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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Civita / Piazza del Duomo

Emergenza rifiuti, l'aumento della Tari tra polemiche e un servizio che fa acqua da tutte le parti

Una delle delibere più discusse di questi anni di amministrazione Pogliese: il precedente del Comune di Bore, l'orientamento della Corte dei Conti, il caso Zappalà, la posizione della sinistra e le inefficienze del capitolato d'appalto settennale

Amministrazione e Consiglio comunale sono sotto l'occhio del ciclone. Il motivo risiede nell'aumento delle tariffe per l'erogazione del servizio di raccolta dei rifiuti. L'ultima seduta ha dato via libera all'incremento della Tari del 18 per cento e le polemiche non mancano. A partire dal numero legale, ovvero la quantità di consiglieri necessari per potere validamente procedere alla votazione di una delibera sottoposta all'approvazione del Consiglio comunale. A Catania è pari a 15, proprio il numero raggiunto il 31 agosto - termine ultimo previsto dal governo nazionale per potere procedere all'approvazione del Piano economico finanziario e conseguentemente del bilancio di previsione -, grazie alla presenza in aula del consigliere Lanfranco Zappalà. Che, pur esprimendo voto contrario, ha permesso che la maggioranza facesse valere i numeri e, quindi, l'approvazione dell'aumento. In mezzo lo spettro che la mancata approvazione potesse causare un danno erariale. Restano, però, i dubbi su quanto si potesse fare per evitare tutto questo. Sul banco degli imputati c'è la stesura del piano di intervento dell'appalto settennale e la capacità di riscossione dell'ente nei confronti degli evasori. 

Il precedente del Comune di Bore e l'orientamento della Corte dei Conti

Che la mancata approvazione dell'aumento della Tari avrebbe comportato il "dissesto nel dissesto" è un dato. Quest'ultimo ribadito più volte, tra note stampa e dichiarazioni del sindaco facente funzioni Roberto Bonaccorsi, dall'amministrazione comunale. Quello che, però, non è stato detto - o, almeno, non esplicitamente - è la circostanza per la quale la mancata approvazione dell'aumento e con essa il disequilibrio del Piano economico finanziario (Pef) avrebbe procurato il rischio di incorrere in danno erariale. Lo mette nero su bianco il Comune di Bore, in provincia di Parma, alle prese con una analoga situazione, nella delibera di Consiglio comunale del 26 giugno del 2021. "Dalla mancata approvazione delle tariffe che per legge sono e costituiscono un atto dovuto da parte del Comune, deriverebbe di sicuro un danno erariale - si legge nel documento - Senza trascurare effetti di tipo penale, per omissione di un atto d'ufficio da parte del Consiglio, appunto doveroso, qual è quello di approvare il piano tariffario e le tariffe Tari, che non potrebbero altrimenti essere riscuotibili".

La delibera costituisce un precedente che avrebbe convinto i consiglieri di maggioranza a votare favorevolmente. E che finirebbe con l'avvalorare la tesi sostenuta dall'amministrazione comunale. Con l'aggravante che, in caso di mancata approvazione, sebbene le tariffe non sarebbero mutate, il Comune avrebbe potuto esporsi alla scure dei giudici contabili. Come precisato dalla Sezione delle autonomie della Corte dei Conti "le attribuzioni intestate alle sezioni regionali di controllo le quali, una volta riscontrate le gravi criticità nella tenuta degli equilibri di bilancio da parte dell’ente, tali da provocarne il dissesto (o il dissesto nel dissesto, in questo caso, ndr), non si limitano a vigilare sull’adozione delle misure correttive tempestivamente proposte, ma accertano il loro adempimento entro un termine determinato dalle sezioni stesse".

