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La Corte Costituzionale si pronuncia sul "caso" Pogliese, il sindaco: "Sono sereno"

La sentenza ha rilevato non fondate le questioni di legittimità costituzionale: adesso sarà il tribunale isolano a decidere sulle sorti del primo cittadino dopo la condanna in primo grado e la sospensione, diretta conseguenza della legge Severino

E' stata emessa la sentenza della Corte Costituzionale che riguarda il "caso" del sindaco di Catania Salvo Pogliese. I giudici hanno scritto che "non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale". Una sentenza che rimette il destino del sindaco nelle mani del tribunale di Catania in merito a una sua possibile sospensione. Ma ripartiamo dal principio di una vicenda fatta di condanne, di carte giudiziarie ma anche di leggi e sospensioni prima ratificate e poi revocate. 

Tutto ha inizio con la condanna del primo cittadino in primo grado per peculato: la vicenda è quella che ha visto implicati diversi esponenti politici nelle "spese pazze" dell'Ars. La condanna per Pogliese è di quattro anni. Così, per effetto della legge Severino, viene applicata al sindaco la sospensione dal suo ruolo per 18 mesi e dal luglio 2020 Pogliese non fa più ingresso a Palazzo degli Elefanti. Circa quattro mesi dopo, però, vi rientra: infatti i legali di Pogliese fanno ricorso - sollevando dubbi di legittimità costituzionale della legge Severino - contro la decisione e il tribunale etneo annulla tutto e invia gli atti alla Corte Costituzionale. Adesso propria quest'ultima si è pronunciata rilanciando la palla al tribunale di Catania che dovrà decidere gli atti conseguenti.

E' arrivato sui social il commento di Pogliese: "Apprendo e accolgo con serenità il pronunciamento della Corte Costituzionale che, di fatto, legittima quella parte della legge “Severino” che il Tribunale di Catania aveva chiesto di esaminare".

"Anche stavolta per la sua concreta applicazione mi rimetto rispettosamente al giudizio della magistratura ordinaria, visto che fu proprio il Tribunale etneo, esattamente un anno addietro, a reintegrarmi nelle mie funzioni dopo la temporanea sospensione - dice il sindaco -. Continuerò nel frattempo a lavorare svolgendo il ruolo di sindaco per Catania e nell’interesse dei suoi Cittadini, incarico che con largo consenso sono stato chiamato a ricoprire. Ritengo, tuttavia, doveroso evidenziare che sulla legge Severino pende già un referendum abrogativo, ritenuto ammissibile dalla Corte di Cassazione, e diversi disegni di legge di modifica sono stati presentati in Parlamento. Da ultimo quello del Pd, partito a cui fa riferimento il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, che di recente è stato colpito da analogo sproporzionato provvedimento di sospensione, anch’egli a fronte di una sentenza di primo grado".

Poi conclude: "Sono certo, nel merito, che la mia condotta limpida e trasparente verrà accertata in ogni sede giudiziaria; ho fatto, lo ribadisco, una scelta d’amore verso la mia Città. 
Per questa ragione non sarà una legge profondamente ingiusta, come la ritengono illustri costituzionalisti ed esponenti di ogni parte politica, a farmi arretrare di un millimetro. 
Fino a quando sarò chiamato a farlo rispetterò il mandato che mi è stato affidato dai Catanesi, con lo scrupolo e la coscienza di chi considera Catania la propria vita, la propria famiglia e, da sindaco, la propria missione".

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