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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Meloni sul salario minimo: "Non è la soluzione, rischia di abbassare gli stipendi"

La premier si assume la piena responsabilità della decisione sulla tassa per gli extraprofitti delle banche. E non teme un autunno caldo

"Sulla tassa alle banche ho deciso io, Giorgetti è stato pienamente coinvolto". Così il presidente del Consiglio Giorgia Meloni risponde in tre interviste rilasciate oggi al Corriere della Sera, a la Repubblica e a La Stampa durante il suo break estivo a Ceglie Messapica, in Puglia. E sul salario minimo incalza: "Non mi sorprende la reazione della sinistra: l'opposizione vuole fare politica invece che affrontare davvero la questione. Loro sono consapevoli del fatto che il salario minimo non risolve il problema del lavoro povero, ma ti dicono che siccome hanno iniziato una raccolta di firme la portano avanti". Poi aggiunge: "Io ho detto una cosa precisa: diamo sessanta giorni al Cnel, in tempo per la legge di bilancio, per fare una proposta complessiva di lotta al lavoro povero che può prevedere, per alcune categorie, il tema del salario minimo", aggiunge. E infine: "Non temo un autunno caldo".

Nel colloquio con Monica Guerzoni del Corriere, la premier premette che il rinnovo del taglio del cuneo fiscale è la sua priorità. "La mia linea è concentrare i fondi sui salari più bassi", sostiene. Forse rispondendo anche alla spinta delle opposizioni sul salario minimo. Riguardo agli scioperi promessi dalla Cgil a settembre, dice che "non è un tema di merito, ma di opposizione pregiudiziale". Sulla tassa sugli extraprofitti spiega che il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti "è stato pienamente coinvolto", ma sul patto con Salvini dice che la legge "è un'iniziativa che ho assunto io. Punto".

Ad Emanuele Lauria di Repubblica, Meloni dice che "per paradosso il salario minimo rischia di migliorare la retribuzione a un numero di lavoratori inferiore rispetto a quelli a cui viene abbassata. Quando dico questo, la sinistra risponde che sta raccogliendo le firme. Va bene così. Ho qualche dubbio su chi voglia davvero combattere il lavoro povero".

Riguardo agli altri temi, Meloni ha assicurato di non temere un autunno caldo, con le opposizioni e i lavoratori in piazza. "Quando tu hai uno dei principali sindacati italiani che convoca una manifestazione prima che la legge di bilancio sia scritta, sai che non è un tema di merito, ma di opposizione pregiudiziale. Penso che gli italiani vedano che il governo sta facendo il massimo", ha detto. Sul Pil: "In realtà, cresce più delle altre grandi democrazie, abbiamo un record di occupazione e di contratti stabili". E sul Pnrr: "Non abbiamo tagliato niente, le opere saranno portate avanti. Stiamo spostando alcuni fondi su altre voci del bilancio dello Stato".

Sui migranti, poi: "Non ho cambiato idea, ma l'approccio securitario non può bastare. Ecco perché insisto sul piano Mattei, che non è minacciato dalla crisi in Niger". Sull'ipotesi di cambi nell'esecutivo, che potrebbero essere provocati da eventuali sviluppi del caso Santanché, ha replicato: "Sono ricostruzioni fantasiose di giornali di gossip. Io non ho mai pensato, da quando sono a capo del governo, a un rimpasto". In vista delle elezioni europee, ragionando sull'alleanza con Marine Le Pen, ha spiegato: "Non ho l'autorevolezza per mettere veti su nessuno. E in ogni caso è un tema che non mi pongo oggi. Lavoro per far crescere la famiglia dei conservatori, vorrei costruire una alleanza omogenea. Non credo nelle larghe intese".

Sullo scontro con il presidente dell'Emilia-Romagna Stefano Bonaccini sui fondi per l'alluvione, ha avvisato: "Se qualcuno vuol fare politica sulla ricostruzione può farlo, ma deve sapere che lo sta facendo sulla pelle dei cittadini". E ha aggiunto: "Francamente non comprendo perché Bonaccini mi chieda un incontro. Forse perché non riconosce la figura del commissario straordinario Figliuolo?".

