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Martedì, 19 Marzo 2024
Sant'Agata

Le suore di clausura ed il canto di Sant'Agata: "E' un messaggio d'amore per Catania"

La quotidianità delle monache del monastero di San Benedetto è scandita dal canto della liturgia. Oltre alla mattina del 6 febbraio, sono molte le occasioni di confronto con il mondo esterno. Spesso è proprio la loro voce ad attirare chi è in cerca di sostegno. Nella fede, si tessono così vere storie di vita

Suor Maria Cecilia è una delle diciotto monache di clausura che rendono vivo il monastero di San Benedetto, in via Crociferi. Un edificio che, al mattino ed alla sera, "parla" alla città portandola, attraverso le note del canto liturgico, nel cuore della loro preghiera. Uno dei momenti più toccanti della processione di Sant'Agata le vede protagoniste davanti alla cancellata della chiesa di San Benedetto la mattina del 6 febbraio. La "cantata", seguita da un omaggio floreale e  preceduta da un momento di raccoglimento, è l'antifona del Magnificat in latino gregoriano, intonata in polifonia ed ascoltata in religioso silenzio da centinaia di fedeli con il sacco bianco. Stremati e con i segni della cera addosso, dopo una lunga notte al seguito della "vara" per il giro più lungo, che terminerà poco dopo con il rientro del fercolo in Cattedrale.

La chiesa di San Benedetto in via Crociferi

Cosa rappresenta per voi questo momento?

"Lo sentiamo nostro - spiega suor Maria Cecilia, durante il nostro lungo colloquio all'interno del parlatorio del monastero - perchè anche lei, come noi, era una vergine consacrata. Ha scelto di non rinnegare la sua fede, pur sapendo di andare incontro alla morte. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, però, la nostra vita è molto attiva ed il contatto con il mondo esterno non avviene solo il 6 febbraio. Siamo monache di clausura costituzionale. Non usciamo con frequenza, ma possiamo ricevere delle visite. E c'è molta interazione con il mondo esterno. Fino al 2013 gestivamo una scuola all'interno del complesso monastico. Da un paio di anni a questa parte, anche per sostenerci, abbiamo avviato un'attività museale con ingresso da via Teatro Greco. E' possibile visitare l'antico parlatorio ed una domus romana".

Come comunicate con il mondo esterno?

"Ci teniamo informate con i giornali ed il telegiornale e con un uso prudente dei social network. Ascoltiamo le gioie e le sofferenze del mondo e le portiamo nella nostra preghiera quotidianamente. Ci sono anche altri modi con cui veniamo in contatto con il mondo esteterno, uno di questi è prorio la nostra voce".

Ovvero?

"Molte persone ci contattano attraverso lettere o per telefono. Oppure venendo di presenza per affidarci le loro intenzioni. E' capitato anche che i visitatori del percorso museale, sentendoci cantare dal coro, abbiano lasciato dei bigliettini tra i banchi della chiesa, chiedendoci di pregare per loro. Una signora, ad esempio, voleva proprio essere sicura che il messaggio venisse recapitato ed ha depositato un foglio sulla sede del sacerdote, che poi lo ha dato a noi. Era in pena per una ragazza in procinto di abortire. Ci sono anche altri episodi legati al canto. Qualche anno fa un tossicodipendente è stato ritrovato in gravi condizioni nei pressi del nostro monastero. La persona che lo ha soccorso gli ha chiesto cosa stesse facendo, da solo, proprio qui. Lui ha risposto che trovava conforto dal sentire la nostra voce. Gli abbiamo fatto sapere che il suo nome è nei nostri pensieri e sappiamo che adesso ha avuto la forza di disintossicarsi, trovando un lavoro al Nord Italia. Un altro caso singolare riguarda due ragazzi del liceo classico Spedalieri. Hanno lasciato un loro recapito telefonico, chiedendo di poterci incontrare. Stentavano a crederci quando li abbiamo richiamati, invitandoli in parlatorio. Ne è nata una bella amicizia, che ha coinvolto anche la preside del loro istituto e l'intera classe. Siamo riusciti ad incontrarci anche online, dato che si era ancora in tempo di Pandemia".

Ci sono anche percorsi di cambiamento che durano anni...

"Tra le persone con cui siamo in contatto ci sono anche diversi detenuti. Uno di loro negli ultimi 13 anni ci ha inviato  oltre 150 lettere. Per lui, come per noi, la scrittura è terapeutica. E' cresciuto in un quartiere difficile di Catania, commettendo dei gravi sbagli, che pagherà per il resto della sua vita. Ma ha incontrato Dio. La sua redenzione è iniziata nel momento in cui ha chiesto un aiuto spirituale. Ci ha detto che abbiamo una cosa in comune. Lui si trova dietro le sbarre della cella, ed ha ammesso di averlo meritato: noi, invece, siamo dietro le grate per nostra libera scelta. Quella che a molti potrebbe sembrare una restrizione, è invece un dono, un'opportunità".

Il perdono cristiano non si nega a nessuno

"Esatto. Ma c'è sicuramente bisogno di un lungo percorso interiore per arrivare alla conversione, alla consapevolezza dei propri sbagli".

Quando e perchè ha scelto di diventare suora di clausura?

"Stavo per finire il liceo classico nella mia città, Adrano. Alla soglia della maturità, mi chiedevo cosa sarebbe stato della mia vita. Nel considerare degli specifici indirizzi di studi e gli sbocchi lavorativi, con mia sorpresa ha preso il via un cammino di discernimento vocazionale. Dopo la laurea in Filosofia, a 24 anni, ho capito che il mio posto era qui. Ho apprezzato innanzitutto il silenzio che custodiscono queste mura. Non è certo una scelta facile, ma c'è chi ci prova. Dopo una fase preliminare, si può proseguire con il noviziato. Infine ci sono i voti, la scelta definitiva".

E non si è mai pentita?

"Non è un' ipotesi che mi ha mai sfiorato. Il Signore riempie la mia vita. Tra faccende domestiche, preghiere ed altre attività, qui non si sta mai con le mani in mano. Il tempo è valorizzato come un dono, da mettere a servizio della comunità e degli altri. Tra le esperienze più forti ci sono i mesi che ho passato in Messico, terra meravigliosa e piena di contrasti, ancor più intrisa di fede e gioia". 

Cosa vede negli occhi dei fedeli agatini?

"Molti di loro si commuovono mentre cantiamo. C'è chi fa notare che non tutti hanno una condotta di vita in linea con i valori della cristianità, ma ricordiamoci che Dio e la nostra Patrona sono esempi di perdono. E se una persona si sente amata, pur sbagliando, è in tempo per cambiare la propria vita. Con il nostro canto noi prestiamo la voce a Sant'Agata, facendo risuonare il suo messaggio d'amore per l'intera città".

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