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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Scaffali vuoti nei supermercati per il blocco dei tir?

Caro benzina e non solo: per le imprese che muovono le merci su strada in tutta Italia (l'80 per cento dei prodotti viaggia sui tir) la situazione si sta facendo "insostenibile". Blocchi spontanei e trattative tra associazioni e governo. Se si ferma la logistica il rischio è non avere merci a sufficienza per la grande distribuzione

Per adesso il fermo nazionale dell’autotrasporto, che era stato minacciato da Unatras in caso di esito negativo del confronto, non è stato proclamato. Continuano a trattare governo e maggiori associazioni dell’autotrasporto italiane: chiedono tanto per iniziare crediti d'imposta. Per le imprese che muovono le merci su gomma in tutta Italia (e l'80 per cento della merce viaggia sui tir) la situazione si sta facendo "insostenibile". La mazzata degli extra costi del carburante (il gasolio per autotrazione, che ha raggiunto i 2 euro al litro e Gnl (gas naturale liquefatto) per i veicoli più moderni) rischia di non essere assorbita.

"Senza aiuti non possiamo andare avanti"

"Senza aiuti non possiamo andare avanti" dicono le imprese dell’autotrasporto. Ci sono stati alcuni blocchi spontanei nel Lazio, in Sicilia, in Molise e in Puglia. Solo un assaggio di quel che potrebbe succedere, perché il costo dei carburanti continuerà a salire ancora e se si ferma la logistica si rischia di non avere merci a sufficienza nei supermercati. Altro rischio è la carenza di materie prime e semilavorati nelle industrie di trasformazione. Non si può escludere che nelle prossime ore la protesta dilaghi anche in altre regioni. Le piccole e medie imprese sono al collasso. I costi per l’approvvigionamento di carburante rappresentano il 30% dei costi totali di gestione; ci sono realtà che rischiano di non poter andare avanti con prezzi così elevati.

Italmopa, l’associazione industriali mugnai d’Italia, non delinea uno scenario incoraggiante: le proteste nell’autotrasporto starebbero seriamente minacciando l’operatività delle filiere nazionali di pasta e pane. Secondo Emilio Ferrari, presidente di Italmopa, "le iniziative degli autotrasportatori stanno determinando il fermo produttivo di numerosi impianti molitori che operano nelle regioni in cui è attiva la protesta. Regioni peraltro particolarmente significative, a livello nazionale, nella produzione sia di frumento duro, sia di semole di frumento duro destinate alla produzione di un prodotto simbolo della nostra dieta quotidiana: la pasta".

La situazione è particoalrmente critica in Sicilia. "Con il perdurare del blocco degli autotrasporti l’economia agricola di un vastissimo comprensorio rischia il collasso. Pur condividendo le preoccupazioni e le ragioni degli autotrasportatori, strozzati come noi dal caro energia, dobbiamo evitare che al danno dell’aumento spropositato delle tariffe energetiche si aggiunga la beffa della perdita di ingenti quantitativi di frutta e verdura già pronta per essere immessa sui mercati italiani ed esteri". Lo affermano, in una lettera spedita stamani al prefetto di Catania, i rappresentanti provinciali delle organizzazioni di categoria Cia, Confagricoltura, Consorzio Arancia Rossa di Sicilia IGP, Fruitimprese. “Riteniamo che la risposta all’aumento dei costi per il trasporto e per la produzione non è il blocco totale dell’economia che rischia di affossare l’intero comparto agricolo siciliano a tutto vantaggio dei nostri competitor italiani ed europei. Per questo motivo chiediamo un gesto di buonsenso agli autotrasportatori e una mediazione che porti allo sblocco della situazione in tempi brevi – si legge nella missiva -. Non possiamo permetterci di far marcire tonnellate di merce coltivata a costo di grandi sacrifici e non possiamo sostenere altri costi che darebbero un colpo mortale alle aziende agricole siciliane”.

Il Sole 24 Ore oggi dà spazio agli industriali che sollecitano un intervento urgente dei ministri e delle amministrazioni competenti per superare una situazione particolarmente delicata "non solo per il settore molitorio ma per l’intera economia italiana". Non è solo colpa dei carburanti alle stelle, sia chiaro. Il rincaro dei carburanti è la goccia che potrebbe far traboccare il vaso, in un comparto già in crisi per la carenza di conducenti (ne mancherebbero almeno 20mila, secondo le ultime stime). Le imprese di trasporto merci e persone lamentano da tempo la mancanza di conducenti e sono stati di recente introdotte agevolazioni per permettere ai giovani di prendere gratis la patente per i mezzi pesanti. Fino a oggi i costi dovuti per conseguire la patente di guida E oscillavano tra i 6 e i 7.000 euro, con tempi che vanno tra i 10 mesi e un anno. Poi c'è la carta di qualificazione del conducente (Cqc) ormai obbligatoria per quasi tutti gli autisti.

Perché mancano autotrasportatori

Il problema della carenza di autotrasportatori, denunciato da mesi da tutte le associazioni datoriali del settore, "è riconducibile al peggioramento della qualità della vita lavorativa, della salute e sicurezza sul lavoro e delle retribuzioni": lo spiegava lo scorso anno il segretario nazionale della Filt-Cgil, Michele De Rose, ricordando "i recenti incidenti sul lavoro che hanno coinvolto autotrasportatori". Negli ultimi anni è cambiato il modo di lavorare nell'autotrasporto, soprattutto per quanto riguarda ritmi e tempi di lavoro "sempre più intensi e dilatati oltre misura". Allo stesso tempo c'è una carenza di infrastrutture dedicate al ristoro e al riposo dell'autotrasportatore lungo la rete viaria. "Inoltre - proseguiva - i troppi incidenti stradali, spesso mortali anche con il coinvolgimento di altri utenti della strada, necessitano norme sulla salute e della sicurezza".

Per quanto riguarda le retribuzioni "serve un maggiore riconoscimento economico basato sulla qualità e quantità dell'attività svolta, considerando i lunghi viaggi, le trasferte all'estero e i tempi di attesa per carico e scarico merci che incidono sull'orario" aggiungeva De Rose. Non sorprende che non ci sia la fila per fare un lavoro pericoloso, usurante, con tempi di consegna ridotti all'osso, con stipendi non particolarmente invitanti. Anita suggeriva di "allargare i flussi migratori per questa categorie di lavoratori", quindi più autisti dall’estero. Un appello senza esito.

Sui forum online di settore e sulle pagine Facebook dei camionisti il tema della carenza di guidatori è un argomento che torna spesso, a prescindere dal caro benzina che mette ora a rischio il settore. Il motivo primo è lo stipendio. In base al contratto nazionale di lavoro 1.750 euro mensili, con indennità di trasferta in base alle fasce orarie: 21 euro, 33 euro, 41 euro a seconda delle ore. Spesso non vengono pagate i dovuti (in teoria) bonus per il lavoro notturno, o almeno accade solo in determinate aziende e per determinati contratti. I Cobas denunciano da anni come l’articolo 11 bis del contratto nazionale di lavoro prevede una deroga alle 39 ore di lavoro a settimana e le aumenta fino a 47. Una interrogazione parlamentare depositata cinque anni fa che chiedeva all'esecutivo dell'epoca un chiarimento, per capire se la deroga fosse legale, è rimasta senza risposta.

Ma poi c'è anche altro, purtroppo: aziende che applicano un contratto multiservizi, tachigrafi manipolati e altri abissi di indecenza, come gli autisti controllati con Gps per eventuali pause "troppo lunghe": era emerso anche questo da un'indagine in Liguria qualche tempo fa.

Fonte: Today.it

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