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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Violenza sessuale di gruppo, la sentenza che fa discutere

La Corte Costituzionale ha bocciato l'art. 275 del codice di procedura penale, abolendo l'obbligo di ricorrere alla detenzione cautelativa nei casi di violenza sessuale di gruppo. L'avvocato Piazza, presidente del centro antiviolenza Thamaia di Catania, ha rilasciato una dichiarazione in merito alla recente sentenza

I femminicidi e la violenza sulle donne sono tra le emergenze sociali più importanti e tristemente attuali del nostro Paese. Quest’ultima può assumere diverse forme quali lo stalking, gli abusi sessuali tra le mura domestiche, fino alla violenza sessuale di gruppo.

Finora era stato l’articolo 275 del codice di procedura penale a stabilire per i colpevoli di violenza sessuale di gruppo il carcere cautelativo.  Con la sentenza 232, depositata il 23 luglio 2013 dalla Corte Costituzionale, la detenzione cautelativa può essere evitata, qualora il giudice ritenesse opportune altre misure. 

E’ stato il Tribunale del Riesame di Salerno a puntare i riflettori e l’attenzione dei legislatori italiani ancora una volta sull’articolo 275. Tre anni fa, infatti, la Corte fu chiamata a esprimersi sempre su un episodio di violenza sessuale. Secondo la ricostruzione della Consulta quattro uomini furono accusati di violenza di gruppo: tre di loro come spettatori e istigatori, e uno, il fidanzato della vittima, come vero esecutore della violenza. Il giudice dispose per tre degli indagati gli arresti domiciliari e per uno di loro la carcerazione . Successivamente la Cassazione annullò la sentenza con rinvio l’ordinanza del Riesame. Evento che ha portato poi a dibattere dell’articolo 275 e della sua legittimità in Consulta.

Mentre l’opinione pubblica e politica si divide tra colpevolisti e garantisti, l’avvocato Loredana Piazza, presidente del centro antiviolenza Thamaia di Catania, ci fornisce la sua opinione in merito, aiutandoci nell’interpretazione di questa sentenza:

"Il mio parere, da presidente di Thamaia e da avvocato penalista, è che non ci sia nulla di strano in questa sentenza. Viviamo in un ordinamento democratico e garantista dove, per fortuna, essere accusato non vuol dire essere colpevole. Ogni individuo accusato di aver commesso un reato, non può subire alcuna pena se non viene condannato in via definitiva. Nell'attesa di questa condanna definitiva, l'indagato può essere sottoposto a misura cautelare in carcere solo in extrema ratio, ovvero laddove le altre misure non siano adeguate, e se ricorrono alcune precise condizioni. Questo vale per tutti i reati, unica eccezione i reati di mafia, per i quali il pericolo di inquinamento probatorio o di fuga sono concreti. E perciò vale anche per i reati di violenza sessuale. La Corte non ha fatto altro che ribadire un principio basilare del nostro ordinamento, dopo la pronuncia del 2012 della Cassazione e la legge del 2009 che invece, in maniera anticostituzionale, aveva introdotto l'obbligo del carcere per questi reati".

"Attenzione, ciò non vuol dire che non si possa applicare la misura del carcere per gli accusati di violenza sessuale - continua l'avvocato Piazza - ancor più se di gruppo. Ci sarà una valutazione caso per caso fatta dalla magistratura e, ove necessario, verrà applicata la misura della custodia cautelare in carcere. Ricordo, inoltre, che parliamo di misura cautelare e non di pena da scontare a seguito di condanna definitiva".

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