La spartizione dei soldi del clan Santapaola-Ercolano: "C'è u nanu ca tuppulìa"
Le intercettazioni del Ros documentano il malumore di "Enzo" Mangion che pretende una diversa ripartizione del denaro riaffermando la propria autonomia all'interno del gruppo criminale
L'operazione del Ros “Samael”, coordinata dalla direzione distrettuale antimafia, lascia emergere un dato rilevante: dopo la serie ininterrotta di colpi inferti al clan Santapaola-Ercolano, è cominciata a nascere l'esigenza di attingere dal patrimonio “criminale” del “gotha” di cosa nostra catanese per le spese di mantenimento dei “sepolti vivi” e di quelli passati a miglior vita. Il riferimento è naturalmente agli ergastolani Benedetto Santapaola, Aldo Ercolano e al defunto Francesco Mangion. Un patrimonio accumulato negli anni con investimenti effettuati grazie al ruolo attivo di imprenditori “teste di legno” e connivenze con professionisti e amministratori pubblici. Se da un lato è lo stesso procuratore capo di Catania Carmelo Zuccaro ad aver precisato che l'organizzazione rimane ancora molto pericolosa, soprattutto per la sua capacità di penetrazione nel tessuto economico e sociale, gli atti dell'inchiesta ci restituiscono un contesto in cui anche la suddivisione “ereditaria” del denaro proveniente dalla liquidazione di determinati beni, suscita malumori e pretese destabilizzanti.
La distribuzione delle quote
Francesco Geremia, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, era colui che nella gestione dei movimenti economici e finanziari si presentava come il “delegato” della proprietà dei beni oggetto di transazione: Il braccio operativo che si occupava di raccogliere il denaro investito dai vertici della famiglia, attraverso l'imprenditore Mario Palermo. Era però Giuseppe Cesarotti a fare da “garante” nella equa spartizione del denaro ricavato, un ruolo di fiducia che si era conquistato sul campo, sin dai primi investimenti negli anni Novanta gestiti per conto dei vertici del clan. Gli investigatori documentano nel 2014 un incontro tra lui e “Enzo” Mangion durante il quale hanno proceduto a contare e ripartire 20mila euro in contanti provenienti da una tranche degli utili derivanti dall'alienazione del patrimonio immobiliare della Tropical Agricola s.r.l; ancora un secondo incontro, avvenuto circa un anno dopo, quando i due procedono al conteggio di altri 40mila euro provenienti sempre dalla liquidazione del patrimonio della Tropical. È Cesarotti a dare indicazioni sulla suddivisione specificando anche la somma da destinare a un altro “erede”, in questo caso si trattava di Francesco Santapaola, figlio di Benedetto: “Ora io ti do quindicimila euro (…) cinque sono di Ciccio”. Cesarotti non fa mistero di essere stato anche oggetto di pressioni da parte di altri esponenti che nel tempo avevano chiesto di distribuire il denaro in quote differenti.
Le pretese di Mangion
Lo stesso Mangion aveva preannunciato a Geremia di voler chiedere a Cesarotti una diversa distribuzione, soprattutto alla luce delle presunte continue richieste di Francesco Santapaola: “C'è u nanu ca tuppulìa continuamente”, commenta “Enzo” Mangion parlando con Francesco Geremia mentre aspettavano Cesarotti nei locali della Ge.se.pa. Secondo gli inquirenti Mangion si riferiva proprio a “Ciccio” Santapaola. Giuseppe Mangion, detto “Enzo” è figlio del defunto Francesco Mangion detto “Ciuzzo” e cognato di Aldo Ercolano. È stato condannato in via definitiva a otto anni di reclusione nell'ambito del processo “Dionisio”. Gli inquirenti hanno accertato diversi incontri con “soggetti gravitanti nell'orbita del clan” mentre era sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, incontri facilitati il più delle volte da Francesco Geremia. Passano in rassegna Salvatore Caruso (arrestato ne 2016 nell'ambito dell'operazione Bull Dog); Antonio Tomaselli attualmente detenuto al 41bis, ma che dal 2017 era stato incaricato della reggenza del gruppo; era in contatto anche Davide Grillo, esponente del clan Mazzei. In seguito sono stati documentati numerosi incontri che per gli inquirenti sono stati ancora una volta utili a definire il ruolo di Mangion nel clan, come quello dell'aprile del 2014 quando riceve la visita di Aldo Ercolano e del suo autista, incaricato spesso - si legge nell'ordinanza - di portare messaggi. Gli investigatori ricostruiscono l'argomento dell'incontro: il comportamento di Francesco Santapaola.
"Scateno l'inferno"
Altri incontri si susseguono ancora nel 2014 con Antonio Tomaselli, durante i quali Mangion manifesta la chiara volontà di affermare la sua totale autonomia all'interno del clan: “Antonio vedi che io ho cinquantacinque anni e cinquantacinque anni di esperienza – esclama Mangion raccontando la discussione avvenuta durante un incontro con Tomaselli – prima che il tuo va il mio va e viene quarantatré volte. Gli dici a chi si nasconde dietro il dito (Francesco Santapaola nda) che la finiamo picchi c'ha zziccu i scappi 'ndo culu! … Confidenza non ve ne ho data mai, non vaia anningatu mai, tutto quello che ho fatto è stata una mia scelta non un dovere, perché io doveri non ne ho con nessuno e conto non ne devo dare a nessuno delle mie cose. A te... cosa sto facendo o non sto facendo..Quello che sto facendo non sono cazzi vostri! Ora vaglielo a dire a quello... E tu sai benissimo...appena faccio così (emette un suono con le dita) scateno l'inferno”.