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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica

Referendum giustizia: ecco i quesiti e cosa può cambiare se vince il “sì”

Con la docente Ida Nicotra, ordinario di Diritto Costituzionale all’Università di Catania, esaminiamo i nodi principali dei cinque quesiti referendari

Domenica 12 giugno urne aperte, dalle ore 7 alle 23, non solo per le elezioni amministrative in 978 Comuni ma anche per il referendum sulla giustizia. Sono cinque i quesiti referendari promossi dai Radicali e dalla Lega: si va dalla separazione delle funzioni per i magistrati alla legge Severino, fino ai limiti alla custodia cautelare. Due quesiti riguardano più strettamente il funzionamento del Csm: le regole per le candidature e le valutazioni dei magistrati.

Con la docente Ida Nicotra, ordinario di Diritto Costituzionale all’Università di Catania, proviamo a fare chiarezza sui contenuti dei quesiti e sull’eventuale impatto sul sistema giudiziario. Alla vigilia della tornata referendaria, infatti, non sono mancate le polemiche sulla formulazione dei quesiti.

“Sicuramente presentano qualche aspetto di complessità – spiega la Nicotra - È proprio la natura abrogativa del referendum previsto dalla nostra Costituzione, che consente solo di eliminare in tutto o in parte le disposizioni di legge, a rendere i quesiti non immediatamente comprensibili. Ecco perché è fondamentale il ruolo dell’informazione per spiegare il significato dei quesiti ai cittadini che sono chiamati al voto”. E mercoledì 15 giugno, dal Senato passerà al vaglio la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario presentata dal ministro Cartabia. Due percorsi paralleli che si incrociano.

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Ida Nicotra

Il quesito per l’abrogazione della legge Severino (scheda rossa)

 “Il quesito chiede l’abrogazione o la non abrogazione della legge che prevede l'incandidabilità e la decadenza automatica dei membri dell’esecutivo, nel caso di condanna definitiva per reati gravi contro la pubblica amministrazione, e stabilisce un regime duro per gli amministratori locali che subiscono la sospensione dall’incarico, anche in caso di condanna di primo grado. Nella logica binaria del referendum, che prevede di scegliere tra sì e no, la vittoria del sì cancellerebbe interamente la disciplina mentre rimarrebbe intatta in caso di vittoria del no. Se dovesse prevalere il sì, inoltre, sarebbe il giudice a decidere se in caso di condanna si debba applicare anche la sanzione accessoria dell’interdizione dai pubblichi uffici. In altri termini la sanzione si trasformerebbe da automatica a discrezionale, rimessa alla valutazione del giudice”.

Il quesito per limitare la custodia cautelare (scheda arancione)

“Con riferimento al secondo quesito, occorre precisare che non riguarda solo la custodia cautelare in carcere, ma comprende tutte le misure cautelari, che prevedono di anticipare la pena prima che sia completato il giudizio. E, anche in questo caso, si crea una tensione tra una pena comminata in via preventiva con il principio costituzionale di non colpevolezza fino a sentenza definitiva”, spiega la Nicotra. "Spesso l’imputato viene assolto, subendo quindi una detenzione preventiva ingiusta. L’abuso della carcerazione preventiva è questione molto delicata. Questo quesito è costruito togliendo la reiterazione del reato quale condizione per le misure cautelari. Se vincesse il sì rimarrebbe possibile la custodia cautelare negli altri casi previsti dal codice di procedura penale, quindi in caso di pericolo di fuga, di inquinamento delle prove e per il compimento di atti particolarmente gravi come i delitti di mafia. Questa sorta di cancellazione del presupposto della reiterazione del reato, terrebbe fuori la possibilità di vietare al soggetto accusato di molestie di avvicinarsi ai luoghi che vengono frequentati di consueto dalla persona molestata. E questo certamente è un aspetto problematico”.

Il quesito per la separazione delle funzioni di giudici e pubblici ministeri (scheda gialla)

“Bisogna innanzitutto fare chiarezza e specificare che si tratta delle funzioni e non della carriera del magistrato, nel rispetto dell’art.107 della Costituzione che stabilisce ‘i magistrati si distinguono tra loro soltanto per diversità di funzioni’. La carriera rimane unica e unico rimane il concorso per accedere in magistratura. Il quesito chiede di separare in maniera definitiva le funzioni del magistrato. Cioè, propone di eliminare la possibilità di passare dalla funzione pubblico ministero a giudice e viceversa. Le norme sull’ordinamento giudiziario prevedono la possibilità di quattro passaggi dall’una all’altra funzione durante la carriera del magistrato. La riforma parlamentare in discussione al Senato prevede, invece, un solo passaggio. Se prevalesse il sì il magistrato dovrà decidere all’inizio della propria carriera se svolgere il ruolo di accusa o di giudice, eliminando la possibilità del passaggio”.

Il quesito sulla valutazione dei magistrati (scheda grigia)

“Con la scheda grigia si chiede ai cittadini di votare il quesito che riguarda la possibilità che anche gli avvocati, componenti dei consigli giudiziari, possano esprimere un parere, una loro valutazione sull’attività dei magistrati. L’attuale disciplina prevede una valutazione interna ai ruoli della magistratura. L’idea del referendum è quella di affermare il principio di leale collaborazione tra magistratura e avvocatura, nel rispetto dell’etica pubblica, per contribuire insieme al miglioramento del sistema della giustizia”.

Il quesito sulle firme per candidarsi al Consiglio superiore della magistratura (scheda verde)

“L’ultimo quesito chiede agli elettori di eliminare la sottoscrizione della lista di firme per la candidatura dei magistrati al Consiglio superiore della magistratura. La regola vigente prevede quale necessario presupposto la raccolta delle firme (da 25 a 50) per la presentazione della candidatura al Csm da parte di un togato. L’idea dei promotori del referendum - conclude la Nicotra - è di realizzare un maggiore pluralismo, dando la possibilità anche ai magistrati che non sono iscritti o vicini ad alcuna ‘corrente’ della magistratura, di candidarsi liberamente senza l’obbligo del deposito delle firme”.

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