Il caso Zappalà

La polemica infuria, la campagna elettorale prosegue e l'aumento della Tari diventa terreno fertile per lo scontro politico. "È sotto gli occhi di tutti che si poteva fare di meglio - commenta il consigliere leghista di Prima l'Italia Giuseppe Gelsomino - io, come tanti altri dell'opposizione, non sono entrato in aula per fare mancare il numero legale, qualunque tipo di voto (favorevole, astenuto o contrario, ndr) ha contribuito ad aumentare la Tari". Il riferimento è a Lanfranco Zappalà, consigliere all'opposizione, che a differenza di altri al momento della votazione non è uscito dall'aula consentendo alla maggioranza di approvare la delibera. "Ne stiamo discutendo da tanto tempo - commenta Zappalà contattato telefonicamente da CataniaToday - gli altri lo fanno con le parole e al momento dei fatti non si presentano, posso capire l'aumento ma non condivido l'operato dell'amministrazione sulla raccolta differenziata, così ho votato contrario". Una circostanza, come sottolinea Gelsomino, che ha permesso la costituzione del numero legale.

"Ho svolto il mio ruolo di consigliere di opposizione - è la risposta di Zappalà - non è compito mio fare i conti e nemmeno scappare dai problemi, sebbene la stragrande maggioranza sia fuggita: il mio compito è partecipare, votare e ho la coscienza a posto". Nonostante la posizione del consigliere, il dato è questo: se Zappalà fosse uscito dall'aula, la delibera non sarebbe passata. Per questo tra i corridoi di Palazzo degli Elefanti si vocifera che il candidato sindaco alle comunali del 2023 avrebbe potuto utilizzare l'aumento della Tari come grimaldello per intavolare un accordo politico. "Non ho nessun tipo di accordo - replica - tra me e il sindaco, sebbene ci leghi anche un rapporto di amicizia, non ci sono ottimi rapporti". 

La posizione di sindacati e Alleanza Verdi e Sinistra italiana

"La città è sempre più sporca, eppure il cittadino dovrà sborsare una tassa sui rifiuti più alta", è il paradosso denunciato dai sindacati Cgil, Cisl e Uil. "Una tassa già tra le più alte d'Italia - proseguono i sindacati - Perché non sono state recuperate le sacche di evasione?".  L’aumento della Tari è stato approvato dal consiglio comunale come "inevitabile conseguenza del Piano economico finanziario". In breve: i cittadini catanesi dovranno pagare di tasca propria le conseguenze del vecchio dissesto per fuggire da un altro senza che nulla sia stato fatto per evitarlo. "Ciò avverrà gravando proprio sulla tassa legata alla raccolta dei rifiuti, ossia il servizio comunale che più di ogni altro rivela anche visivamente l’inefficienza delle istituzioni locali a Catania - incalza il sindacato confederale in una nota stampa - Per il 2022 l'impatto di tale aumento causerà una batosta per i contribuenti di altri 16 milioni di euro, pari cioè al 18 per cento del valore della Tari".

Stessa posizione quella dell'alleanza Verdi-Sinistra italiana. "L'amministrazione Pogliese, dimissionaria e in fuga dalla città, ma in volo verso Montecitorio, con dieci consiglieri comunali, cinque in aula e altrettanti online, senza neanche avere il coraggio di mostrarsi in volto, hanno aumentato la Tari del 18 per cento", è l'attacco della sinistra. "Adesso pagheremo il 20 per cento in più - conclude - Un aumento che si abbatte su quel 47 per cento di famiglie catanesi che pagano la tassa sui rifiuti e che negli ultimi 12 mesi hanno visto aumentare il costo della vita di cinque volte". 

Il capitolato dell'appalto settennale e la capacità di riscossione dell'ente

Dalla pulizia delle spiagge al piano straordinario di spazzamento, come riportato da questa testata, ammontano a circa 200mila euro le somme extra impiegate dal Comune di Catania per risolvere le inefficienze di un capitolato d'appalto al centro delle polemiche e di procedimenti giudiziari. "In questi quattro anni cosa è stato fatto?", si chiede il consigliere comunale del Movimento cinque stelle Graziano Bonaccorsi. "L'aumento della Tari non risolverà il peso dell'evasione sulle casse del Comune - incalza Bonaccorsi - dobbiamo mettere in conto le spese che dovremo affrontare per il trasferimento dei rifiuti in Olanda e i rincari che stiamo affrontando su luce, gas e carburanti". Per Bonaccorsi, candidato all'Ars con l'M5s, una cosa è certa: "La prossima amministrazione andrà nuovamente in dissesto". 

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