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Giovedì, 28 Marzo 2024
Politica

Claudio Fava ci riprova: "Più consapevolezza e fiducia, Catania è senza guida e non se ne accorge nessuno"

Intervista all'attuale presidente della Commissione Antimafia siciliana, che lancia il guanto di sfida a Musumeci e al centrosinistra in vista delle primarie. Primo obiettivo creare una squadra che risponda alle necessità del governo perchè "da soli non si governa". E su Catania "città sospesa" un giudizio netto: "Sindaco assente e mera gestione dell'ordinario"

Claudio Fava è stato il primo a lanciare il guanto di sfida per le prossime elezioni regionali che si svolgeranno in autunno. Con la sua lista, “Cento Passi per la Sicilia”, dovrà però prima misurarsi con le primarie. Ma il presidente della Commissione Antimafia arriva a questo appuntamento con maggiore consapevolezza, fiducia e speranza nei siciliani che esigono, a suo dire, "di mettersi alle spalle la stagione di governo fallimentare di Musumeci".

Onorevole Fava, nel suo discorso di apertura per lanciare la sua candidatura a presidente della Regione Siciliana, qui a Catania, ha esordito dicendo “Questa volta vinceremo”: al di là dell’ovvio ottimismo che ci deve essere durante una campagna elettorale, da dove nasce questa così ferma convinzione?

“Dal vedere in che condizioni il centrodestra si presenta all’appuntamento al voto, con un bilancio fallimentare in ogni punto. Se cinque anni fa Musumeci si presentava come colui che risolve, raddrizza e crea discontinuità, questa volta si presenta come chi ha lasciato nei cassetti ogni possibile riforma limitandosi ad essere un obbediente soldatino a disposizione dei potentati, di coloro che non gradivano e hanno ottenuto non ci fosse una riforma del sistema dei rifiuti, di coloro che hanno ottenuto che le condizioni della Sicilia fossero legate all’emergenza. Si presenta in una condizione in cui è difficile immaginare di potere utilizzare gli stessi argomenti e le stesse seduzioni di cinque anni fa”.

Quindi ci sarà Musumeci al voto in autunno?

“Questo lo deve chiedere a lui, a Berlusconi e a Dell’Utri…”

E questo per quanto riguarda il suo avversario, torniamo a lei... 

“Per quanto riguarda me arrivo con cinque anni di esperienza in più che mi hanno permesso non soltanto di portare in dote trent’anni di esperienza politica ma anche questi cinque anni di esperienza alla Regione, di conoscenza della macchina politica e amministrativa, dei suoi limiti, delle sue possibilità e delle priorità che appartengono oggi alla Sicilia che ho verificato giorno per giorno nell’arco di questi anni. C'è anche con una consapevolezza e una fiducia diversa rispetto a quella che avevo un tempo, e questo mi porta ad essere ottimista”.

Prima del voto in autunno c’è lo scoglio delle primarie: lei è in campo già da mesi, si configura come il candidato ideale per il centro sinistra? Pd e il Movimento 5 stelle dialogano sul nome da candidare. Ad oggi qual è la situazione?

“No, non mi configuro come un candidato di centrosinistra, non mi sento di essere espressione di un perimetro politico ma mi sento un candidato libero che intende parlare a tutti siciliani, quelli che sono in condizione di esprimere un voto libero e di opinione e non di obbedienza. Penso e credo di dovere parlare a molti degli elettori di Musumeci e di destra. Sulle primarie sono sicuro che si faranno, al di là di queste fughe negli spogliatoi ogni volta che sta cominciando la partita. Se si vuole provare ad avere un altro candidato l’unica via è partecipare alle primarie, altrimenti l’alternativa può essere quella di tenersi rappresentati dalla mia candidatura, altre soluzioni non ne vedo”.

La sua terza discesa in campo è stata accolta tiepidamente da quella parte di opinione pubblica che pensa ingenerosamente che la sua candidatura sia un "classico" e che lei viva "di rendita" per il suo passato: cosa risponde?

“Chi tira in causa mio padre per cercare di arrecarmi un danno politico appartiene a due categorie: i mafiosi e gli amici dei mafiosi. In 38 anni ho incontrato solo queste due categorie di persone che hanno avuto la spudoratezza e la volgarità di cercare di farmi battaglia politica e personale tirando sempre in mezzo la figura di mio padre”.

Per i programmi elettorali è ancora presto, ma cosa c’è in cima alla sua agenda politica?

“Costruire una squadra di assoluta competenza che risponda alle necessità del governo. Il grande equivoco in cui è caduta la stagione politica di Musumeci è credere che si possa governare da soli. Bisogna, invece, creare un coinvolgimento di tutte le parti interessare e renderle partecipi alla costruzione di una stagione di governo. Il parlamento non può essere più un impedimento fastidioso, come lo è stato fino ad oggi, così come le grandi strutture sociali e rappresentative dei sindacati, delle associazioni di categoria e dei comitati civici. Io penso che si governi con loro, non dividendo particelle di potere ma coinvolgendoli tutti. È fondamentale immaginare una legislatura in cui c’è un presidente che raccoglie un sentimento di governo che non è soltanto la sua”.

Lei è il presidente della Commissione Antimafia, che ha prodotto la maggiore quantità di relazioni approvate all’unanimità, dimostrandosi la commissione che ha lavorato di più: in una recente intervista ha detto che oggi ci troviamo di fronte ad una mafia 2.0, silente ma più pericolosa…

“Dobbiamo recuperare una lettura che si è un po' impigrita: c’è mafia anche dove non si vede e non c’è rumore, più subdola che interviene nei processi economici, che cerca di intercettare la spesa pubblica, si trasveste da buona impresa, che entra devastando, che utilizza l’arma della corruzione. Abbiamo a che fare con modalità operative lontane da quella dei corleonesi, anche se i guadagni sono sempre gli stessi, ma il modo in cui questi denari producono altro potere e altre impunità è completamente diverso. È una mafia che vuole entrare dentro l’economia: dalle energie rinnovabili alla sanità di eccellenza, alla grande distribuzione, che utilizza i buoni uffici di molte imprese apparentemente prive di qualsiasi macchia. La gestione degli strumenti che abbiamo, come quelli legati al sequestro e la confisca dei beni, deve essere applicata con estrema concretezza. Noi continuiamo ad avere un tasso di mortalità delle aziende confiscate altissimo. In questo senco abbiamo presentato proprio ieri una proposta di legge che investa la Regione siciliana di un ruolo di cabina di regia per i 390 comuni per la gestione dei beni".

Da Palazzo d’Orleans facciamo un salto a Palazzo degli Elefanti: Catania oggi è una città “sospesa”, oltre che da politico, da catanese qual è il suo pensiero sulla situazione attuale in cui versa la città?

“Per paradosso il fatto che non ci sia un sindaco è una cosa di cui non si accorge nessuno nella nostra città, perché ridotta ad una politica che è soltanto piccola e quotidiana amministrazione dell’ordinario e che ha rinunciato ad una visione e ad un progetto di recupero sociale e di sviluppo che affronti le emergenze. Si è seduta su se stessa, felice che ogni tanto qualche episodio socialmente condiviso desse l’illusione che tutto andasse bene. Catania in questo momento è una realtà che ha rinunciato ad essere e questo lo dobbiamo attribuire ad una classe politica che in questi anni ha contemplato se stessa allo specchio, senza rendersi conto che occorreva affrontare di peso alcuni elementi malati di questa città e non limitarsi solamente ad accompagnarli”.

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