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Cronaca

Perché Omicron contagia anche i vaccinati con due e tre dosi

Tre le possibili cause principali. E una conferma: i vaccini restano fondamentali per ridurre il rischio di malattia e morte

I dati della settimana sull'andamento della pandemia di Sars-CoV-2 sono abbastanza chiari: negli ultimi sette giorni sono aumentati i ricoveri in terapia intensiva, così come le vittime, e c'è stata una crescita ulteriore dei contagi (più di un milione di persone positive). Vale la pena precisare che i contagi di per sé oggi hanno un valore e un peso diversi rispetto al passato, quando non c'erano i vaccini, erano prevalenti varianti meno contagiose rispetto all'attuale Omicron e venivano fatti migliaia di tamponi in meno. Di Covid-19 continuano comunque a morire centinaia di persone, e alcuni ospedali cominciano ad essere in affanno per i ricoveri in crescita, soprattutto di persone non vaccinate. La rapida diffusione di Omicron, però, oggi è accompagnata da una capacità minore di causare sintomi gravi, principalmente nella popolazione vaccinata.

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Tra le persone che si sono infettate di recente ce ne sono alcune, tuttavia, che avevano completato il cosiddetto ciclo vaccinale primario, avendo ricevuto due dosi o una nel caso del vaccino di Johnson&Johnson, e altre che hanno ricevuto anche il richiamo (o booster). Cosa sta succedendo? Perché Omicron contagia anche i vaccinati con due e tre dosi, ma non gravemente?

Perché Omicron contagia anche i vaccinati

Gli scienziati stanno ancora cercando di capire con esattezza come e perché Omicron riesce ad infettare anche le persone vaccinate. Secondo il centro di ricerca sui virus dell'università di Glasgow, la nuova mutazione riesce ad aggirare i livelli di protezione immunitaria forniti da due dosi di vaccino anti covid, mentre una terza dose riuscirebbe a ripristinarli parzialmente. A un risultato simile è arrivata anche una ricerca condotta dal professor Ravi Gupta presso l'università di Cambridge. Dallo studio emerge la capacità di Omicron di sfuggire al potenziale neutralizzante dei vaccini, che cala comunque nel tempo. Da qui la necessità di intervenire con una nuova dose.

Una risposta simile la dà anche l'Istituto superiore di sanità (Iss), riferendosi alla Gran Bretagna, dove i dati indicano una riduzione significativa nell'efficacia vaccinale contro la malattia sintomatica da Omicron, rispetto a quella da Delta dopo due dosi di vaccino Pfizer o AstraZeneca. È emersa, tuttavia, un'efficacia maggiore verso la malattia sintomatica due settimane dopo il booster, comparabile o leggermente inferiore a quella verso Delta, argomenta l'Iss.

Le tre possibili cause

In questi ultimi giorni si stanno verificando numerosi casi di contagi da variante Omicron anche tra chi ha già ricevuto tre dosi del vaccino anti covid. Tra le possibili cause c'è la diminuzione dell'efficacia dei vaccini contro la nuova variante del virus, ma anche le tempistiche legate alla somministrazione delle terze dosi e la minor attenzione nel rispetto delle regole di distanziamento sociale e dell'uso delle mascherine.

Andiamo con ordine. La variante Omicron presenta numerose mutazioni nella proteina Spike, il principale meccanismo che il virus utilizza per infettare le cellule bersaglio, un vero e proprio "uncino" usato dal virus per agganciarsi alle cellule del tratto respiratorio, entrare dentro di queste e replicarsi. Questo fattore ha acuito un aspetto: l'efficacia dei vaccini rispetto all'infezione diminuisce con il trascorrere del tempo. Per questo motivo occorre ricorrere ad una dose booster, così da stimolare ancora il sistema immunitario e garantire un ulteriore, seppur parziale, ripristino della difesa dal virus.

Il caso dei positivi "invisibili" con Omicron

I primi dati emersi relativi ai vaccini attualmente in uso hanno dimostrato l'aumento degli anticorpi dopo la terza dose, così da garantire una protezione più alta nel caso di infezione. E questo accade anche nei casi di malattia grave indotta proprio dalla variante Omicron. Ma le infezioni in chi ha fatto la seconda dose cinque o più mesi fa si sono rivelate più probabili proprio perché, come detto, la stessa variante scoperta di recente in Sudafrica ha fatto abbassare le percentuali di protezione dal contagio. Alcuni studi, poi, hanno segnalato che persino coloro che hanno ottenuto le tre dosi abbiano una difesa minore rispetto al contagio, perché la variante Omicron tenderebbe a "bucare" in parte la copertura garantita dai vaccini. La dose booster, quindi, aumenterebbe la protezione, ma non garantirebbe una copertura totale dal rischio di infezione.

Ribadendo che i vaccini funzionano e ottimamente contro le forme di malattia grave, il crescente numero di infezioni tra i vaccinati anche con tre dosi può essere dunque riferito a più cause, tra cui appunto il calo dell'efficacia dei vaccini con Omicron e degli stessi nel tempo. Senza dimenticare, comunque, che più casi si verificano e più salgono in numero assoluto anche quelli fra coloro che sono già vaccinati, anche in virtù della più alta contagiosità di Omicron, che ha sostanzialmente moltiplicato le occasioni di esposizione al contagio.

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In sintesi, dunque: aumentano i casi nazionali nei vari Paesi, di pari passo crescono anche i contatti e gli scambi sociali anche a causa dell'allentamento delle restrizioni, con le distanze e i dispositivi di protezione individuale che sono utilizzati con meno rigidità, cala l'efficacia nel tempo dei vaccini, così come la protezione dal contagio a causa della diffusione di Omicron. Ciò che ne consegue è che un numero sempre più significativo di vaccinati con ciclo completo si trovano ad essere positivi al Covid-19 (ma attenzione a non prestare il fianco alla propaganda no vax: c'è un "effetto paradosso", di cui abbiamo parlato qui).

Le raccomandazioni dell'Iss

In attesa di avere più dati sull'efficacia dei vaccini o di poter contare su un prodotto specifico e aggiornato - l'amministratore delegato di Pfizer ha detto che arriverà a marzo -, l'Istituto superiore di sanità continua a sottolineare: "I vaccini restano indispensabili per ridurre il rischio di malattia grave e morte, per cui è fondamentale aumentare le coperture vaccinali il più rapidamente possibile, sia con il completamento del ciclo primario per chi non l'avesse ancora fatto, sia con le dosi di richiamo per chi ha completato il ciclo primario o per chi è guarito da più di quattro mesi".

Le persone che sono completamente vaccinate hanno un rischio significativamente inferiore di sviluppare una forma di malattia grave o di avere la necessità di ricovero in ospedale, rispetto alle persone non vaccinate o vaccinate da molto tempo. Il vaccino, con la terza dose, riduce di oltre il 95% le forme gravi legate a un'infezione anche con questa variante, secondo gli studi scientifici. Ecco perché, al momento, le persone più a rischio rimangono i non vaccinati, i soggetti fragili o coloro che non hanno un programma vaccinale completo.

Fonte Today.it

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