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Cronaca

Pfizer incassa miliardi e licenzia: "pillola" amara per 210 lavoratori

La multinazionale conosciuta in tutto il mondo per il vaccino anti-covid ha annunciato i tagli nello stabilimento di Catania. Un ''paradosso inaccettabile'' per i sindacati, il segretario Femca Cisl: ''Attivato il tavolo regionale, poi chiederemo un incontro al Mise''

Può un'azienda con un utile di 8 miliardi di dollari permettersi di lasciare a casa centinaia di lavoratori? In Italia sì, a quanto pare. È il caso dello stabilimento Pfizer di Catania che ha deciso di ridurre il personale, con un taglio tra dipendenti diretti e indiretti di circa 200 unità. La decisione è arrivata direttamente dalla multinazionale statunitense, proprio quella Pfizer che ormai conosciamo benissimo per il vaccino contro il coronavirus sviluppato insieme alla BionTech. 

Pfizer Catania, quanti sono i lavoratori a rischio

Lo scorso 3 febbraio durante un incontro avvenuto a Roma l'azienda ha comunicato di voler depotenziare il sito siciliano di avere 130 esuberi tra i dipendenti assunti a tempo indeterminato, ma il numero dei lavoratori a rischio è anche maggiore, come spiegato a Today.it da Giuseppe Coco, Segretario generale della Femca Cisl Catania: ''Agli esuberi comunicati dall'azienda vanno aggiunti 110 i lavoratori somministrati, a 50 dei quali è già stata comunicata l'interruzione del rapporto, e altri 60 dipendenti, che rimarranno in Pfizer fino a quando non verrà installato un nuovo macchinario semi-automatico che ridurrà almeno del 50% il personale necessario per utilizzarlo. Facendo un rapido conto si arriva almeno a 210 unità''.

Il fatturato di Pfizer e le cause dei tagli

La nota che risulta più stonata in questo caso è senza dubbio il fatto che ad annunciare il ridimensionamento di impianto sia un'azienda che nell'ultimo trimestre del 2021 ha realizzato in tutto il mondo un fatturato pari a 24 miliardi di dollari (circa 21 miliardi di euro) e un profitto di 8,15 miliardi di dollari (7 miliardi di euro circa). Una multinazionale che adesso è conosciuta in tutto il mondo per il vaccino anti-covid, divenendo un brand difficile da confondere. Ma allora come sono stati giustificati gli esuberi? I prodotti ormai obsoleti. A Catania infatti non vengono realizzati componenti o preparati legati al vaccino, ma dei farmaci i iniettabili a base di penicillina e per uso ospedaliero, che diventano sempre meno richiesti: siamo passati da 12-15 milioni di flaconi prodtti tra il 2017 e il 2019, ai 3 milioni di flaconi prodotti lo scorso anno. 

''Il sito continuerà a essere parte integrante della rete globale di produzione e fornitura Pfizer e, infatti, è stato programmato un intervento di modernizzazione, con un ulteriore investimento di 27 milioni di euro nei prossimi tre anni - ha comunicato l'azienda - Ma in previsione di questo investimento, Pfizer ha identificato alcuni adeguamenti necessari, dovuti anche al calo della domanda dei volumi produttivi di un antibiotico iniettabile, che porteranno a una riduzione dell'organico".  

''Cambiamenti necessari'' che però mancano di prospettiva, come sottolineato da Coco: ''Cosa ne sarà dello stabilimento di Catania? Questo è l'aspetto fondamentale. Se c'è u crollo del fatturato perché hai prodotti obsoleti, si dovrebbe fare un investimento portando un prodotto nuovo. Pfizer ha stroncato sul nascere l'idea di realizzare i vaccini nello stabilimento di Catania dicendo che le quantità già prodotte erano sufficienti, inoltre per convertire il sito ci sarebbero voluti diversi anni. Ma siccome Pfizer ha una gamma quasi infinita di prodotti, io credo uno più prodotti con caratteristiche simili a quelli che vengono realizzati in Sicilia si sarebbero potuti trovare. La loro motivazione - ha aggiunto - ci lascia con l'amaro in bocca''.

