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Venerdì, 29 Marzo 2024
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"La vita è sogno" debutta con successo al Teatro Brancati di Catania

Il dramma di Pedro Calderon della Barca con la traduzione e adattamento regia e scene di Giuseppe Dipasquale sarà in scena fino a domenica 26 marzo

La vita è (un) sogno di Pedro Calderon della Barca, con la traduzione e adattamento regia e scene di Giuseppe Dipasquale, con Mariano Rigillo, Angelo Tosto, Ruben Rigillo, Silvia Siravo, Filippo Brazzaventre, Alessandro D’Ambrosi, Valerio Santi, Federica Gurrieri. Costumi Dora Argento, immagini Francesco Lopergolo e produzione Teatro della Città, ha debuttato con successo al Teatro Brancati di Catania e sarà in scena fino a domenica 26 marzo. Ne abbiamo parlato con il regista Giuseppe Dipasquale.

Questa di Calderon è un capolavoro del teatro mondiale di tutti i tempi. Che valore ha riproporlo oggi?

"La vita è sogno, è una commedia morale. Bisogna partire dal senso che viene esplicitato con chiarezza nel testo: la vita è come un sogno! I significati di questa espressione si possono certo rintracciare all’interno di una concezione giudaico-cristiana della vita. Il nostro passaggio sulla terra è una sorta di illusoria incarnazione che ci richiama alla vita celeste cui siamo destinati con la nostra propria azione. Ma quello che va compreso è il senso, sofisticato e profondo, di questo assioma".

Perché, in che cosa e come la vita è un sogno soprattutto in una società laica come la nostra?

"La risposta credo risieda nella capacità dell’uomo di interpretare la realtà attraverso i sentimenti e le passioni, più che attraverso la ragione. Noi amiamo, odiamo, soffriamo per effetto di una costruzione tutta personale e illusoria della realtà. Ci facciamo un’idea del mondo in base alle nostre emozioni che ci fanno vedere le cose in un senso o nell’altro".

Quindi il sogno è un meccanismo permanente di illusione, un “velo di Maia” che non si scioglie mai?

"Tutta la commedia ci rivela come i personaggi si illudano di amare, odiare ecc. senza mai realmente trovarne la radice del sentimento. Calderon utilizza questo gioco nel suo fine morale, ma in fondo la commedia si presta a scandagliare il principio di identità dell’uomo anche a prescindere dall’azione morale. Nell’atto in sé del vivere non esisterebbe razionalmente giudizio, ma se lo poniamo a contatto con il nostro bisogno di identificarci ecco che assume una sfumatura o un’altra che ci distingue, che ci fa vivi".

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