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Cronaca

Premiato da Mattarella per l'impegno nella donazione di organi: "Mio figlio mi ha fatto vedere cos'è l'amore"

Si chiama Giuseppe Distefano e ha 70 anni. Nel 2020 è stato nominato commendatore dal presidente Mattarella. Dopo la scomparsa del figlio Luigi, a soli 15 anni, e la scelta di donare i suoi organi ha iniziato la sua "missione" nelle scuole per sensibilizzare i più giovani

La storia di Giuseppe Distefano, preside catanese in pensione di circa 70 anni, è fatta di amore, di gioie ma anche di un dolore profondo che si è tramutato in speranza. Una storia che ha commosso l'Italia intera e che è stata ripresa anche dalla Rai che con il programma "Nuovi eroi" ha dedicato una puntata alla vulcanica attività del professore. Un'attività di divulgazione per la donazione degli organi, premiata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha conferito a Distefano il prestigioso titolo di Commendatore dell'Ordine al Merito nel corso di una cerimonia pubblica che si è tenuta all'inizio dello scorso anno.

La storia di Luigi e il "moltiplicatore di vita"

Come tanti docenti catanesi, per iniziare nel mondo della scuola, Giuseppe Distefano è emigrato giovanissimo verso il Nord Italia per insegnare materie scientifiche e si è trasferito nel vicentino. Lì si è sposato e ha avuto il primogenito Luigi, un ragazzo intelligente, sensibile e vivace. Purtroppo un incidente stradale lo ha ridotto in gravi condizioni ad appena 15 anni: si trovava sulla sua bicicletta quando è stato travolto da un'auto. Per i genitori è stato un vero e proprio dramma e dinanzi alla morte cerebrale del figlio hanno acconsentito alla donazione degli organi. Un assenso che per Giuseppe Distefano è stato "un modo per ricominciare a respirare". Da quel giorno non ha smesso di battersi sull'importanza della donazione, sulla conoscenza e ha girato decine e decine di scuole, tenuto migliaia di conferenze con medici ed esperti e incontrato i famigliari di chi aveva subito tragedie simili alla sua o chi aveva, invece, ricevuto un trapianto ed era tornato a condurre una vita normale. 

Professore Distefano lei ha detto spesso di aver "ricominciato a respirare" quando ha dato, con sua moglie, l'assenso alla donazione degli organi di suo figlio. Ci racconta come è andata, cosa l'ha spinta?

"Ho detto di aver ricominciato a respirare, chiaramente in senso metaforico, perché con quel sì mi sono sentito di nuovo in vita. Una sensazione indescrivibile a parole perché, qualche anno prima dell'incidente, Luigi era tornato da scuola e aveva raccontato di aver preso parte ad un incontro proprio sulla donazione degli organi. Ne abbiamo parlato a tavola seppur io fossi restio. Non volevo affrontare quegli argomenti per me poco piacevoli ma Luigi mi ha insegnato a tradurre la mia paura in amore con parole ferme, chiare e convincenti. Mi ha spiegato l'amore, letteralmente, e mi ha detto che donare era un grande gesto. Poi non ne abbiamo più parlato ma quella discussione mi è tornata in mente al momento della scelta in ospedale e da lì non ho avuto dubbi...".

Nelle sue conferenze parla spesso del vostro rapporto sinergico...

"Sì, io e lui avevamo una intesa naturale e lui si preoccupava sempre per me. Era affettuoso e tenerissimo, mi ha lasciato tantissimi ricordi, scritti, disegni. Alcune volte di notte veniva nella stanza da letto mia e di mia moglie e mi lasciava, senza far rumore, un bigliettino con su scritto "sono le 2 di notte e sono sceso perché volevo darti un bacio sul collo che sa di pane". Ha voluto sempre condividere tutto con me, con una empatia assoluta". 

Di donazione degli organi si parla spesso quando accade qualche caso che attira o sconvolge la pubblica opinione. Nel quotidiano quanto è difficile affrontare questo tema?

"Parlare di donazione degli organi è essenziale. E ancora più essenziale è farlo nelle scuole perché i ragazzi sono molto attenti e possiamo formare le giovani coscienze. C'è una legge in Italia la 91 del '99 che parla di assenso informato in materia di donazione, ma se non c'è alcuna campagna istituzionale dove sta l'informazione? Come si dovrebbero informare le persone? Il mio Luigi è stato informato e ha parlato con un volontario e quindi io ho iniziato a battere le scuole con l'aiuto di esperti, come il professore Denaro, primario di Rianimazione al Cannizzaro, con psicologi, con trapiantati che hanno portato la loro testimonianza. Donare è, come dico sempre io, un moltiplicatore di vita: gli organi producono un miracolo e generano nuove esistenze. Sono stato per molto tempo nell'Aido e adesso continuo a parlare in pubblico con il professore Grasso, cardiochirurgo, e ogni volta è una grande emozione confrontarmi con i ragazzi, con i docenti".

