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Lunedì, 29 Aprile 2024
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Un altro giudice di Catania non convalida il fermo di sei migranti a Pozzallo

Il provvedimento, emesso dal giudice Rosario Annibale Cupri, ricalca la decisione presa, lo scorso 29 settembre, dalla collega di sezione Iolanda Apostolico

Il Tribunale di Catania non ha convalidato il trattenimento di altri sei migranti, disposto dal questore di Ragusa, al centro di Pozzallo. Il giudice Rosario Maria Annibale Cupri, della sezione Migrazione del tribunale di Catania, collega della giudice Iolanda Apostolico, non ha convalidato, infatti, il trattenimento di 6 migranti tunisini disponendone il rilascio immediato. I migranti erano assistiti tre dall’avvocato Rosa Emanuela Lo Faro e altri tre dall’avvocato Fabio Presenti. I sei provvedimenti sono sostanzialmente simili. In uno, relativo al caso di un tunisino di 37 anni sbarcato a Lampedusa il 3 ottobre e destinatario di un provvedimento di trattenimento emesso dal questore di Ragusa, il giudice cita la Corte di Giustizia Europea relativa alla direttiva 2013/33 per cui "il trattenimento di un richiedente protezione internazionale costituisce una misura coercitiva che ‘priva il richiedente della sua libertà di circolazione’".

Inoltre, nel respingere i trattenimenti nel centro di permanenza di Pozzallo, per il giudice Cupri “preme sottolineare che il trattenimento deve considerarsi misura eccezionale e limitativa della libertà personale” e che “la misura del trattenimento deve essere regolata e adottata sempre nei limiti e secondo le previsioni del diritto comunitario”. Ne consegue, come ha anche evidenziato la Corte Costituzionale, che “la normativa interna incompatibile con quella dell’Unione va disapplicata dal giudice nazionale”. Infine, condividendo le “precedenti decisioni” del tribunale di Catania per il giudice anche la “garanzia finanziaria non si configura, in realtà, come misura alternativa al trattenimento bensì come requisito amministrativo imposto al richiedente prima di riconoscere i diritti conferiti dalla direttiva 2013/33/Ue per il solo fatto che chiede protezione internazionale”.

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