Clan Scalisi, mafia ed estorsioni: nel mirino un collaboratore di giustizia
L'operazione della polizia Triade ha permesso di arrestare 15 persone del clan presente ad Adrano. I membri della cosca volevano vendicarsi della collaborazione con la legge di un ex appartenente
Duro colpo della polizia al clan Scalisi di Adrano, articolazione della famiglia Laudani sul territorio. Con l'operazione Triade sono state arrestate 15 persone. I reati contestati sono: associazione di tipo mafioso, traffico e spaccio di droga, detenzione di armi e estorsioni con metodo mafioso. Nel corso delle indagini sono stati anche documentati atti intimidatori e ritorsioni nei confronti dei familiari di un collaboratore di giustizia.
I nomi degli arrestati
Le indagini hanno avuto origine nel mese di marzo del 2019 e si sono concluse due anni dopo e hanno accertato il ruolo di Massimo Neri, detto “zicchinetta”, già indicato da numerosi collaboratori di giustizia quale esattore delle estorsioni riconducibili al clan Scalisi, come "gestore" della riorganizzazione del clan. Neri aveva questo compito sino alla scarcerazione di Carmelo Scafidi, detto “testa rossa”.
Video | Le intercettazioni
Neri era in contatto con Antonio Pappalardo, detto “pitbull”, esponente della frangia territoriale del clan mafioso Laudani del quartiere popolare Canalicchio di Catania, a conferma del rapporto di affiliazione intercorrente tra le due cosche.
Le estorsioni
Le indagini hanno permesso di scoprire una delle fonti di sostentamento del clan: le estorsioni. Ne sono state individuate cinque ai danni di imprenditori adraniti. In particolare era Salvatore Calcagno, nipote ed effettivo erede del boss Giuseppe Scarvaglieri (attualmente detenuto al 41 bis), ad essere il fautore delle decisioni più rilevanti
sulle dinamiche del sodalizio pur essendo, la sua presenza, discreta e meno visibile rispetto alla componente operativa “di strada”.
Video | Le indagini della polizia
Nel periodo monitorato dagli inquirenti sono stati registrati particolari momenti di tensione, tra gli appartenenti al clan Scalisi e quelli riconducibili ad un altro gruppo criminale emergente ed operante sul medesimo territorio. Infatti il segnale della tensione massima si è avuto con l’esplosione di colpi d’arma da fuoco contro Salvatore Giarrizzo e Francesco Vitanza, episodio avvenuto nell'estate del 2019 come documentato dalle immagini degli impianti di video sorveglianza. Difatti all’interno di una ex palestra di Adrano si era tenuto un summit cui partecipavano esponenti del clan Scalisi, del clan Santangelo-Taccuni nonché del clan Laudani di Catania.
Video | Fiumi di denaro e pistole d'oro
La collaborazione con la giustizia e le intimidazioni
Salvatore Giarrizzo, a partire dall'estate del 2020, ha poi iniziato a collaborare con la giustizia, suscitando un forte disappunto tra i sodali del clan, specie in Neri. Disappunto che si è manifestato con il progetto di atti intimidatori nei suoi confronti e della sua famiglia, finalizzati a fargli ritrattare le dichiarazioni rese nei confronti degli ex compagni nonché di appartenenti ad altri sodalizi mafiosi.
E’ tra l’altro emerso nel corso delle indagini che il sodalizio mafioso aveva posto in essere lo scorso 17 febbraio il danneggiamento di un mezzo adibito alla vendita di panini riconducibile alla famiglia del collaboratore, a ridosso di una importante udienza in cui avrebbero dovuto utilizzarsi le propalazioni del collaboratore. Fatto questo che appare
sintomatico dell’intento del clan di avviare una serie di atti intimidatori ai danni dei familiari del collaboratore. Neri è stato arrestato in provincia di Salerno, mentre a casa di Francesco Vitanza sono stati rinvenuti e sequestrati una pistola semiautomatica marca Beretta mod. 92 con matricola abrasa ed un revolver cal. 38 senza matricola con relativo munizionamento. Per tale motivo Vitanza è stato, anche, tratto in arresto nella flagranza del reato di detenzione illegale di armi da fuoco clandestine.