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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

Violenza sulle donne e femminicidio, le vittime senza voce: in Sicilia sono 50 gli orfani "speciali"

Nel nostro Paese, dall'inizio dell'anno, ci sono stati 76 femminicidi. Sette in Sicilia. E ci sono gli "orfani speciali". Quei figli che perdono la madre, ma perdono anche il padre che finisce in carcere o si toglie la vita. A loro è dedicato il progetto "Respiro" che, a Catania, è supportato dal centro antiviolenza Thamaia

Nel nostro Paese, dall'inizio dell'anno, ci sono stati 76 femminicidi. Sette in Sicilia. L'80 per cento delle vittime sono connazionali e hanno un'età compresa tra i 41 e 50 anni. Ad uccidere sono stati prevalentemente i mariti, i compagni e i conviventi. E poi ci sono gli "orfani speciali". Quei figli che perdono la madre, ma perdono anche il padre che finisce in carcere o si toglie la vita. Quei figli sono vittime che dovranno fare i conti, per sempre, con la sensazione di rabbia, di solitudine, di incertezza. Sono dei sopravvissuti all'odio, alla violenza e, spenti i riflettori sulla loro tragedia familiare, si ritrovano soli. 

"Il nostro territorio ha un primato molto triste: in Sicilia abbiamo mappato oltre 50 orfani 'speciali' - spiega Anna Agosta, presidente del Centro Antiviolenza Thamaia, un luogo di donne per le donne che subiscono maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, stalking - Il femminicidio per chi resta comporta un trauma molto forte. E, ad oggi, purtroppo lo Stato non si assume la responsabilità di una presa in carico efficace degli orfani". 

E' stato, infatti, istituito un fondo, una sorta di "risarcimento del danno". Gli orfani di madri uccise in ambito domestico, o a seguito di violenze sessuali o di stalking, possono ottenere dallo Stato un contributo, che consiste in un assegno alle famiglie affidatarie, in borse di studio e contributi per l’inserimento al lavoro. Ma la procedura è molto complessa e scoraggia le famiglie. Sono, infatti, pochi coloro che ne fanno richiesta. E da qui il progetto "Respiro", selezionato da "Con i bambini" nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educata minorile, realizzato da Irene ’95 Cooperativa sociale in partenariato anche con il centro antiviolenza catanese Thamaia. 

"La finalità generale di 'Respiro' è raggiungere tutti gli orfani con un modello di intervento che tenda alla standardizzazione ma salvaguardi e promuova la prossimità e le relazioni personali, per rispondere ai tre obiettivi: realizzazione di interventi di presa in carico, formazione e inclusione socio-lavorativa degli orfani; sostegno delle famiglie affidatarie e dei caregiver; creazione e potenziamento della rete degli attori che a vario titolo si occupano degli orfani - spiega Agosta - Il nostro apporto ha dato un'impronta chiara al progetto: il femminicidio è l'apice della volenza di genere, dietro un femminicidio c'è sempre una storia di maltrattamenti. Non c'è alcun raptus. E, con questo progetto, mettiamo in campo azioni a tutto tondo per aiutare queste vittime che, dopo l'omicidio della madre, rimangono per molto tempo senza voce". 

Le ore successive ad un caso di femminicidio pongono l'attenzione sul colpevole, sulle dinamiche familiari. Si cerca di capire, ci sono i processi. Ma, cala il silenzio sulle altre vittime. Quelli che restano continuano a non avere voce. Ad essere dimenticati e rimangono soli a portare il loro dramma interiore. "Quando si verifica un caso di femminicidio, già nelle prime fasi, l'equipe di emergenza entra in contatto con l'orfano e la famiglia per dare un supporto immediato. Il progetto 'Respiro' permette alle organizzazioni che ne fanno parte, di rintracciare anche gli orfani di femminicidi passati e prendere loro in carico per un reinserimento sociale. Questi orfani, infatti, non hanno le risorse economiche per vivere nelle maniere adeguate. Una volta rintracciato il caso attraverso la stampa, prendiamo contatti con il territorio e con i centri di violenza, proponendo un intervento a 360 gradi. Si tratta, quindi, di una presa in carico psicologica, di un sostegno scolastico e anche supporto legale per accedere al fondo per orfani". 

E domani è il 25 novembre. Siamo qui a ricordare la drammatica attualità della violenza sulle donne che, spesso, sfocia nel femminicidio.  Eventi e commemorazioni, sensibilizzano ma non fermano le mani violente. Cosa è cambiato rispetto al 25 novembre 2021?

"Non è cambito nulla o quasi nulla - risponde Agosta - Il nostro centro antiviolenza continua a non essere stabilmente finanziato, il sistema antiviolenza italiano viaggia a velocità diverse in base alle regioni. Ci sono regioni che hanno stabilmente nei bilanci un capItolo di spesa dedicato alla violenza. Cosa che non esiste in Sicilia e a Catania. Noi abbiamo una battaglia in corso, vogliamo un riconoscimento come ha imposto la convenzione di Instanbul che chiede alle istituzioni territoriali di mettere in campo politiche a sostegno di queste organizzazioni. Il centro Thamaia vive di progettazione specifica, è indipendente, porta sul territorio progetti innovativi come il progetto 'Respiro' e rappresenta un punto di riferimento stabile. Ma viviamo con difficoltà perchè non possiamo garantire stabilità alle nostre operatrici: questo ci fa vivere in una condizione di precarietà. Nonostante ciò, rusciamo a garantire un servizio indispensabile".

"Ogni anno accogliamo circa 250 nuove donne, ricevendo anche tante segnalazioni da terzi, operatori, amici, parenti che segnalano episodi di violenze. Riusciamo a dare un appuntamento a quasi un mese ed è un problema perchè le urgenze sono tante e vorremmo potenziare il nostro orario di lavoro in modo da dare accesso al nostro centro antiviolenza a quante più donne possibili - aggiunge il presidente di Thamaia - Al di là della retorica del 25 novembre che chiama ad accendere l'attenzione su questo tema, noi ogni anno cerchiamo di richiamare la responsabilità delle istituzioni al di là delle celebrazioni. A parole siamo tutti contro la violenza maschile sulle donne ma c'è tanto da fare nei fatti. Bisogna superare quegli stereotipi di genere che sono alla base della violenza sulle donne". "Quello che noi proponiamo - conclude - è un cambiamento culturale: la violenza è un fenomeno sistemico strutturale e proprio perchè attuale va contrastato con attività sistemiche e strutturali".

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