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Martedì, 19 Marzo 2024
Cronaca

Dalla fera 'o Luni la "mente" dei permessi di soggiorno truccati, affari da 2 mila euro al giorno

Un'associazione attiva da almeno 10 anni contava sulla complicità di alcuni dipendenti del Comune di Catania

La "mente" e il gestore dell'organizzazione criminale, che controllava il business dei permessi di soggiorno ottenuti in maniera illecita, era chiamato "Mario" o "Berlusconi" e continuava - nonostante gli affari fiorenti - a lavorare nello storico mercato della Fera 'o Luni vendendo occhiali griffati.

Si tratta di Abdourahmane Siley Seck, un senegalese di 51 anni, che con altri 9 complici è finito agli arresti perché accusato di far parte di una associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

Gli arresti | Tutti i nomi

L'uomo si avvaleva di una fitta rete di collaboratori, tra cui si annoverano tre dipendenti del Comune di Catania: due ispettori della polizia municipale - addetti alla verifica delle residenze e delle idoneità degli alloggi - e di un altro addetto al settore anagrafe.

La denuncia

A far scoprire agli inquirenti il collaudato sistema in grado di far ottenere i permessi di soggiorno ai migranti è stata la solerzia di una responsabile dell'ufficio anagrafe del Comune etneo che, vedendo un documento palesamente falsificato, ha allertato la polizia.

La Digos ha svolto una capillare attività di indagine nell'arco di diversi mesi del 2016, periodo in cui il vicino Cara di Mineo annoverava migliaia di immigrati "a caccia" del fatidico permesso di soggiorno.

I dipendenti comunali coinvolti

Così l'organizzazione - che disponeva anche di un "servizio taxi" dalla struttura di Mineo sino a Catania - ha portuto fare affari d'oro grazie a un sistema rodato. Talmente rodato che le richieste dei “servizi” provenivano anche da varie parti d’Italia (da Brescia a Siracusa) e anche da altri stati europei, fra i quali Malta e la Francia.

"Si può fare"

L'operazione - che coinvolge 10 persone, tra cui 5 italiani e 5 extracomunitari - è stata ribattezzata "Si può fare" proprio in virtù della capacità dell'organizzazione di ottenere permessi di soggiorno, ricongiungimenti familiari e di organizzare tutte le condizioni per arrivare al prezioso documento, tra cui la residenza e l'attività lavorativa.

Infatti gli associati garantivano il rilascio dei documenti richiesti in tempi ridottissimi per evitare ulteriori spese di trasferta e di soggiorno e si facevano pagare anche tramite Postepay. Così Seck, detto "Berlusconi", dalla sua bancarella impartiva ordini al telefono e alle richieste che giungevano non diceva mai di no.

Il refrain era sempre lo stesso: "Si può fare". Bastava pagare. Era talmente sicuro di poter ottenere i permessi di soggiorno che proponeva ai migranti la formula del pagamento di un acconto iniziale e di un saldo finale una volta ottenuto il documento.

Come funzionava "il sistema"

In base alle richieste che arrivavano dai migranti l'organizzazione si premurava per offrire il servizio richiesto. Così se per il permesso di soggiorno serviva anche un lavoro vi era chi si prestava a fornire un lavoro subordinato e dei soggetti che si offrivano come falsi datori di lavoro o se serviva un permesso per motivi familiari vi erano persone disposte a contrarre matrimonio di comodo.

Come raccontano gli inquirenti vi è il caso, accertato, di un matrimonio combinato pagato 5mila euro. Un uomo ha sposato una donna di Santo Domingo senza mai averla conosciuta prima al fine di organizzare un ricongiungimento familiare in Italia.

Gli agganci di "Berlusconi" dentro il Comune servivano, invece, per attestare falsamente le residenze. Adesso i dipendenti coinvolti sono stati sospesi dal servizio e sino a stamattina era sul posto di lavoro.

"Nel caso dei permessi di soggiorno - ha detto il questore Mario Della Cioppa - viene toccata una materia nella quale agiamo anche noi e vedere che funzionari della pubblica amministrazione violavano il rapporto di fiducia con l'ente fa star male. Anche per 50 euro vendevano l'anima al diavolo".

Video | Le parole del questore

In particolare vi era un collegamento tra anagrafe e polizia municipale. Il funzionario infedele dell'anagrafe comunicava i cambi di residenza dei cittadini segnalati dall'organizzazione e il vigile addetto all'ispezione - previo appuntamento con il migrante - andava a verificare e incassava 50 euro a pratica. Il Comune ha annunciato che si costituirà parte civile al processo e il sindaco Pogliese ha plaudito alla dipendente che ha denunciato facendo scattare le indagini.

Il Comune sospende i dipedenti infedeli

Le varie pratiche falsificate, nel Comune e non solo, venivano pagate secondo un tariffario che variava in base alla complessità e al "rischio". Complessivamente sono stati individuati circa 100 cittadini stranieri favoriti dall’organizzazione e fra di essi risulta anche un tunisino che aveva contatti diretti con un soggetto arrestato per altri fatti insieme a Amri Anis, il noto terrorista autore della strage di Berlino, avvenuta ai mercatini di Natale il 19 dicembre 2016.   

Il business

Anche per il procuratore capo Carmelo Zuccaro è difficile inquadrare il volume d'affari derivante dai permessi di soggiorno. Si presume che l'organizzazione sia in piedi da almeno un decennio e che il business sia di circa duemila euro al giorno per la vendita agli extracomunitari di falsi documenti necessari al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno.

Video | L'intervista al procuratore

In totale gli indagati sono 40 e un ruolo importante nelle indagini lo hanno svolto gli interpreti. Infatti per tradurre le conversazioni intercettate tra i sengalesi e gli altri soggetti di origine africana sono stati coinvolti diversi traduttori che hanno potuto decodificare i diversi idiomi e dialetti.

"Mentre nelle conversazioni tra gli italiani coinvolti - spiega un funzionario della Digos - venivano usati codici criptici quando parlavano gli africani erano più espliciti".

Le valutazioni

Il questore Mario Della Cioppa ha aggiunto, a margine della conferenza stampa, una valutazione: "I permessi di soggiorno che sono stati consegnati in base a questa procedura illegale saranno sottoposti a verifica e con un decreto saranno revocati nel momento in cui ci sarà una sentenza irrevocabile di condanna".

"Non escludiamo però un annullamento di ufficio in via di autotutela da parte della pubblica amministrazione laddove ci sono dei profili di illegittimità che una misura cautelare evidenzia. Stiamo verificando se utilizzare subito per questi cento questo tipo di percorso oppure attendere la sentenza irrevocabile", ha concluso.

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