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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

La "fossa dei leoni"e l'organizzazione precisa dello spaccio tra vedette, "prefiltraggio" dei clienti e nascondigli

Una piazza di spaccio suddivisa su due turni, uno dalle 09:00 alle 18:00 e uno dalle 18:00 alle 22:00, garantiva agli acquirenti l’acquisto di crack, cocaina e marijuana, sostanze stupefacenti per le quali pusher e vedette utilizzavano veri e propri “nomi in codice”. Un blitz dei carabinieri del comando provinciale di Catania che, nella notte, ha portato a 14 arresti

Su delega della Procura distrettuale, i carabinieri del comando provinciale di Catania, supportati dai reparti specializzati dell’Arma  - compagnia di intervento operativo del XII° Reggimento “Sicilia” e nucleo cinofili - hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di misure cautelari personali in carcere emessa dal Giudice per le Indagini preliminari presso il Tribunale di Catania, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di 14 indagati. L’indagine, denominata “Fossa dei Leoni II”, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia etnea e condotta dai carabinieri della compagnia Fontanarossa dall’ottobre 2019 al marzo 2020, prende il nome dalla piazza di spaccio in viale Grimaldi 10, storicamente riconducibile al clan “Cappello” e già colpita, nel luglio del 2019, dall’esecuzione di 26 ordinanze applicative di misure di custodia cautelare in carcere.

Come era organizzata la piazza di spaccio

Una piazza di spaccio suddivisa su due turni, uno dalle 09:00 alle 18:00 e uno dalle 18:00 alle 22:00, garantiva agli acquirenti l’acquisto di crack, cocaina e marijuana, sostanze stupefacenti per le quali pusher e vedette utilizzavano veri e propri “nomi in codice” quali “camicie” per la cocaina, “crackers” per il crack e “giubbotto” per la marijuana. La postazione del pusher, collocata all’interno dell’androne di una delle due palazzine del viale Grimaldi 10, era protetta da un portone in ferro battuto, abusivamente installato e apribile solo dall’interno. Ad ulteriore “difesa” del pusher era prevista una rete di vedette, alcune delle quali chiamate ad osservare gli ingressi della piazza di spaccio, altre, invece, ad effettuare una sorta di “prefiltraggio” nei confronti degli acquirenti appena arrivati. L'obiettivo era quello di evitare di trovarsi di un fronte un appartenente alle forze di polizia “sotto-copertura” e, inoltre, di chiedere all’acquirente la tipologia e la quantità della sostanza stupefacente che fosse interessato ad acquistare. Superato questo “controllo”, la vedetta, senza utilizzare ricetrasmittenti, a rischio di essere intercettate, attraverso segni convenzionali, faceva aprire il portone al pusher che veniva così raggiunto dal cliente per la successiva cessione, che si svolgeva nell’arco di pochissimi istanti. In caso di intervento delle forze dell’ordine, le vedette facevano allontanare gli acquirenti e il pusher di turno, chiuso il portone in ferro, abbandonava la propria postazione, nascondendosi in uno degli appartamenti dello stabile o, in alternativa, raggiungendo la terrazza posta all’ultimo piano dell’edificio, dove veniva nascosta – e poi recuperata successivamente – la sostanza stupefacente.

I nomi degli arrestati

Gli indagati arrestati e i loro compiti

Gli indagati arrestati, secondo quanto risulta dalle indagini, avrebbero agito nella piazza di spaccio con le modalità indicate e avrebbero avuto una particolare attenzione alle modalità di rifornimento della piazza di spaccio: le dosi di cocaina e crack, per via delle ridotte dimensioni, sarebbero state custodite all’interno delle abitazioni di alcuni degli appartenenti al sodalizio o, in alternativa, nascoste nelle aiuole del piazzale antistante la piazza di spaccio, in cavità ricavate tra i rifiuti e le macerie; i quantitativi di marijuana sarebbero stati occultati nell’abitazione di uno degli indagati, privo di precedenti penali, il quale si sarebbe occupato anche del confezionamento dello stupefacente in singole dosi. Tale modo di agire avrebbe garantito l’operatività pressoché ininterrotta della piazza di spaccio, riducendo al massimo le possibili conseguenze derivanti dall’intervento delle forze dell’ordine. Un vero e proprio sistema di regole ed espedienti che, secondo quanto è emerso dalle indagini, allo stato degli atti ed in relazione ad una fase processuale che non ha ancora consentito l’intervento delle difese, sarebbe stato messo a punto dal presunto capo-promotore, Angelo Condorelli. Nel corso dell’attività i carabinieri hanno eseguito complessivamente 26 arresti in flagranza di reato, denunciato 2 persone in stato di libertà e sottratto al circuito del traffico di sostanze stupefacenti 66,620 kg di marijuana, 61 gr. di crack e 57 gr. di cocaina. Sono stati, inoltre, sequestrati: due pistole, un fucile, trentuno cartucce di vario calibro, un sistema di videosorveglianza, uno smartphone munito di scheda telefonica, un “pizzino” recante date e numeri attinenti all’approvvigionamento della sostanza stupefacente e 2810,00 euro, provento dell’attività illecita.

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