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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

La mafia torna alle origini: usura, spaccio e "panettoni" a Natale per i carcerati

Nella maxi operazione che ha colpito i clan attivi ad Aci Catena e Acireale, che ha condotto a 18 misure di custodia cautelare, rivela come al di la dei "nuovi affari" della mafia, il richiamo ai vecchi sistemi sia ancora attuale. Spicca la richiesta di pizzo di duemila euro ad un negozio di articoli per animali per "comprare i panettoni da regalare" ai detenuti

Se la fotografia della criminalità organizzata moderna parla di una mafia che si infiltra negli apparati pubblici e nelle procedure di aggiudicazione degli appalti, l’operazione di oggi, condotta personale dalla squadra mobile di Catania e dal commissariato di Acireale, ci rivela che in realtà la mafia si alimenta ancora oggi attraverso strumenti che hanno il sapore di un ritorno alle origini: oltre all’associazione mafiosa sono usura, estorsione e traffico di stupefacenti sono infatti i reati contestati ai 18 indagati appartenenti ai clan mafiosi di Aci Catena ed Acireale.

La scalata del boss appena uscito dal carcere

Secondo quanto emerso dall’inchiesta nell’attuale fase del procedimento, gli indagati sono sospettati di far parte della frangia acese della famiglia mafiosa di cosa nostra Santapaola-Ercolano suddivisa in due articolazioni principali, in osmosi fra loro, una dislocata ad Aci Catena e l’altra ad Acireale. A capo del clan acese Rosario Panebianco, detto Catta Bullata, mentre al vertice del nuovo gruppo di Aci Catena è stato nominato Antonino Patanè, detto Nino Coca Cola, che una volta abbandonato il carcere nel 2018, avrebbe assunto quasi subito la direzione del sodalizio criminale-mafioso, riorganizzandone la struttura e riattivando diverse estorsioni ai danni di imprenditori del territorio. Con la riunificazione dei gruppi di Acireale e Aci Catena sotto la direzione di Patanè, diversamente dagli assetti gerarchici antecedenti, riscriveva così il modello strutturale di forma piramidale, al cui vertice risultava Patanè, sostenuto ad Aci Catena dal referente Alfio Brancato e ad Acireale dal triumvirato composto da Messina, Indelicato e Panebianco (quest’ultimo con posizione sovraordinata agli altri). In continuità con le attività delinquenziali del gruppo storico, già facente capo al defunto Sebastiano Sciuto, sono stati poi accertati molti reati a carico dei mafiosi: estorsione, tra i 200 e i 500 euro al mese, che diventavano 2000 sotto le festività natalizie per "regalare i panettoni" ai carcerati, spaccio e usura. Le indagini nell’ambito dell’Operazione Odissea, infine, hanno consentito di giungere al sequestro dell’attività di autonoleggio “Brio” (comprensiva dei mezzi e dei conti correnti) utilizzata dal gruppo come base logistica per le riunioni associative.

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Messina: “Ci vuole maggiore collaborazione da parte dei cittadini”

Il prefetto Francesco Messina, direttore centrale anticrimine della polizia di Stato, intervenuto nel corso della conferenza ha posto l’accento sulla peculiarità che nessuna delle estorsioni accertate dall’inchiesta della Dda di Catania è stata denunciata alle forze dell’ordine da parte delle vittime: “Sul concetto di vittima c’è da fare una profonda riflessione. Nel momento in cui si accetta la protezione mafiosa e non si denuncia allo Stato dobbiamo porci sicuramente qualche domanda. Se vogliamo pensare debellare una volta per tutte il fenomeno mafioso, se è vero che non si può prescindere da un antimafia che sia diversa dall’azione di repressione di contrasto, è anche vero che ci vuole anche un maggiore aiuto da parte dei cittadini, che purtroppo non riscontriamo nella realtà”.

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