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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Sentenza, "Lombardo canale diretto per la famiglia catanese di Cosa nostra"

Il Gup Marina Rizza cita il caso di Mario Ciancio, editore e membro del consiglio di amministrazione dell'Ansa, estraneo al procedimento, indagato per concorso esterno all'associazione mafiosa, per il quale la Procura ha chiesto per due volte l'archiviazione

Raffaele Lombardo costituiva "un canale diretto" per la "'famiglia catanese di Cosa nostra" permettendole di "consolidare la sua egemonia" nei confronti di altri clan. Lo scrive il Gup Marina Rizza nelle motivazioni della sentenza del 19 febbraio con la quale, a conclusione di un processo col rito abbreviato condizionato, ha condannato l'ex presidente della Regione Siciliana a 6 anni e 8 mesi di reclusione per concorso esterno all'associazione mafiosa.

"Però il contributo più rilevante, concreto e effettivo prestato dal Lombardo all'associazione Santapaola-Ercolano" secondo il Giudice, "a ben vedere, consiste nella creazione" di un "complesso sistema organizzativo ed operativo di cui facevano parte, quali componenti parimenti necessari, gli imprenditori 'amici' e gli esponenti della 'famiglia', creando vantaggi di cui beneficiava anche l'associazione mafiosa". Il 'modus operandi', ritiene il Gup, era sempre lo stesso "acquistavano terreni agricoli nella prospettiva di ottenerne la variazione di destinazione urbanistica, e poi realizzare elevati guadagni con la plusvalenza" della proprietà. Il Giudice cita l'esempio di quattro casi: il piano di costruzione di alloggi per militari Usa di contrada Xirumi, non realizzato, e tre centri commerciali, dei quali uno solo e' stato costruito.

In questo "contesto" il Gup Marina Rizza cita il caso di Mario Ciancio, editore e membro del consiglio di amministrazione dell'Ansa, estraneo al procedimento, indagato per concorso esterno all'associazione mafiosa, per il quale la Procura ha chiesto per due volte l'archiviazione. Il fascicolo è ancora pendente. Nella sentenza il Gup rimanda alla Procura alcuni degli atti che l'ufficio diretto da Giovanni Salvi aveva allegato al processo Lombardo.

Secondo il Giudice Rizza il progetto di due affari trattati anche dall'editore "annoverava tra i soci un soggetto vicino a Cosa nostra palermitana". Il modus operandi e la presenza di elementi vicini alla mafia, osserva il Gup, fanno ritenere "con un elevato coefficiente di probabilita' che lo stesso Ciancio fosse soggetto assai vicino al detto sodalizio" e in questo modo, scrive il Giudice, avrebbe quindi "apportato un contributo concreto, effettivo e duraturo alla 'famiglia' catanese".

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