L'ipotesi Ascoli Piceno (dove Pfizer assume)

Oltre alla possibilità di andare in pensione, che riguarda soltanto una manciata di lavoratori, l'azienda ha dato ai dipendenti in esubero un'altra possibilità di scelta: lasciare la Sicilia per andare a lavorare nell'altro stabilimento italiano, quello di Ascoli Piceno dove vengono prodotte capsule e compresse e dove verrà confezionato anche il Paxlovid, la nuova pillola antivirale che agisce contro il coronavirus della casa farmaceutica statunitense. Un'ipotesi complicata come spiegato dal segretario della Femca Cisl Catania: ''Al momento non abbiamo ricevuto chiare indicazioni sui possibili incentivi e sui trasferimenti, ma si è parlato di uno spostamento su base volontaria ad Ascoli. Loro mettono sul piatto la possibilità di non perdere il lavoro, ma dall'altro lato non è semplice spostare una famiglia a centinaia di chilometri di distanza. Però ad Ascoli hanno fatto quello che non stanno facendo a Catania, hanno portato il confezionamento della pillola anti-covid e adesso devono assumere 200 persone. Qui non c'è un'operazione di riduzione con un'idea di investimento, sembra che vogliano rimanere a Catania per rimpicciolire sempre di più''.

Sciopero e proteste: cosa succede adesso

Venerdì 4 marzo i lavoratori dello stabilimento di Catania hanno indetto uno sciopero contro i tagli al personale annunciati dall'azienda, ma i sindacati si sono già messi in moto per coinvolgere la politica: ''Abbiamo chiesto un incontro alla Regione - ha spiegato Coco - poi verrà inviata una comunicazione al Mise. Intanto nel tavolo regionale in programma la prossima settimana cercheremo di coinvolgere tutti i soggetti interessati. Martedì ci sarà anche un sit-in di protesta sotto la sede di Confindustria Catania. È una questione importante, io mi auguro che la politica, spesso disattenta, non si lasci scappare questa occasione

Nel frattempo all'interno dell'ambiente politico qualcosa si è mosso. Il Comune di Catania ha chiesto l'apertura di un tavolo tecnico per ''fermare il surreale piano dell'azienda''. Intanto il tavolo regionale è già stato attivato, come annunciato nella giornata di ieri dalla deputata del Movimento 5 Stelle all'Ars Jose Marano: "Un tavolo di crisi alla Regione, per affrontare il caso della Pfizer di Catania, sarà aperto in tempi rapidi. Abbiamo ottenuto l'impegno da parte dell'assessore al Lavoro, Scavone, che ho incontrato personalmente, oggi, in Ars, e che ha assicurato l'attenzione su questa vicenda. Ci sono in ballo ben 210 posti di lavoro e la serenità economica di altrettante famiglie siciliane e nessuno deve sottrarsi al proprio dovere".

"La questione è stata portata all'attenzione del governo nazionale e del ministero dello Sviluppo economico - ha aggiunto Marano - e ci siamo già mossi attivando i nostri portavoce nazionali e il vice ministro Alessandra Todde. Però un primo, indispensabile passaggio è proprio l'istituzione di un tavolo di crisi regionale che conduca successivamente a un analogo tavolo nazionale presso il Ministero dello Sviluppo economico. Il tavolo si farà a breve e sarà il primo atto per trovare una soluzione alla crisi, tutelare il più possibile i livelli occupazionali e dare garanzie e sostegno ai dipendenti sul loro futuro". 

Sindacati e politica: "Intervenga il Mise"

Un appello condiviso anche dal deputato siciliano Alessandro Pagano, vice capo gruppo della Lega a Montecitorio: ''Paradossale che l’azienda, ormai leader nel settore dei vaccini, non si sia mai rinnovata né abbia fatto mai investimenti nello storico stabilimento di Catania, rimanendo ferma nella sola produzione di un antibiotico. I sindacati chiedono da tempo di rinnovare impianti e produzioni. Sollecitazioni rimaste lettera morta. Monitoriamo attentamente la situazione e nel caso, oltre la Regione Siciliana così come previsto dalle norme, il Mise sarà pronto ad intervenire''. 

Un'altra battaglia contro un colosso, in cui in gioco non c'è soltanto il futuro di centinaia di lavoratori e delle loro famiglie, ma anche quello di una intera zona e di una parte della nostra economia. ''Un altro problema da non trascurare - ha concluso Coco - è quello legato alle conseguenze per un territorio già molto debole, per cui una struttura del genere è fondamentale. Se scompare uno dei pilastri della zona industriale di Catania viene a cadere un pezzo importante che coinvolge tutta l'area. Senza dimenticare il caso della Intel, poi finita in Piemonte. Con queste prospettive, nei prossimi anni rimarranno soltanto le piccole aziende e sarà difficile che qualcuno torni ad investire da queste parti quando ci sarà il deserto''.

Fonte: Today.it

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