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Giovedì, 25 Aprile 2024
Economia Giarre

Covid e crisi economica, la pasticceria "Duci e Salatu" di Giarre chiude per evitare il fallimento

Con una spesa per la sola fornitura di energia elettrica di circa 3mila euro al mese, la pasticceria giarrese ha scelto di chiudere a tempo indeterminato: i costi non sono sostenibili

Le restrizioni causate dall’emergenza Covid 19 continuano a produrre effetti negativi sull’economia dei centri etnei. Una nuova attività, il bar pasticceria ‘Duci e Salatu’ di Giarre, ha chiuso i battenti a tempo indeterminato. A lanciare l’allarme è Diego Bonaccorso, presidente dell’Unione Libera Artigiani giarrese. “Esprimo la mia solidarietà al titolare dell’attività ed ai dipendenti colpiti dalla crisi – dichiara Bonaccorso – Lottiamo da mesi affinché questi ristori, che dovrebbero essere in realtà indennizzi, siano più cospicui. Finora sono stati del tutto insufficienti, in particolare in alcuni settori come ristoranti, palestre e tante altre, a coprire le spese e le gravi perdite. Noi naturalmente continueremo a lottare, finché il Governo e la Regione non aiuteranno questi comparti che sono in ginocchio. Mi auguro che anche i comuni scendano in campo al nostro fianco in difesa delle attività delle proprie città, perché si rischia il completo impoverimento del tessuto economico e produttivo. Stiamo vivendo una crisi spaventosa – conclude il presidente dell’Ula Claai - ed abbiamo bisogno di tornare il prima possibile ad una normalità lavorativa, anche per recuperare fiducia e speranza nel futuro”.

La chiusura è stata una scelta inevitabile per i titolari dell’attività, che negli ultimi mesi hanno tentato strenuamente di resistere. “L’emergenza dura ormai da quasi un anno e non ce la facciamo più – spiega con amarezza l’imprenditore Andrea Rizzo – I ristori ricevuti fino ad oggi sono davvero irrisori rispetto ai costi di mantenimento e di gestione di un’attività. Nella prima fase sono arrivati due bonifici di 600 euro. Oggi è arrivato qualcosa di più sostanzioso ma – prosegue - siamo nell’ordine dei 10mila euro complessivi dall’inizio dell’emergenza. Se considera che una nostra bolletta dell’energia elettrica in media sfiora i 3000 euro al mese capisce che non è possibile per noi continuare. Per questo abbiamo deciso di chiudere e di cercare di salvare l’azienda, prima che sia troppo tardi. Ci troviamo in una situazione davvero difficile. Chiudiamo a tempo indeterminato. Riapriremo quando non ci saranno più le limitazioni a zone e sarà possibile tornare più o meno alla normalità”.

Drammatiche le ricadute occupazionali dovute alla chiusura. “Avevamo 15 dipendenti, che da oggi sono in cassa integrazione – conclude Andrea Rizzo – Questo ci rammarica molto. Tra l’altro tutti devono ancora percepire la cassa integrazione di settembre”. È grande la preoccupazione tra i dipendenti per una crisi che rischia di durare ancora molti mesi. “Lavoro qui da due anni – racconta Andrea Casabella - e sono molto preoccupato per me, ma anche per i colleghi. Io non ho figli. C’è però gente che ne ha e si trova in difficoltà ben maggiori delle mie. Purtroppo, non si sa quanto durerà questa situazione e quando riprenderemo a lavorare. Secondo me il nostro settore inizierà a risollevarsi non prima di settembre. Speriamo prima dell’estate, ma non sappiamo nemmeno se la gente tornerà subito nei bar. Temo che la crisi durerà oltre la riapertura. Finora – prosegue - la cassa integrazione non è mai arrivata con regolarità, né può essere paragonabile ad uno stipendio completo. Adesso non la percepiamo da tre mesi. È davvero un problema. Non sappiamo come far fronte a tutto quello che ognuno di noi ha da pagare: mutui, rate della macchina, sostentamento. In questo momento – conclude - non vediamo prospettive”.

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