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Mercoledì, 6 Dicembre 2023
Cronaca

"Iddu" e "idda": il terrore di Giarre e Riposto, stroncata dai carabinieri la cupola di La Motta

Spaccio di droga, estorsioni, recupero crediti, omicidi. Benedetto La Motta e la moglie Grazia Messina comandavano sul territorio giarrese. Una maxi operazione dell'Arma ha portato a 21 arresti

La cappa di paura, terrore e crimine che incombeva su Giarre e Riposto sembra essere dissolta. Una poderosa operazione dei carabinieri ha portato all'arresto di 21 persone e un'altra si trova all'estero facendo salire a 22 il numero di soggetti colpiti dall'ordinanza di custodia cautelare. L'operazione ha un nome che dice tutto: si chiama "Iddu" ed è l'appellativo che tutti i sodali dell'organizzazione criminale utilizzavano per chiamare il capo indiscusso, il boss Benedetto La Motta, 62 anni e un lungo pedigree mafioso alle spalle. Era lui, infatti, il punto di riferimento dei Santapaola Ercolano sul territorio e "iddu" aveva organizzato una rete di spaccio e di estorsioni molto forte e che era sopravvissuta al suo arresto. 

Nello specifico i 22 finiti nella rete dei carabinieri dovranno rispondere dei reati di detenzione e spaccio di stupefacenti, estorsione aggravata, lesioni aggravate. Il tutto commesso con l'aggravante del metodo mafioso. Sono state lunghe e complesse le indagini portate avanti dai carabinieri della compagnia di Giarre, dal 2017 al 2019. Come racconta il capitano Fabrizio Rosati gli appartenenti alla cosca "erano molto attenti e percepivano ogni cambiamento sul territorio, anche lo spostamento di una cabina elettrica o qualsiasi altro segnale" e quindi "si insospettivano facilmente".

I nomi degli arrestati

Gli arrestati Ercolano-Santapaola

Il comandante provinciale dei carabinieri Rino Coppola ha evidenziato come l'operazione abbia consentito di "ricostruire le dinamiche del gruppo criminale" e sono state documentate anche diverse estorsioni non denunciate. Addirittura erano i cittadini a rivolgersi al crimine per attività di recupero crediti e che quindi fruivano dei "servizi" dell'associazione.

Lo spaccio e la droga che arriva dal mare

Lo spaccio di coca, marijuana e hashish era uno dei business più fruttuosi che consentiva di realizzare ingenti guadagni, persino di diverse migliaia di euro al giorno, ma anche di fidelizzare i pusher e i nuovi associati garantendo loro uno "stipendio", compreso il mantenimento della famiglia qualora - malauguratamente - fossero finiti in carcere. Nel corso dell'operazione i carabinieri hanno sequestrato 210 chili di marijuana, 320 grammi di coca e 40 grammi di hashis nonché hanno scovato una piantagione composta da 170 piante di canapa indiana e la somma in contanti di oltre 4mila euro.

Video | L'operazione dei carabinieri

Le piazze di spaccio, tra Giarre e Riposto, erano presidiate e operative 24 ore al giorno con i pusher organizzati in maniera sistemica su diversi turni. Vi era poi una catena di uomini adibiti invece al "taglio" della roba, al confezionamento e alla sua distribuzione ai venditori al dettaglio. In un caso i militari hanno documentato il recupero, da parte degli affiliati, di un carico di droga che era stato gettato in mare. Una prima nave, infatti, aveva trasportato diverse scatole di stupefacente e poi, in mare, era avvenuto un primo passaggio a una imbarcazione più piccola che avrebbe poi condotto la "merce" all'associazione di La Motta. Ma probabilmente qualcosa è andato storto e il carico era stato gettato in mare ed era stato recuperato in un secondo momento, ma l'occhio delle telecamere dei carabinieri appostati ha ripreso tutte le operazioni.

Le estorsioni e il ruolo di "idda"

La Motta era stato arrestato nel dicembre del 2017 ma la sua famiglia ha continuato a comandare nella zona. Infatti a "iddu" è subentrata, con uguale importanza criminale, "idda" cioè la moglie Grazia Messina che ha tenuto le redini del clan sino alla scarcerazione successiva del marito avvenuta nel giugno del 2018. La Messina non solo riceveva i proventi delle estorsioni ma ha dato prova di essere una leader di polso. Infatti in occasione di una rapina subita da un negozio "protetto" dal clan - perché pagava il pizzo - la donna aveva dato mandato di raggiungere il ladro e di dargli una "lezione" che si è tradotta con un pestaggio.

Dei 22 destinatari del provvedimento 14 si trovano adesso nelle carceri di Catania, Siracusa, Messina, Caltanissetta, Milano e Lecce mentre altri 7 indagati si trovavano già in carcere e un altro si trova, come detto, all'estero.

La Motta, il killer delle carceri e l'omicidio Chiappone

Non solo droga, estorsioni e violenza ma anche omicidi. Ed è l'uccisione del giovane Dario Chiappone, avvenuta nel 2016 a Riposto, che viene contestata a Benedetto La Motta e Paolo Censabella, quest'ultimo 62enne di Mascali, accusati di concorso in omicidio con l'aggravante di aver agito con premeditazione e crudeltà. Per il medesimo delitto era stato già arrestato nel dicembre del 2019 Antonino Marano, 75enne di Riposto detto il killer delle carceri, e nello specifico erano state trovate delle sue impronte sul luogo del delitto.

Per l'uccisione del giovane era stato spiccato un decreto di fermo per Salvatore Di Mauro, ancora oggi irreperibile, e Agatino Tuccio: entrambi furono poi condannati uno a 23 anni e l'altro all'ergastolo. Tuccio era in stretti legami con Marano e vista la contiguità con "iddu" sarebbe state proprio La Motta a ordinare - per volontà di Censabella - l'omidicio di Dario Chiappone.

Censabella, infatti, era titolare di un negozio di liquori, vini e bevande ed era il compagno di una donna, socia dell'attività, che aveva poi intessuto una relazione sentimentale proprio con Chiappone: da qui l'idea folle dell'omicidio per eliminare il "rivale". Oggi sembra che si sia finalmente chiuso il cerchio su questa drammatica vicenda.

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