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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Covid, in Sicilia aumenta l'incidenza del virus e nel Catanese si moltiplicano i contagi

L'Italia rimane tutta in zona bianca, nonostante la lieve risalita dei contagi, almeno per altre due settimane. La nostra Regione sotto osservazione per l'innalzamento della curva. Per lo stato di emergenza decisione intorno alla metà di dicembre: Draghi sarebbe scettico su una proroga

Al momento nessuna regione supera le soglie del 15% per l'area medica e del 10% per le terapie intensive fissate dal governo per il passaggio in zona gialla, ma alcune sono da tenere sotto controllo. L'Italia rimane tutta in zona bianca, nonostante la risalita autunnale dei contagi. Che cosa succederà negli ultimi 50 giorni del 2021? E per il 2022, saremo ancora in stato di emergenza? Procediamo con ordine.

Zona gialla: le Regioni che rischiano di più

Ma ci sono alcune regioni che hanno parametri alti e, se la curva epidemiologica continuerà a risalire, il rischio è che cambino fascia prima di Natale. Va ricordato che il passaggio dalla zona bianca a quella gialla avviene sulla base di tre parametri: l’incidenza settimanale di nuovi positivi deve superare i 50 casi ogni 100mila abitanti, il tasso di occupazione in area medica deve essere oltre il 15%, il tasso di occupazione in terapia intensiva deve essere oltre il 10% 

Sono 4 al momento i territori su cui si concentra l'attenzione. In Friuli-Venezia Giulia l’incidenza dei nuovi casi è pari a 156,85 e l’occupazione dei posti in terapia intensiva è 10%. La situazione nei reparti ordinari rimane abbondantemente sotto la soglia critica perché è al 9% ma l’attenzione rimane comunque alta

Preoccupa la provincia autonoma di Bolzano dove ci sono 216,09 casi settimanali e l’occupazione in area medica è all’11% anche se è confortante il dato delle terapie intensive che è 4% In Calabria c'è un’incidenza di 54,59, posti occupati per il 12% (è l'annoso problema dei pochi posti letto disponibili negli ospedali) e terapie intensive al 5%. Su i casi nel Lazio che ha registrato un’incidenza settimanale di 72,5, ma la situazione dei ricoveri è sotto controllo perché nei reparti c’è un’occupazione pari all'8% e in terapia intensiva è al 6%

Per quel che riguarda l'incidenza, sono 13 le regioni che hanno superato i 50 casi settimanali: Abruzzo (57,96), Calabria (54,59%), Campania (71,99), Emilia Romagna (67,99), Friuli Venezia Giulia (156,85), Lazio (72,5), Marche (63,93), provincia autonoma di Bolzano (216,09), provincia autonoma di Trento (70,59), Sicilia (52,78), Toscana (61,8), Umbria (59,3), Veneto (91,94). In dieci città e province i contagi si stanno quotidianamente moltiplicando. Si tratta di: Bolzano, Gorizia, Trieste, Padova, Forlì-Cesena, La Spezia, Siena, Rieti, Catania e Siracusa.

La zona gialla non è uno scenario immediato

Nessuna regione rischia la zona gialla dalla fine di questa settimana. Sono infatti i dati del martedì, di domani, per quel che riguarda i ricoveri (nei reparti ordinari e intensivi) e il dato dell'incidenza del giovedì quelli che poi vengono elaborati e utilizzati per il monitoraggio dell'Iss ogni venerdì. E' così che in tutti questi mesi si è proceduto (tranne che in una settimana).

Nell'immediato quindi nessuna restrizione in arrivo. Il monitoraggio dell'Istituto superiore di sanità del venerdì, che poi decide in cabina di regia quali Regioni cambiano colore dal lunedì successivo, guarda sempre i dati del martedì precedente e, a meno di un livello di incidenza al limite tra due colori (non è il caso di questa settimana), non servono particolari poteri divinatori per sapere cosa accadrà, almeno per la prossima settimana.

Ma se il trend in aumento non si arresterà, è possibile che intorno alla fine di novembre-inizio di dicembre alcune Regioni si troveranno in una situazione scomoda. "Le regole di cui disponiamo funzionano" ha spiegato la scorsa settimana il ministro della Salute nel corso di una conferenza stampa organizzata per fare il punto sulla prosecuzione della campagna vaccinale. "L'Italia è tutta bianca e il cambio di colore avviene sulla base dell'occupazione dei posti in terapia intensiva e in area medica. In questo preciso momento nessuna Regione ha le condizioni per uscire dall'area bianca". Se poi "il quadro dovesse complicarsi ulteriormente", ha aggiunto Speranza, "noi abbiamo già delle norme che dovrebbero soltanto essere applicate". 

Il picco tra gennaio e febbraio secondo Ricciardi

"Se non ampliamo il numero di vaccinati con la prima dose e se non somministriamo rapidamente la terza avremo una risalita forte, più di quella che vediamo ora. Avverrà presumibilmente tra gennaio e febbraio. Di sicuro però la mortalità sarà più ridotta di quella delle prime grandi ondate proprio grazie ai vaccini, che comunque un po' proteggeranno". Parola di Walter Ricciardi, consulente scientifico del ministro della Salute, che ieri intervistato da Repubblica tracciava scenari. Secondo l'esperto sarà necessario vaccinare i bambini e bisognerà convincere i genitori "spiegando loro che i vaccini sono sicuri e protettivi e che il rischio di contrarre l'infezione e di ammalarsi resta altissimo. D'altra parte la stragrande maggioranza dei vaccini viene somministrata proprio in età pediatrica".

