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Cronaca

"O Fra' nei carceri si fa il commercio", la consegna dei cellulari con i droni anche a Catania

I potenti clan della camorra napoletana si preoccupavano di far arrivare telefonini e droga all'interno delle carceri in quasi tutta Italia, anche negli istituti penitenziari di massima sicurezza. E anche a Catania

I potenti clan della camorra napoletana si preoccupavano di far arrivare telefonini e droga all'interno delle carceri in quasi tutta Italia, anche negli istituti penitenziari di massima sicurezza. E anche a Catania. E' quanto emerso dalle indagini condotte dalla polizia e coordinate dalla Dda di Napoli. I telefoni servivano per tenere i contatti con l'esterno. Con la distribuzione della droga, invece, i boss accrescevano il loro potere. La consegna avveniva attraverso droni modificati per trasportare oggetti pesanti (come un'arma) ma anche per "bucare'"le aree no fly zone.

L'indagine, delegata al nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria, è stata avviata nell'aprile 2021 dopo il ritrovamento di alcuni cellulari nel carcere di Secondigliano ed è poi entrata in convergenza con investigazioni parallele condotte dalla squadra mobile di Frosinone, anch'essa poi delegata dalla Dda di Napoli e nata in prima battuta in seguito a una sparatoria avvenuta il 19 settembre 2021 all'interno del carcere di Frosinone.

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Le indagini in tutta Italia

Le indagini hanno fatto luce sull'esistenza di una struttura criminale in grado di garantire l'approvvigionamento di apparecchi telefonici, sia smartphone che piccoli cellulari. Le strutture carcerarie sulle quali la procura ha registrato movimenti e interessi da parte dei clan sono quelle di Frosinone, Napoli-Secondigliano, Cosenza, Siracusa, Lanciano, Augusta, Catania, Terni, Rovigo, Caltanissetta, Roma-Rebibbia, Avellino, Trapani, Benevento, Melfi, Asti, Saluzzo, Viterbo e Sulmona.

La consegna dei cellulari a Catania

La tecnica utilizzata anche a Catania era quella della consegna attraverso il sorvolo di un drone. E' il 25 novembre 2021 quando un "silenzio" proveniente dalla casa di reclusione di Catania, turba i napoletani all'esterno. "Hanno avuto il problema dentro te lo dico in partenza!", si legge nelle carte dell'inchiesta. In quell'occasione, infatti, i telefoni e gli accessori erano stati sequestrati dalla polizia giudiziaria. Una notizia fornita "dal catanese"  detenuto ad Augusta. Ne scaturisce, quindi, un "clima di allerta" all'interno del carcere. E viene meno, così, "l'impegno assunto con i catanesi". Si organizza allora un ulteriore "sorvolo". Da un'intercettazione ambientale nell'auto di chi gestiva i rapporti all'esterno, c'è anche il malumore sul prezzo pattuito per il servizio di consegna del cellulare nel carcere etneo. Il prezzo di 600 euro, infatti, non convince tutti.  "Gli abbiamo fatto il prezzo noi". Ed è considerato inadeguato da chi, invece, rivendica la sua professionalità criticando la scelta fatta. "Si tratta di un lavoro e non di una attenzione 'ai compagni'. Siamo compagni ma comunque ci sono sempre i prezzi...lui fa i soldi e caccia i soldi. O Fra' nei carceri si fa il commercio".

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