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Lavoro, nel 2021 il tasso di occupazione non torna ai livelli pre-Covid: aumenta il divario tra Nord e Sud

Secondo l'Istat, il valore di occupazione più alto nel Meridione è inferiore al più alto nel Nord Est. Catania (42,5 per cento) è tra le province italiane più penalizzate

Nel 2021 la ripresa del tasso di occupazione della popolazione di 20-64 anni (62,7%, +0,8 punti rispetto al 2020) non porta l'Italia a recuperare pienamente il livello pre-pandemia (ancora -0,8). Il miglioramento non è uniforme nel territorio e appare più contenuto proprio in quelle province che hanno registrato perdite ingenti partendo da tassi di occupazione più elevati. Lo si legge dal Rapporto sul Benessere equo e sostenibile dei territori. Le province più penalizzate sono Caltanissetta (40,8%), Napoli (41,0%), Crotone (41,2%) e Catania (42,5%). Il Mezzogiorno presenta un'ampia variabilità interna e una distanza molto netta con il Nord: il valore più alto del tasso di occupazione raggiunto al Sud (64,7% a Teramo) è inferiore al valore più basso raggiunto nel Nord-est (66,8% a Rovigo). Il tasso di occupazione femminile, che ha ripreso a crescere nell'ultimo anno (da 52,1% a 53,2%), ma senza recuperare il livello pre-pandemia (53,9%), mostra una lieve riduzione della distanza tra i territori con persistente dualismo: tra Trieste, migliore provincia del 2021 con il 70,1%, e Caltanissetta, la peggiore con il 24,1%, il distacco si è ridotto a 46 punti dai 48,2 che nel 2019 separavano la stessa Caltanissetta (ultima) da Bolzano (prima). La maggioranza delle province del Nord, più colpite nella prima ondata pandemica, nel 2021 restano ancora su livelli inferiori al 2019. A Padova, Belluno e Bolzano le perdite superano i 3,5 punti; lo stesso avviene, per il Centro, a Massa-Carrara (-4,5) e Fermo (-3,9). Invece nel Mezzogiorno le dinamiche territoriali sono più articolate. La maggior parte delle province ha recuperato o superato il livello di occupazione pre-pandemia, con segnali molto positivi a Frosinone (+7,6), Enna (+4,9), Lecce e Nuoro (+3,5). All'opposto, importanti eccezioni si osservano a Sassari (ancora 4,3 punti in meno), Campobasso (-3,9), Brindisi e Siracusa (oltre 2 punti in meno). La diminuzione dei livelli più elevati delle province del Centro-nord e la (contenuta) crescita dei livelli più bassi al Mezzogiorno producono un avvicinamento complessivo dei territori. Il distacco tra la provincia italiana con più alto tasso di occupazione e quella con il più basso è di 35 punti percentuali (da 40,5 punti nel 2019). Le prime quattro province italiane con i valori più elevati del tasso di occupazione sono Bolzano (75,8%), che conferma la posizione dell'anno precedente, Bologna (74,8%), Cuneo (74,7%), Trieste (74,5%), Ravenna (74,4%). All'opposto, tutte le province della Calabria, e quasi tutte quelle di Sicilia, Puglia e Campania (ad eccezione di Ragusa, Bari e Avellino) si collocano nella coda della graduatoria nazionale (ultimo quintile). Quasi sei province su dieci al Nord sono ancora in perdita rispetto al 2019, contro quasi una su due al Mezzogiorno. Il tasso di occupazione giovanile tra 15 e 29 anni mostra un'ampia variabilità in ciascuna ripartizione. Oltre sette province su dieci al Nord e più di cinque su dieci nel Mezzogiorno sono ancora sotto i livelli del 2019. La distanza tra i territori si è ridotta nel 2021, anche se in misura inferiore a quanto rilevato sul tasso 20-64 anni: tra Cuneo, la provincia con il livello più elevato (49,0%) ed Enna, quella con il valore più basso (13,6%), ci sono 35,4 punti contro i 38 del 2019.

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