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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Armi nascoste, droga "di qualità" e debiti da saldare: l'organizzazione di due gruppi catanesi in affari con i calabresi

L'operazione "Blanco", che prende il nome dal paese di Bianco, nella locride, conferma come le fonti di approvvigionamento di cocaina e marijuana siano spesso canali calabresi. Era così per entrambi i due gruppi monitorati dalla polizia a partire dal 2018, in seguito al tentato omicidio di Anthony Scalia ed al ferimento di Giuseppe La Placa "u sfregiatu"

L'operazione "Blanco", che prende il nome dal paese di Bianco, nella locride, conferma come le fonti di approvvigionamento di cocaina e marijuana siano spesso canali calabresi. Era così per entrambi i due gruppi monitorati dalla polizia a partire dal 2018, in seguito al tentato omicidio di Anthony Scalia ed al ferimento di Giuseppe La Placa "u sfregiatu", appartenente al clan Cappello-Bonaccorsi ed ex membro dei Cursoti. Le indagini hanno permesso di cristallizzare il modus operandi di due organizzazioni separate, il cui comune denominatore era l'interesse verso droga ed armi provenienti dallo Stivale.

I nomi degli arrestati

Fiumi di cocaina dalla Calabria alla Sicilia

La prima "squadra" operava a San Giovanni Galermo e trafficava in cocaina. Al vertice c'erano i pregiudicati catanesi Lorenzo Michele Schillaci e Michele Fontanarosa, i quali facevano riferimento per i loro traffici al calabrese Giovanni Minnici, attivo nella zona della locride. Nel tempo sarebbero riusciti a mettere in piedi un sistema di approvvigionamento di coca con spedizioni settimanali effettuate tramite corrieri che viaggiavano a bordo di furgoni isotermici ed auto opportunamente modificate, con doppifondi, ruote piene di polvere bianca o sistemi particolarmente complessi con apertura a calamita. Il carico veniva poi stoccato a Mascalucia ed impiegato per rifornire diverse piazze di spaccio all'ingrosso. Tra queste la famosissima via Capo Passero. La polizia ha monitorato i movimenti dei "galoppini", sequestrando 21 chili di cocaina in poco meno di sei mesi. Altri membri dell'organizzazione, imputati a vario titolo in questo procedimento, erano: Francesco Minnici, Michele Cosentino, Salvatore Curto, Vincenzo Curto, Maria Francesca D'Agostino, Bruno D'Agostino, Andrea La Delfa, Francesco Falduto, Giuseppe Fontanarosa, Salvatore Gullumi, Maryna Kvak, Mykola Kvak, Giovanni Sentina, Giuseppe Viola, Angelo Cristofaro Fuselli, Salvatore Carlino e Domenico Schillaci. La casa di quest'utlimo, a Mascalucia, sarebbe stata usata come base per ospitare i carichi di cocaina, chiamata sempre con nomi in codice. "Sono in queste zone per una partita di agnelli", diceva Giovanni Minnici, intermediario calabrese, intercettato mentre si trova a Canicattì, in provincia di Agrigento, per incontrare Salvatore Curto. Nei fatti, secondo gli inquirenti avrebbe consegnato una partita di coca tramite Maryna Kvak, fatta recapitare agli inizi di febbraio dello scorso anno a Michele Fontanarosa, prendendo il "solito caffè" a casa di Schillaci.