Cosa ha detto il Cnel sul salario minimo

Cosa succederà, quindi, sul salario minimo? Tutti aspettano il parere del Cnel che però, a ben vedere, sull'argomento si è già espresso, come abbiamo spiegato qui. È stata la premier Giorgia Meloni ad individuare il "consiglio nazionale dell'economia e del lavoro", ovvero l'organo pubblico che si occupa di legislazione economica e sociale fornendo analisi e pareri al decisore politico, come sede istituzionale del prossimo confronto tra maggioranza, opposizione e parti sociali. Un confronto, ha fatto sapere la presidente del Consiglio, "da concludersi in 60 giorni con una proposta concreta sul tema del lavoro povero, non solo sul salario minimo".

L'idea della maggioranza sembra essere quella di far svolgere al Cnel le analisi sui provvedimenti da attuare per far crescere i salari e combattere il lavoro povero. Un tentativo che secondo le opposizioni (M5s e Pd in testa) serve solo a far melina e a "buttare la palla in tribuna" (così si è espresso Giuseppe Conte). Il Cnel però è stato già interpellato, tant'è che sul sito dell'ente viene riportata l'audizione informale del presidente del Cnel (ovvero Renato Brunetta, politico di lungo corso con alle spalle una lunga militanza in Forza Italia) presso la commissione lavoro della Camera lo scorso 13 luglio.

Nel documento si legge che "la questione salariale non può essere ricondotta unicamente ad un dibattito sull'opportunità, o meno, di introdurre un salario minimo legale, ma deve andare a toccare i principali problemi che ostacolano la crescita dei salari dei lavoratori in Italia, dai rinnovi contrattuali alla diffusione del dumping contrattuale, dalla crescita esponenziale del costo della vita all'elevato cuneo fiscale, fino all'impatto della precarietà e del lavoro povero".

Se non si tratta di una bocciatura totale, dal testo trapela un certo scetticismo nei confronti delle soluzioni avanzate dall'opposizione. Nella memoria il Cnel sottolinea che "il nostro Paese è inoltre caratterizzato da un problema di bassa produttività che, a differenza di paesi quali Francia e Germania, è ferma da tempo". Nel testo viene poi rimarcato che nelle proposte di legge in esame manca "il riferimento a possibili soluzioni in grado di affrontare il problema dei salari bassi dal lato della riforma fiscale e da quello della contrattazione a vari livelli". 

Per il Cnel, inoltre, un semplice intervento legislativo sui trattamenti minimi "rischierebbe di mettere in secondo piano anche tutti gli altri istituti che i contratti regolano, dimenticando il ruolo centrale che hanno i sistemi di relazioni industriali nel riscrivere i sistemi di classificazione e di inquadramento del personale che governano i criteri di misurazione del valore economico e di scambio del lavoro condizionando l'organizzazione del lavoro, i percorsi di carriera e le dinamiche della produttività". Il salario in questa prospettiva, infatti, annota ancora palazzo Lubin, risulta quindi "come parte finale di un percorso di creazione di valore e non una banale determinazione di una tariffa astratta".

Tutti temi, questi, viene annotato nelle memorie, "evidenziano la complessità della questione salariale" e portano ad includere il dibattito "entro un percorso più ampio rispetto agli interrogativi sull'opportunità no meno di un salario legale che sappia conciliare le inevitabili misure emergenziali con soluzioni di medio e lungo periodo, capaci di dare risposte strutturali ai gravi problemi che rallentano la crescita dei salari nel nostro Paese". Quanto al metodo di confronto la memoria del Consiglio nazionale annovera la "valorizzazione del contributo dei corpi intermedi" come un fattore fondamentale per il "corretto inquadramento del problema".

fonte Today.it

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