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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Il monopolio di San Berillo Nuovo e l'asse con la Campania per la cocaina: gli affari del clan dei Cursoti Milanesi

Le indagini dell'operazione Zeus hanno permesso di ricostruire quelli che sono gli attuali vertici dell'associazione mafiosa, il cui capo sarebbe stato individuato in Carmelo Distefano, coadiuvato da Natale Gurreri e Giuseppe Piterà

Sono 24 le ordinanze di custodia cautelare, di cui 20 in carcere, eseguite questa mattina dagli agenti della polizia di Stato, coordinati dalla locale Direzione distrettuale antimafia. L'operazione antimafia denominata "Zeus" per rapporti di parentela tra gli indagati, nasce dall’attività investigativa condotta tra il mese di novembre 2018 e quello di settembre 2019. Protagonista il clan mafioso dei Cursoti Milanesi, attivo nella zona di San Berillo Nuovo del capoluogo etneo, anche se alcuni dei soggetti sono inseriti nei Cappello-Bonaccorsi. Le indagini hanno permesso di ricostruire quelli che sono gli attuali vertici dell'associazione mafiosa, il cui capo sarebbe stato individuato in Carmelo Distefano, coadiuvato da Natale Gurreri e Giuseppe Piterà, parente di Rosario Piterà, morto nel 2020. Inoltre, sono stati identificati i presunti gregari dell’organizzazione, ai quali i vertici avevano assegnato compiti esecutivi, come la gestione delle varie “piazze di spaccio” del rione San Berillo Nuovo o la riscossione di estorsioni.

Le faide per il controllo del rione di San Berillo Nuovo

Grazie anche alle dichiarazioni di quattro collaboratori di giustizia, sè stato ricostruito un quadro chiaro delle dinamiche criminali interne al clan mafioso dei Cursoti Milanesi, ritornato ad esercitare il pieno controllo criminale sull’intero rione San Berillo Nuovo, comprese quelle parti del quartiere che, nel recente passato, erano passate sotto il clan Cappello-Bonaccorsi, come la zona di corso Indipendenza. L’inchiesta ha interessato entrambe le frange che storicamente compongono il clan Cursoti Milanesi: il gruppo con al vertice i fratelli Francesco e Carmelo Di Stefano, figli dello storico capoclan Gaetano detto “Tano sventra”, ed il gruppo riconducibile a Rosario Piterà detto “u furasteri”, quest’ultimo poi deceduto nel 2020. L’inchiesta ha cristallizzato diversi momenti di fibrillazione interna al clan dopo l’ascesa criminale di Carmelo Di Stefano ai danni del gruppo storico facente capo a Piterà, sfociati in una serie di sparatorie. Nicola Christian Parisi, detto “u scinziatu”, agendo sotto l’egida dell’anziano Piterà, detto “u furasteri”, si sarebbe contrapposto a sua volta ai Di Stefano per il controllo dell’organizzazione e delle “piazze di spaccio” del quartiere San Berillo Nuovo.

In questo contesto sarebbe maturato il tentato omicidio del cognato di Parisi, Giuseppe La Placa detto “u sfregiatu”, avvenuto quattro anni fa nel rione San Berillo Nuovo a causa di contrasti sorti in seguito al presunto rientro di quest’ultimo nel clan Cursoti Milanesi, dopo essere transitato in passato nel clan Cappello-Bonaccorsi. Quando Carmelo Distefano è stato scarcerato nel 2018 sarebbe poi riuscito a compattare, sotto la propria leadership, le due fazioni familiari. 

A questo proposito sono stati documentatati diversi “summit di mafia” tra esponenti del clan Cursoti Milanesi ed esponenti di rango del clan Cappello-Bonaccorsi finalizzati a mediare alcuni contrasti di natura economica sorti tra le due famiglie. Le inchieste hanno consentito di delineare la condotta illecita attribuita ad alcuni affiliati storici al clan mafioso Cappello-Bonaccorsi come Carmelo Fazio detto “Melo biduni” e Camelo Zappalà detto “u tunnacchiu”, che sarebbero entrati in contatto con Distefano ed altri componenti di spicco del clan Cursoti Milanesi.

L'associazione

L'asse Catania-Campania per la cocaina

L'indagine ha fatto emergere il monopolio esercitato dal clan Cursoti Milanesi sulle numerose piazze di spaccio del rione San Berillo Nuovo, i cui gestori sarebbero stati obbligati a rifornirsi di cocaina e marijuana da Carmelo Distefano. Questa volta il traffico di cocaina bloccato, come spiegato dal capo della squadra mobile, Antonio Sfameni, è quello dell’asse Catania-Campania, a differenza di altri canali intercettati sulla rotta Catania-Calabria, nell’ambito del quale sarebbe stato delineato il ruolo degli indagati Lorenzo Cristian Monaco e Luigi Scuderi, affiliati al clan Cappello-Bonaccorsi, che avrebbero agito quali trafficanti di cocaina in joint venture con il clan camorristico di Caivano.

Armi ed estorsioni

Nel corso delle indagini si è fatta luce anche su un episodio di estorsione consumata ai danni del titolare di un parcheggio nel quartiere San Berillo Nuovo, costretto a versare negli anni svariate somme di denaro ai riscossori del clan succedutisi nel tempo, e di una tentata estorsione ai danni di un imprenditore locale. Il gruppo criminale si dotava di armi da sparo al fine di presidiare il loro territorio e di difendere i loro affari criminali da eventuali ingerenze da parte di gruppi mafiosi rivali, assicurandosi in tal modo l’apporto militare necessario a sostenere il confronto con gli altri gruppi malavitosi cittadini. Durante l’attività sono state sequestrate alcune delle armi in dotazione all’associazione criminale, tra cui un fucile mitragliatore AK 47 (completo di confezione di 50 cartucce calibro 7,62x39), due pistole ed un fucile a canne mozzate.

Infine, l’indagine ha accertato che parte dei proventi, 50 mila euro al mese dalle piazze, erano destinati al mantenimento degli affiliati detenuti e delle loro famiglie di cui i capi del clan si erano fatti carico. E non solo: era diventata consuetudine, da parte delle famiglie mafiose più rappresentative del panorama catanese, di allestire bische clandestine con investimenti comuni e destinarne gli illeciti proventi al sostentamento dei detenuti di maggior rango.


 


 

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