Qual è l'impatto che la storia di Luigi genera, in primis, in chi l'ascolta e poi anche su di lei?

"Parlare di mio figlio mi aiuta ad elaborare ciò che è accaduto, ormai quasi 30 anni fa. E' una ferita ancora aperta ma io ho una mission che mi ha indicato mio figlio e quando parlo di lui lo sento vicino. Io ho la certezza che se non fossimo andati in alcune scuole molta gente sarebbe morta in attesa di un trapianto. Le racconto un aneddoto: mi è capitato di parlare con una docente di un plesso di San Cristoforo di donazione degli organi. Tempo dopo ho saputo che aveva avuto un aneurisma e il marito decise di dare l'assenso per la donazione: aveva detto che la moglie inizialmente era contraria ma dopo aver preso parte a una conferenza aveva cambiato idea. Ha donato il suo fegato che poi è arrivato a una catanese: la nipote di una sua ex allieva che si è salvata, altrimenti sarebbe morta anche lei. Vede quanto è piccolo il mondo a volte. Tutta la società dovrebbe prendere contezza a freddo dell'importanza del tema, a volte capita invece di rendersene conto solo quando si sta male e si ha bisogno di un trapianto per sopravvivere".

Com'è stato essere premiati da Mattarella? 

"Quando mi è arrivata la telefonata dalla segreteria del Quirinale non potevo crederci: immaginavo di aver combinato qualcosa! Invece si trattava di un riconoscimento: qualcuno aveva segnalato la mia storia e il mio impegno e il presidente mi ha premiato. Un onore immenso per me. Ho avuto il piacere di conoscere il presidente: una persona di un'umiltà enorme e con un'umanità difficile da trovare altrove".

Purtroppo la Sicilia ha un dato elevato di opposizione alla donazione (il 45%) - contro il 22% dell'Emilia Romagna - e un dato molto basso di trapianti. Come mai? Come si inverte la rotta?

"E' vero: il dato siciliano ci colloca in fondo alle classifiche nazionali. Eppure il dato italiano è molto buono, basti pensare che siamo terzi in Europa per donazioni ma c'è un forte dislivello tra nord e sud Italia. Dal 2008 al 2013 da presidente regionale dall'Aido ho cercato di battermi per aumentare il dato collaborando con il centro regionale trapianti e un team di grandissimi professionisti della sanità con cui ho mantenuto grandi rapporti umani. Abbiamo fatto azioni congiunte di informazione, campagne, ho organizzato un concerto di Lucio Dalla a Riposto e altri eventi live. A riprova di questo lavoro abbiamo visto che il dato nel 2013 è enormemente migliorato arrivando a 17,8 donatori per ogni milione di persone. Adesso è calato nuovamente e siamo al 9,2 mentre in Toscana è al 42. L'informazione a scuola può far crescere i numeri: l'esempio di mio figlio è lampante. Serve la cultura del dono: abbiamo migliaia di malati in attesa di trapianto ma le liste sono lunghissime in Sicilia, ragion per cui si chiede l'inserimento nelle liste d'attesa del Nord che scorrono con maggiore rapidità. E ricordo a tutti che c'è chi muore in attesa di un trapianto...".

La storia di suo figlio Luigi non termina qui. Lei ha poi conosciuto le due donne alle quali sono arrivati gli organi di suo figlio. Che emozioni ha provato?

"Una grande emozione. La legge impedisce, per tutta una serie di motivi, agli operatori sanitari di rivelare l'identità del donatore e della famiglia. Loro, due donne, sono risalite a me per via della mia attività nel vicentino tra conferenze e sensibilizzazione: hanno associato la storia di Luigi e le date che coincidevano e si sono rivolte a un sacerdote che io conoscevo per chiedermi un incontro. E' qualcosa di molto delicato e adrenalinico: ci siamo visti ed è stata un'emozione immensa. Loro avevano ricevuto le cornee di Luigi ed è nato un rapporto strettissimo, tanto che sono andato con una di loro, Paola, a ritirare l'onoreficenza dal presidente Mattarella. Chiaramente non si deve cercare parte del proprio figlio nel corpo di un'altra persona: Luigi ha fatto questo dono e consentito di migliorare la loro vita e loro non devono sentirsi assolutamente in debito. Fatta questa premessa doverosa, per tutti, va detto che si tratta di una emozione indescrivibile e le sento come parte di me. Ammiro il miracolo che è accaduto e il ricordo di mio figlio viene sublimato da questo rapporto".

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