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Cronaca

Estorsioni, droga, armi: il nuovo assetto "Santapaola-Ercolano" nelle mani di Francesco Napoli

Dopo 13 anni di detenzione, Napoli fu scarcerato il 6 settembre 2019 e, una volta fuori, è stato "investito" della carica di rappresentante di Cosa Nostra catanese da elementi di vertice della “famiglia”. Indicato come uomo d’onore “riservato”

Nelle prime ore del mattino, i carabinieri del comando provinciale di Catania, supportati dai reparti specializzati dell’Arma, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Catania nei confronti di 35 persone (di cui 26 in carcere e 9 agli arresti domiciliari) nelle province di Catania, Prato, L’Aquila, Enna, Perugia, Vibo Valentia, Palermo, Benevento, Siracusa e Avellino.

I reati contestati sono quelli di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi e munizioni e trasferimento fraudolento di beni, aggravati dal metodo mafioso.

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L’indagine, coordinata dalla direzione distrettuale antimafia, riguarda il periodo settembre 2018-dicembre 2020. Un lasso di tempo durante il quale, attraverso attività tecniche e sul territorio, riscontrate dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia e da indagini patrimoniali, è stato possibile monitorare le evoluzioni delle dinamiche associative della famiglia di Cosa Nostra catanese ed in particolare del clan Santapaola-Ercolano, individuandone un nuovo assetto e l’attuale “responsabile provinciale” in Francesco Tancredi Maria Napoli, nipote di Salvatore Ferrera detto “Cavadduzzo” e legato da vincoli di sangue allo storico capomafia Benedetto “Nitto” Santapaola.  Salvatore Ferrera, infatti, era sposato con una delle sorelle D’Emanuele, zia di Santapaola.

Il ruolo del "responsabile provinciale" Francesco Napoli

Dopo 13 anni di detenzione, Napoli fu scarcerato il 6 settembre 2019 e, una volta fuori, è stato "investito" della carica di rappresentante di Cosa Nostra catanese da elementi di vertice della “famiglia”. Tale elemento è stato confermato dalle recenti dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Silvio Corra e Salvatore Scavone. Peraltro, già in precedenza, diversi collaboratori, tra cui Santo La Causa, lo avevano indicato quale uomo d’onore “riservato”.

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Le investigazioni hanno fatto emergere come Napoli, nella gestione quotidiana delle attività illecite del clan, aveva costantemente adottato delle cautele estreme, volte ad evitare che le sue conversazioni potessero essere ascoltate dalle forze dell’ordine, come l’utilizzo di una rete telefonica riservata, costituita da utenze intestate ad ignari cittadini extracomunitari, frequentemente sostituite. Inoltre, la trattazione delle varie questioni di interesse del clan sarebbe sempre stata rimandata ad incontri in presenza, fissati senza alcun riferimento specifico al luogo, ma indicati attraverso “nomi in codice”, durante i quali avrebbe vietato ai suoi interlocutori di tenere al seguito i cellulari.

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Altre figure di rilievo sono: Cristian Buffardeci e di Domenico Colombo. Buffardeci, in qualità di “braccio destro” di Napoli, gli avrebbe consentito di evitare un’esposizione diretta nella gestione degli affari illeciti della “famiglia”, in particolare nei contatti con soggetti pregiudicati e nell’organizzazione degli appuntamenti. Il suo pieno coinvolgimento all’interno dell’associazione mafiosa sarebbe inoltre confermata dalla circostanza che, in diverse occasioni e su incarico di Napoli, avrebbe preso parte in sua vece a delicati incontri con soggetti di vertice di altre organizzazioni criminali. Per quanto riguarda invece Domenico Colombo, sarebbero emersi sia gli stretti legami con personaggi di vertice dell’associazione, tra cui in particolare Vincenzo Sapia, Salvatore Rinaldi, Carmelo Renna e Francesco Santapaola (classe 1979), sia il suo ruolo nella gestione delle attività estorsive e di recupero crediti nei confronti di persone che ritardavano nel pagamento dei debiti, raccogliendo, in particolare, le somme destinate alla famiglia di Francesco Santapaola.

Le estorsioni ai danni di imprenditori catanesi

L’attività investigativa avrebbe inoltre documentato i “reati fine” strumentali al sostentamento dell’associazione mafiosa, tra i quali si pongono in evidenza le diverse estorsioni ai danni di imprenditori catanesi, un fiorente traffico di cocaina e marijuana, gestito direttamente da Gabriele Santapaola e dai fratelli Giuseppe e Antonino (figli di Salvatore Santapaola conosciuto come “Turi Colluccio”), il recupero crediti attraverso prestiti ad usura e l’acquisizione, diretta o indiretta, della gestione e del controllo di attività economiche. Per quanto riguarda invece le attività estorsive della “famiglia”, le indagini avrebbero documentato 6 estorsioni ai danni di imprenditori dei settori dei servizi per la logistica, delle attività turistico-ricreative e del commercio all’ingrosso e al dettaglio, confermate anche dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia e da persone informate sui fatti, che sarebbero state consumate dal sodalizio criminale per fare fronte alla mancanza di fondi per il mantenimento delle famiglie degli affiliati detenuti. Al riguardo, circa il “modus operandi” delle richieste estorsive, va sottolineato come le stesse sarebbero state eseguite da soggetti notoriamente inseriti nel sodalizio e quindi immediatamente percepite dalle vittime come priovenienti da Cosa Nostra.

In un caso la richiesta estorsiva si è manifestata nella collocazione di una bottiglia incendiaria all’esterno di un noto stabilimento balneare alla Playa, accompagnata da un pizzino con la scritta “200 mila euro o ti cerchi l’amico: 2 giorni di tempo”. Una delle condotte estorsive è stata invece interrotta dai carabinieri, che durante l’attività investigativa, sono riusciti a trarre in arresto un uomo intraneo alla “famiglia”, bloccato appena dopo aver prelevato poco più di 1.000 euro da un imprenditore catanese, il quale, dopo un’iniziale reticenza, ha riferito di essere stato vittima di pressanti richieste già da diverso tempo.

Le società sequestrate

Sequestri preventivi per le società “Citymotor srl.”, salone multimarca di automobili sito nel comune di San Gregorio di Catania e “Vinissimo srl”, enoteca con sede a Catania, affidate ad un amministratore giudiziario, insieme ai conti correnti ad esse intestati e a tutti i beni aziendali registrati, sia mobili che immobili. In particolare, per quanto riguarda la “Citymotor sr.”, già emersa nell’indagine “Fiori bianchi”, sarebbe emersa l’attribuzione fittizia della società a un prestanome, ma in realtà riconducibile all’indagato Michele Monaco, per eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali e sottrarre il patrimonio societario ad eventuali provvedimenti ablatori reali. Riguardo invece alla società “Vinissimo srl”, dal quadro probatorio raccolto ed in particolare in ragione di alcune conversazioni intercettate, è emerso come la stessa sarebbe stata gestita in maniera occulta da Francesco Napoli e dal cugino Francesco Ferrera. Questi ultimi infatti, dal marzo 2020, avrebbero avviato l’attività commerciale, attribuendone la titolarità ad un prestanome in modo tale che fosse immune da eventuali provvedimenti ablatori. 

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