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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Librino

"Il bambino è nelle scale che ha freddo...buttagli il giubbotto": ecco come avveniva lo spaccio al viale Grimaldi 10

Ognuno con un compito preciso, ad un orario preciso ed utilizzando una terminologia studiata bene. Una rete assortita di vedette, spacciatori, coordinatori, fornitori e custodi tutti al posto giusto che, cooperando tra loro, permettevano centinaia di cessioni di stupefacenti nell'arco di ciascun turno

Ognuno con un compito preciso, ad un orario preciso ed utilizzando una terminologia studiata bene. Una rete assortita di vedette, spacciatori, coordinatori, fornitori e custodi tutti al posto giusto che, cooperando tra loro, permettevano centinaia di cessioni di stupefacenti nell'arco di ciascun turno. Gli "impiegati" dello spaccio nella "Fossa dei leoni" cominciavano il primo turno alle ore 9 e lo concludevano alle 18 con il cambio "in loco". A seguire il secondo turno, dalle 18 alle 22. "L'ufficio": all'ingresso della scala A del viale Grimaldi 10. E, come in tutti i "posti di lavoro", spazio anche alle lamentele. Dalle carte dell'ordinanza che ha portato a 14 arresti c'è anche il malcontento di uno dei pusher detto "Topo" che non è più intenzionato "a lavorare" per la ridicola somma di 60 euro giornalieri. "Mi accontento a stare perso. Senza neanche che gli metto la benzina nella macchina, non esco di casa, ma per 60 euro non ce la metto più la faccia". 

L'organizzazione dello spaccio al viale Grimaldi 10

L'operazione che ha impegnato oltre 100 carabinieri del comando provinciale di Catania, con il supporto dei reparti specializzati, ha fatto luce su un vero e proprio sistema di regole ed espedienti che sarebbe stato messo a punto dal presunto capo-promotore, Angelo Condorelli. Un uomo posizionato nell'androne di ingresso incassava il denaro degli acquirenti ed effettuava materialmente la cessione dello stupefacente, aiutato da un altro "collega" che, invece, aveva il compito di filtrare gli acquirenti stazionando nelle vicinanze al di fuori del palazzo. Quest'ultimo, una volta individuato e vagliato l'avventore, comunicava al pusher chiuso all'interno dell'androne di aprire il portone d'ingresso condominiale per realizzare cosÌ la compravendita all'interno dell'androne stesso, al riparo da eventuali osservatori esterni. Per lui anche la funzione di vedetta su strada, allertando lo spacciatore in caso di tentativi di accesso da parte delle forze di polizia, preoccupandosi quindi di avvertire tempestivamente il pusher di turno in caso di tentate azioni repressive, agevolandone la fuga, assicurandogli l'impunità e consentendogli di nascondere all'interno del palazzo sia lo stupefacente che il denaro provento dell'attività illecita.

Le vie di fuga

La via di fuga più spesso utilizzata dai pusher per sottrarsi alla cattura era la terrazza del viale Grimaldi 10 che, collegando l'edificio della scala A con quello della scala B, consentiva di sfruttare anche gli appartamenti presenti in questo plesso quali luoghi adatti a nascondersi. Il pusher, pertanto, avvertito dell'imminente arrivo delle forze dell'ordine, dall'androne al piano terra della scala A fuggiva lungo la tromba delle scale fino all'ultimo piano del palazzo dove vi è la terrazza che comunica con l'edificio adiacente (scala B). Attraversando la terrazza, abbandonava la droga all'interno dell'intercapedine muraria che separa i due edifici, scavalcava il muretto ed entrava all'interno dell'edificio scala B, facendo così perdere le sue tracce.

I nascondigli "grandi" o "piccoli" in base al tipo di stupefacente

La marijuana, denominata "giubbotto ", veniva nascosta lontano dai luoghi dello spaccio, presso un'abitazione in via delle Robinie 4. Le forniture di cocaina (denominate "camùie") e di crack ( "cracker") invece, per la ridotta dimensione e il più agevole occultamento rispetto alla marijuana, venivano nascoste prevalentemente nelle aiuole del piazzale antistante le palazzine A e B del viale Grimaldi 10, in cavità ricavate nel terreno tra rifiuti e macerie, a pochi metri dalla postazione di spaccio. Come emerso dalle intercettazioni, le "ricariche" di cocaina e crack venivano anche custodite all'interno delle abitazioni di appartenenti al sodalizio criminoso. "A patatine qua come siamo combinati", chiedeva Condorelli. Il pusher: "Qualche patatina te la do". Ovvero le banconote provento dell'attività di spaccio. "Nomi in codice" e tanta fantasia per camuffare il gergo dello spaccio come: "Il bambino è nelle scale che ha freddo...buttagli il giubbotto (marijuana)".

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