienza. Ne abbiamo parlato con chi è sul campo e ha l'ardua missione di salvare vite umane: il dottor Arturo Montineri, direttore del reparto di malattie infettive dell'ospedale San Marco. 

Qual è la situazione nel suo reparto alla luce della recrudescenza del virus in queste ultime settimane...

"Ancora non siamo alla saturazione. Ci sono 33 pazienti su 50 posti disponibili e nelle ultime 24 ore è stato ricoverato un uomo ma non siamo in emergenza".

Qual è il quadro? Quali pazienti fanno ingresso in reparto durante la nuova ondata contraddistinta dalla variante Delta?

"Il quadro è dominato da pazienti non vaccinati che hanno dai 40 anni in su. Spesso arrivano con forme di infezione polmonare severe che richiedono un intenso impegno assistenziale e terapeutico. In molti casi si tratta di pazienti che vengono da cluster di positivi che inizialmente vengono curati e monitorati a domicilio ma che poi si aggravano".

Dagli ultimi dati diffusi dall'Ispi è emerso come la fascia dei giovani trai 20 e i 29 anni ha superato, da luglio, i trentenni e i quarantenni per le prime dosi. Inoltre nella fascia degli over 50 vi è una parte che rifiuta il vaccino. E' un quadro aderente anche alla nostra realtà locale?

"Sì è un quadro corretto. I giovani hanno maggiore consapevolezza della tutela della salute personale e di quella pubblica. Di certo ha contribuito l'introduzione del green pass per alcune attività e quindi i più giovani scelgono di vaccinarsi per muoversi liberamente. I 50enni e gli over 50 in generale spesso hanno la responsabilità di avere una diffidenza nei confronti del vaccino in grado di condizionare anche le generazioni più grandi, come quella dei 70enni e degli 80enni. Ciò ha comportato tanti casi di anziani non vaccinati e positivi con polmoniti severe e complicazioni. Mentre, ad esempio, nelle Rsa dove si sono eseguite le vaccinazioni nei soggetti anziani non vi sono state conseguenze nefaste anche in caso di contagi".

La provincia etnea ha fatto registrare, sia in passato sia negli ultimi giorni, picchi di contagi. Quali fattori determinano le "fiammate" del virus in alcune zone?

"Probabilmente sono diversi fattori tra cui la scarsa propensione alla vaccinazione, l'arrivo della variante Delta che presenta una maggiore infettività e un considerevole afflusso turistico. Catania è un crocevia e sono state migliaia le persone provenienti da tutta Italia e dall'estero che sono passate sul nostro territorio. Purtroppo vedo una diffidenza culturale estesa nei confronti dei vaccini e questo non agevola l'abbassamento del contagio..."

Ha avuto casi di pazienti "no vax" pentiti? 

"Chiaramente quando si finisce in reparto la condizione, anche psicologica, è molto delicata e ci sono stati d'animo particolari. C'è chi da positivo magari ha contagiato i genitori anziani che sono finiti anch'essi in reparto e si trova a vivere momenti difficili. Il pentimento c'è ma noto una scarsa conoscenza su ciò che ruota intorno ai vaccini e spesso non si comprende il senso della campagna vaccinale. Si tratta di qualcosa di trasversale che non riguarda solo una fascia di età o una condizione culturale. Spesso ci chiedono il vaccino quando arrivano in reparto, non comprendendo che si tratta di un rimedio preventivo e non di una cura. E non viene nemmeno compreso il costo sociale ed economico che si sta sobbarcando la sanità pubblica per combattere il virus".

Quanto pesa su voi personale sanitario la pandemia? Sino a quanto potrete reggere?

"Ricordo che il primo ricovero per Covid l'ho visto il 9 marzo 2020. Da quel giorno non ci siamo più fermati, siamo stati Covid Hospital e non abbiamo più smesso di accogliere pazienti. Con questa nuova ondata c'è stata un po' di delusione poiché si pensava di essere arrivati alla conclusione dell'emergenza che invece ha ripreso. Il personale comincia ad essere ridotto, molti contratti sono scaduti e altro personale è andato fuori. Ma noi continuiamo a lavorare". 

Come si fa a convincere uno scettico del vaccino?

"Non esiste una formula magica, penso che serva una corretta informazione. Le istituzioni stanno stigmatizzando comportamenti censurabili e serve spiegare il più possibile l'importanza della vaccinazione. I messaggi chiari devono arrivare fuori dai reparti d'ospedale, noi qui possiamo solo curare e supportare i pazienti. Se non ci fossero stati i vaccini avremmo ancora la poliomelite, il vaiolo, la pertosse...per cui occorre parlare della sicurezza e dei vantaggi dei vaccini e credo che il governo possa valutare una eventuale vaccinazione obbligatoria".

La terza dose sarà necessaria?

"Occorrerà valutare i dati. Il dosaggio degli anticorpi non spiega tutto e va valutata se indirizzarla verso alcune categorie, come i soggetti fragili, e se potrà essere adattata alle varianti. Poi si dovrà anche scegliere se proseguire con le prime dosi a chi ancora non si è vaccinato o con le terze dosi visto che, credo, non vi saranno subito quantitativi a sufficienza. In ogni caso se si dovesse andare nella direzione della terza dose la farò senz'altro".

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