Marijuana di qualità coltivata con le lampade

Il secondo gruppo era invece attivo a San Berillo Nuovo ed aveva al vertice Francesco Ieni, membro storico del clan Pillera-Puntina. Il suo punto di riferimento in terra calabra era Alessandro Robortella. Secondo quanto emerge dalle intercettazioni, la marijuana che acquistavano i catanesi era di qualità particolarmente pregiata e poteva essere, a grandi linee, di due tipi. Coltivata "indoor" con delle lampade apposite piazzate in serre e perfino in interi appartamenti presi in affitto, o fatta crescere "al sole", in pieno campo. La si acquistava ad un prezzo variabile dai 1700 ai 2800 euro al chilo, rivendendola con ingenti profitti ai grossisti locali. "Deve essere il top", diceva in una conversazione telefonica del 2018 Francesco Ieni al suo fornitore calabrese Alessandro Robortella, che lo rassicurava sulla bontà della droga. "Se trovo una cosa buona, che vale la pena, vi dico partite, non ho avuto problema, dopo...Vi portate il 'materiale'. Se è una cosa che non mi convince, vi dico anche 'vedi che non mi convince', se riesci a mandare un ragazzo a Villa o Messina [...]. Devo passare io a piedi, con una donna e gliela faccio vedere, o sennò se lui vuole ci vediamo in un bar e ci prendiamo un caffè. Te la porti, te la vedi e poi vediamo se è una cosa che sono con i dubbi...!".

Le armi da guerra ed il ruolo chiave del "broker" calabrese

Sempre Ieni e Robortella parlavano anche di armi pesanti. "Ce la fai a procurarmi un Uzi?", chiedeva il primo. "Glielo devo domandare, quella piccolina?", rispondeva il secondo, facendo intendere di aver un canale privilegiato anche per questa merce scottante, che affermava di aver già trattato in passato. Anche il trasporto non sarebbe stato un problema. "Se sei davvero interessato, proprio al cento per cento, per questo si prende 5mila euro. Se li mette sopra, vieni, io la ti faccio parlare con un ragazzo che ha i fucili che ti interessano. Ha pistole, fucili, mitragliette. Se ti serve il corriere, lo troviamo il corriere...". Dopo il ferimento a colpi d'arma da fuoco di Anthony Scalia, avvenuto la sera del 30 settembre del 2018, gli agenti della squadra mobile effettuarono diversi rastrellamenti alla ricerca di droga e armi. In un parcheggio in via Della Bainsizza, a Catania, venne sequestrato un piccolo arsenale composto da una pistola semiautomatica calibro 44 Magnum con matricola abrasa provvista di caricatore rifornito con 6 cartucce dello stesso calibro, un revolver Smith Wesson calibro 357 Magnum e tamburo rifornito con 6 cartucce del medesimo calibro ed un giubbotto antiproiettile. Successivamente, in un loculo del camposanto, gli agenti della sezione antidroga hanno trovato un sacco utilizzato per il trasporto delle salme con dentro una pistola mitragliatrice con matricola abrasa, una pistola semiautomatica calibro 7.65 con matricola abrasa, una pistola semiautomatica Colt Super 38 Automatic, oltre a svariate munizioni di diverso calibro, anche da guerra. Non è stato ancora chiarito a cosa dovessero servire le armi, ma anche in questo contesto la potenza di fuoco dei gruppi di spaccio sembra essere direttamente proporzionale alla loro capacità di operare nel territorio catanese.

I "visitors" e la pistola nascosta in casa di Francesco Ieni

Lo stesso Francesco Ieni, all'epoca dei fatti detenuto ai domiciliari, teneva nascosta una pistola in casa. "Ieri sono saliti i 'visitors'", dice in una conversazione telefonica con Lorenzo Ferlito, "e mi sono cacato tutto, vita![...]In borghese, hanno suonato, verso le undici". A quel punto, dopo aver fatto riferimento all'arma, Ferlito gli consiglia di disfarsene, ma Ieni afferma di voler "mettere la cosa nelle mani" perchè a breve lo avrebbe raggiunto Salvatore Lombardo Junior, figlio del boss dei Cappello-Bonaccorsi Salvatore Giuseppe Lombardo "u ciuraru". Francesco Ieni si era infatti rivolto a lui per poter ottenere un prestito di 16mila euro e saldare il debito di 10mila contratto con il trafficante calabrese Alessandro Robortella, facendo in cambio entrare il ragazzo "nell'affare" mettendogli a disposizione il proprio canale di approvvigionamento di marijuana. La negoziazione avrà esito negativo, suscitando le ire di Ieni, che sarà costretto a rivolgersi ad altri suoi clienti per recuperare il denaro che gli serviva per azzerare i conti in sospeso.

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