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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

Catania ricorda Salvatore Cannizzo: l'aula consiliare del sesto municipio intitolata alla sua memoria

Il soldato è deceduto a soli 36 anni dopo essersi speso per la Patria. Era venuto a contatto con le armi all'uranio impoverito e poi aveva contratto un tumore che l'ha stroncato

Verrà ricordato nel "suo" municipio di Librino e l'aula consiliare porterà il nome di Salvatore Cannizzo a futura memoria per ricordare un uomo morto per lo Stato e che era impegnato a 360 gradi nell'associazionismo, nel volontariato, nella politica.

Salvatore Cannizzo è venuto a mancare nel 2012 a soli 36 anni per un tumore al cervello e dopo lunghe sofferenze ma la sua storia è divenuta esempio per migliaia di militari che, come lui, si sono ammalati a seguito delle missioni all'estero dopo essere venuti a contatto con l'uranio impoverito. La lunga battaglia di Salvatore Cannizzo per il riconoscimento delle responsabilità dello Stato, che non avrebbe "protetto" adeguatamente i suoi servitori in Kosovo, non si è arrestata dopo la sua morte ma sta ancora proseguendo. Un punto fermo, però, c'è. L'unanime e affettuoso ricordo di una città che, adesso, per la prima volta gli tributa un riconoscimento ufficiale intitolandogli l'aula del consiglio del sesto municipio, lo stesso in cui Cannizzo era un esponente politico impegnato sul territorio.

La proposta per l'intitolazione è partita dal consigliere della municipalità Francesco Valenti che ha presentato una mozione: "Sulla spinta di una cara amica di Salvo Cannizzo, Paola Lo Re, ho inteso voler sollecitare un doveroso riconoscimento a un uomo che si è speso per le istituzioni. Tutto il consiglio della sesta municipalità ha aderito in maniera appassionata alla proposta e ha voluto tributare un doveroso ricordo a Salvo Cannizzo, un uomo impegnato politicamente sul territorio di Librino quando allora vi era la nona municipalità".

La cerimonia di intitolazione avverrà nella giornata di dopodomani mattina, sabato 27 febbraio, con la scopertura della targa nell'aula consiliare alla presenza della giunta comunale, del sindaco e di tutti i componenti del sesto municipio nonché dei famigliari di Salvatore Cannizzo. Il tutto nel rispetto delle norme anti contagio.

"Ricorderemo l'uomo, il consigliere, il soldato - dice ancora Valenti - e auspichiamo che l'iter giudiziario per il riconoscimento del danno subito da Salvo Cannizzo possa concludersi in maniera positiva".

La vicenda giudiziaria

Alla fine del 2019 una sentenza del tribunale di Catania aveva riconosciuto le responsabilità del Ministero della Difesa che avrebbe dovuto tutelare Cannizzo, e come lui centinaia di altri suoi commilitori, con protezioni adeguate dal rischio di contatto con l'uranio impoverito nelle missioni di pace in Kosovo. Responsabilità quantificate anche con un risarcimento in denaro per la famiglia, assistita dagli avvocati Sergio Consoli e Davide Preziosi.

Era stato appurato il nesso tra il tumore al cervello che aveva colpito il soldato e il contatto con l'uranio impoverito. Però il Ministero ha fatto appello e di conseguenza il risarcimento alla famiglia è stato sospeso in attesa di vedere come "finirà la partita" nel prossimo grado di giudizio. Eppure sono tantissimi i nostri militari deceduti o che si sono ammalati a seguito del contatto con l'uranio durante le missioni di pace compiute tra la fine degli anni '90 e i primi anni del 2000.

La storia

Cannizzo nel 1995 aveva deciso di arruolarsi e partire militare e da sergente della San Marco si era recato in Kosovo in missione di pace. Qui il contatto con l'uranio impoverito e nel 2006 l'insorgenza della patologia tumorale. 

Dopo un periodo trascorso a lavorare negli uffici del Ministero, lo porta alla pensione anticipata. Per la cifra di 800 euro al mese. L'ennesimo "affronto" che il militare aveva deciso di rendere pubblico, arrivandosi anche a incatenare dinanzi la sede di Catania della Regione Siciliana rivendicando il diritto di vedere riconosciuta la causa di servizio dal ministero della Difesa e un indennizzo per la malattia contratta.

"Come me ci sono altri 2000 militari – aveva dichiarato ai giornalisti – e più di 300 sono morti. Dei nove colleghi della mia squadra ben cinque si sono ammalati di patologie simili. Ma il ministero non riconosce nessun indennizzo, come fanno a dire che non è una causa di servizio?". Adesso la causa giudiziaria rimane aperta ma il suo ricordo, in città, adesso è finalmente tangibile.

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