In realtà nella settimana appena trascorsa, 1-7 novembre 2021, continuano a salire i contagi da Covid-19 in Italia, ma la curva rallenta rispetto alle settimane precedenti. Da quanto emerge dall'analisi dei numeri nei bollettini quotidiani forniti da Ministero della Salute e Istituto superiore di Sanità, tra 1 e 7 novembre scorsi sono stati in totale 36095 i casi di nuovi contagi in Italia: +17,22% rispetto ai 30792 della settimana precedente. Una crescita comunque in calo, anzi quasi dimezzata, visto che la settimana 25-31 ottobre aveva visto un aumento del 32,13% sul 18-24 ottobre (30792 vs 23305), che a sua volta aveva segnato un +32,4% sulla settimana 11-17 ottobre (23305 vs 17602).

Stato di emergenza: cosa succede nel 2022

Solo intorno alla metà di dicembre il governo deciderà come procedere sulla eventuale proroga dello stato di emergenza nel 2022. Lo stato di emergenza, in scadenza il 31 dicembre, si prolunga ormai dalla fine di gennaio del 2020, quando fu introdotto dall'allora premier Giuseppe Conte. La struttura commissariale di Figliuolo, che opera in deroga a svariate regole, esiste proprio grazie allo stato di emergenza. Senza di esso, il decreto che ne regola il funzionamento non ci sarebbe più, con possibili conseguenze sull'organizzazione della campagna vaccinale. Ma, come vi abbiamo spiegato più volte,  la legge che lo istituisce permette la durata per un periodo massimo di due anni. La proroga è possibile ancora per un mese, dopodiché il governo sarebbe costretto ad una forzatura istituzionale, ovvero cambiare la legge.

Il ministro della Salute Roberto Speranza ha detto la scorsa settimana di essere favorevole a uno stato di emergenza "rinnovato" se i numeri lo consiglieranno, e come racconta la Stampa ha il sostegno del Pd. Enrico Letta con un tweet si è schierato dalla sua parte. "Se necessario il governo proporrà la proroga. E noi saremo dalla sua parte".

Ma Mario Draghi sarebbe molto, molto più cauto: "Far digerire una modifica della legge istitutiva della protezione civile non sarebbe facile né con la Lega, né con Forza Italia. A Palazzo sottolineano che questo è il problema minore: così come il premier si è mostrato inflessibile sull'introduzione del Green Pass, farebbe altrettanto con la proroga. Il punto è che Draghi non è convinto sia realmente necessario", ragiona il quotidiano. Il bollettino di ieri parla di 5.822 positivi, 26 vittime, 3.215 ricoverati con sintomi, 398 in terapia intensiva in tutta Italia. Dodici mesi fa i ricoverati erano otto volte di più. Per terze dosi e vaccini a nuove fasce di età, questo il ragionamento che si fa strada, non sono necessari grandi hub vaccinali, né l'impegno massiccio di esercito e protezione civile: "Una delle ipotesi mediane, già valutata dal sottosegretario Roberto Garofoli la scorsa primavera, è quella di introdurre norme ad hoc che salvaguardino la struttura". Possibile quindi l'addio a uno strumento da molti giudicato non più aderente a un contesto ormai molto diverso rispetto ai primi terribili mesi del 2020.

Green Pass, solo 900 multe in tutta Italia

Il Green Pass resta al momento l'unica vera restrizione.Dal 15 ottobre (data dell’entrata in vigore dell’obbligo della certificazione verde anche nei luoghi di lavoro) sono state solo 668 le sanzioni affibbiate a singoli cittadini e ancora meno, 234, quelle a titolari di esercizi commerciali o attività. Il tutto, scrive oggi Repubblica, a fronte di circa un milione e mezzo di controlli operati dalle forze di polizia. Per il resto il meccanismo di sanzione previsto dalla legge "è talmente vago e farraginoso che difficilmente chi viene beccato senza Green Pass sul luogo di lavoro o in un qualsiasi luogo dove è richiesto riceverà effettivamente la sanzione. A firmarla e a valutarne l’entità infatti è il prefetto al quale dovrebbe arrivare la denuncia del datore del lavoro, di un ispettore della Asl o del lavoro, persino di un singolo cittadino. E che poi, come per qualsiasi sanzione amministrativa, ha tre mesi di tempo per notificarla".

Sempre più rari secondo il quotidiano romano i blitz delle forze dell’ordine nei luoghi di lavoro e nei locali, "come raccontano i numeri ma anche come appare sempre più evidente dal sempre maggior numero di titolari di attività che lasciano entrare i clienti senza più verificare il possesso del Green Pass o accontentandosi tutt’al più di chiedere se lo si ha o meno".

Fonte: Today.it

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