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Cronaca

Prostitute trattate come schiave e costrette a vivere in abitazioni fatiscenti a San Cocimo: 9 arresti

L'attività investigativa è stata avviata nel giugno del 2020 a seguito di una denuncia sporta da due cittadine bulgare nei confronti di un'altra cittadina straniera per questioni riguardanti il pagamento del canone di locazione delle postazioni su strada

La squadra mobile di Catania ha arrestato 9 persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di tratta di persone, riduzione in schiavitù, nonché di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, aggravati, dalla transnazionalità.
L'attività investigativa, avviata nel giugno del 2020, è avvenuta a seguito di una denuncia sporta da due cittadine bulgare nei confronti di un'altra cittadina straniera per questioni riguardanti il pagamento del canone di locazione delle postazioni su strada, "joint" nei pressi di un bar nella zona della locale stazione ferroviaria, dove le denuncianti erano solite prostituirsi.

Il video dell'operazione

In manette sono finiti: Milanov Emil Ivanov, detto Emil, (classe '79); Milanova Milena, detta Miriam, (classe '90); Kozarova Maria, detta Zina, (classe '94), Corrado Massimo (classe '78), agli arresti domiciliari; Barbera Francesco (classe '71); Caruso Giuseppe (classe '76); Coco Alessandro Santo ( classe '90); Angelova Elena (classe '78); M.A. (classe '48), sottoposto all‟obbligo di dimora nel comune di Catania.

Le vittime di tratta, alcune delle quali reclutate in madrepatria al costo di circa 12.000 lev (moneta bulgara corrispondente a circa 6.129,82 euro), una volta in Italia, venivano collocate in abitazioni fatiscenti (nel quartiere San Cocimo), con pessime condizioni igieniche, private di ogni libertà ( anche dei documenti di identità) e sfamate con lo stretto necessario per farle sopravvivere (alle ragazze veniva dato non solo poco cibo, ma anche pietanze poco costose come ad esempio le patate), garantendo, in tal modo, al gruppo criminale un introito costante di circa 1.400 euro a settimana.

Il modus operandi degli aguzzini ha disvelato, altresì, che le vittime, definite dagli indagati letteralmente come “spazzatura” – bokluk in lingua bulgara, venivano costrette a prostituirsi parecchie ore ogni giorno (dalle 19:00 fino alle 04:30 circa), anche durante le restrizioni imposte dalla pandemia, con ogni condizione atmosferica, sottoposte a percosse e soprusi di ogni tipo ed al costante controllo di connazionali e/o di soggetti locali, assoldati dai promotori a tale scopo.

In tale ambito il gruppo criminale non ha risparmiato le continue vessazioni anche in pregiudizio di una ragazza particolarmente vulnerabile, in quanto affetta da un grave handicap, costretta a prostituirsi sotto il costante controllo dei componenti del sodalizio.
Quest‟ultima é stata individuata presso l‟abitazione del promotore del sodalizio, Milanov Emil, e, dopo averla liberat, è stata collocata in una struttura protetta per vittime di tratta. Dalle dichiarazioni rese dalla giovane é emerso un quadro drammatico in quanto la ragazza veniva maltrattata dall‟intero sodalizio, che, approfittando dell‟estrema vulnerabilità, dovuta alla sua condizione di donna, straniera e affetta da un grave e limitante handicap, la costringeva non solo a prostituirsi, ma anche a svolgere mansioni domestiche, cucinare, svegliandola in alcuni casi in piena notte e vessandola con violenze fisiche e verbali indescrivibili.

Sono stati sequestrati telefoni cellulari e denaro in contante. Nel corso delle indagini è stato, altresì, possibile dimostrare che l‟organizzazione criminale, capeggiata dalla coppia Milanov/Milanova, ha previsto una precisa assegnazioni di ruoli e compiti, attraverso il contributo e la collaborazione operativa di italiani e bulgari, con mansioni di controllo e di accompagnamento delle vittime sul luogo del meretricio.

Un altro soggetto, di origine bulgara, indagato per i medesimi reati e destinatario della misura cautelare in carcere, risulta al momento irreperibile ed é attivamente ricercato. L‟operazione é stata denominata “Bokluk” – spazzatura in lingua bulgara – perché gli indagati erano soliti apostrofare con tale espressione le donne sottoposte al loro dominio.

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