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Cronaca

Festa Sant'Agata, omelia Solenne Pontificale

"Saluto te carissimo Vescovo Salvatore, pastore e araldo del Vangelo della Santa ed eletta chiesa di Catania; saluto voi carissimi confratelli Vescovi delle Chiese sorelle di Sicilia; saluto voi presbiteri e diaconi, e santo popolo di Dio radunato nella Solennità liturgica di Sant’Agata, Vergine e Martire. Il mio saluto cordiale si estende anche a voi servitori e «operatori liturgici» dello Stato e della Polis (della città), nei suoi vari organismi e istituzioni. Con il mio saluto vi giunge anche quello di tutta la Chiesa panormitana che, senza nessun merito, sono stato chiamato a guidare nel suo cammino verso il compimento del Regno, quando il Signore Gesù ritornerà come giudice misericordioso dell’intera storia umana. Un saluto colmo di gratitudine per la fermezza e l’audacia delle fede della Beatissima Vergine e Martire Agata, prezioso diadema che come faro di luce illumina e sostiene la testimonianza evangelica della santa Chiesa catanese in questo nostro arduo ma pur promettente tempo. Martin Buber nel suo libro “I racconti dei Chassidim”, racconta che Rabbi Bar di Radoschitz pregò un giorno il Rabbi Giacobbe Isacco di Lublino, suo maestro: «Indicatemi una via universale al servizio di Dio». Rabbi Giacobbe Isacco rispose: «Non si deve dire agli uomini quale via debbono percorrere. Perché c’è una via in cui si serve Dio con lo studio e un’altra con la preghiera, una con il digiuno e un’altra mangiando. Ognuno deve guardare su quale via lo spinge il suo cuore, e poi quella scegliere con tutte le forze» (Milano 1979, 357). S. Agata ancor oggi – più che mai oggi! – risplende come esempio di cuore verginale consacrato a Dio e alla giustizia fino al martirio. Un cuore verginale è un cuore umano, un cuore retto, integro, trasparente, coerente. In questo caso quello di una giovanissima donna, che non vuole fare della sua vita un coacervo di esperienze fugaci e disarticolate ma che si determina verso una scelta di vita maturata dentro una ricerca del significato ultimo dell’esistenza ritrovato nel Vangelo di Cristo giunto anche a Catania, fresco e coinvolgente, nonostante ciò comporti incomprensione e persecuzione in un tempo in cui l’imperatore è chiamato dio, salvatore e signore. La sua mente e il suo cuore sono fondati in Cristo da lei scelto con tutte le sue forze. Come i sette giovani del secondo Libro dei Maccabei, che non temono le torture pur di non venire meno alla decisione del loro cuore di riporre in Dio ogni speranza. La scelta di vita di Agata non dice una verginità disincarnata, di ripiego ed egoista, deresponsabilizzante e alienante. Lei scegliendo di consacrarsi a Dio scegli di “sposarsi”, di appartenere all’unico Creatore e vero Salvatore, di coinvolgersi, di mettersi in gioco con una decisione forte e definitiva al servizio del suo Regno. Con tutte le sue forze. Sceglie una via e la percorre con tutto il cuore e con tutta la sua mente, compreso il suo corpo, con un’umile risolutezza. Sceglie di relazionarsi con il Dio che non solo è verità assoluta ma che è Verità-Amore, come dice la prima lettera di Giovanni: «In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo perché avessimo la vita per mezzo di lui». (1GV 4,9). Verità non in senso filosofico, ma teologico e cristologico, la verità di chi pur di aprirsi all’altro lo raggiunge e lo accoglie nella sua totale distanza e diversità. Verità di chi non rimane impigliato nelle maglie di un eterno egoismo infantile che rende immaturi nonostante l’avanzare dell’età cronologica. È significativo che gli atti del martirio di S.Agata dicono che il Signore nella sua giovinezza l’ha fatta “agire virilmente” opponendosi con invitto coraggio ad una mera creatura che le ordinava a rinunciare alla sia fede nel Signore Gesù, il crocifisso risorto. Un cuore puro, integro, trasparente, casto, è un cuore audace, stabile che determina tutta la persona, che investe tutto il suo essere perché dà un primato assoluto a Dio. Agata ci ricorda che siamo tutti chiamati a riappropriarci di un cuore verginale, casto, retto, trasparente, umano. Che sa porre relazioni autenticamente umane; che si coinvolge totalmente; per sempre. Che fa stare al cospetto degli uomini, degli impegni umani e di Dio con responsabilità; con serietà e onestà; con intelligenza e lucidità; con fermezza e audacia. Che ci fa stare nel mondo e nella storia come servitori, ministri di Dio, “liturghi di Dio”, capaci di offrire il culto della vita. Questa è la chiamata di ogni cristiano sia esso cristiano laico o cristiano prete. Questo il progetto di vita di ogni uomo e di ogni donna di buona volontà. Una vita vissuta nella ricerca di ciò che è giusto. Nella coerenza tra ciò che diciamo e ciò che facciamo. Così, come suggerisce la pagina evangelica odierna, riconosceremo il Cristo davanti agli uomini. Saremo comunità cristiana audace nel martirio, nella testimonianza del Vangelo, come lo è stata la vergine catanese Agata. Il beato Martire Palermitano don Pino Puglisi diceva che «la testimonianza cristiana è una testimonianza che incontro a difficoltà. (…) Quindi dalla testimonianza al martirio il passo è breve, anzi è proprio questo che dà valore alla testimonianza». Agata ieri e don Pino Puglisi oggi ci testimoniano che un cuore puro, integro, trasparente, casto è il vero unico presupposto per superare l’egoismo di matrice idolatrica che attanaglia i nostri stili di vita e le nostre relazioni. Questi due martiri della fede e della giustizia ci avvertono altresì che su questa frontiera interiore si gioca la nostra appartenenza a Cristo e il nostro concreto apporto alla costruzione storica di questo mondo sempre più segnato dalla disgregazione sociale, dalle diseguaglianze, dall’illegalità, dai soprusi dei potenti di turno sui più deboli e indifesi, dall’ingiustizia, dell’emarginazione e dalla violenza. Agata ci indica il martirio della castità e della rettitudine del cuore, cioè la via di un cuore povero “capace di arricchire molti”, come ci ricordava l’apostolo Paolo nella seconda lettura. Di un cuore che sta al cospetto di Dio, impegnato con Dio e dunque capace di coinvolgersi anche con gli uomini e le donne del nostro tempo nel segno di una vita che cerca ciò che è giusto, buono e onesto, per metterlo a servizio della costruzione e della città degli uomini. Agata ci ricorda l’assoluto primato dell’interiorità, dell’uomo interiore, la ricostruzione delle coscienze e del loro peso interiore. Ci ricorda che c’è un “desiderio di giungere alla corona del martirio”, un’attesa della gloria futura che non vanno persi di vista, depistati dalle lusinghe del delirio dell’esteriore e della ricerca del sensazionale e dall’ebbrezza della vertigine. Come ebbe a dire don Giuseppe Dossetti: «Solo una Chiesa e dei cristiani che vivano in una grande tensione escatologica possono sottrarre i nostri contemporanei a questa schiavitù alienante delle cose intermedie e trascinare sempre di più a guardare ciò che ci sta davanti, dimenticando le cose che dobbiamo lasciare dietro di noi per arrivare a un’autentica libertà e a una più acuta intelligenza del reale".

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