Morte dell'ispettore Filippo Raciti, Speziale in tv: "Fu ucciso da un poliziotto"
Le parole del tifoso etneo contenute all'interno del docufilm "Gioco Sporco - I Misteri dello Sport". "Uno dei miei sogni più grandi - spiega Speziale - è svergognare l’Italia e far capire l’errore giudiziario che è stato commesso. Fu decisiva una manovra sbagliata di un suo collega"
"Per quasi tutto il mondo io sono l’assassino dell’ispettore Raciti. Mi è cambiata la vita, mi hanno fatto pagare un omicidio che non ho commesso. Ma sono sereno con la mia coscienza, non ho ucciso Raciti e ho pagato tutta la mia pena fino all’ultimo giorno". E' uno stralcio delle parole di Antonino Speziale contenute all'interno del docufilm "Gioco Sporco - I Misteri dello Sport", giunto al sesto e ultimo appuntamento in seconda serata su Italia1, domani 28 marzo.
L’ultimo episodio analizza la drammatica morte dell’ispettore capo di polizia Filippo Raciti, deceduto in servizio il 2 febbraio 2007, dopo essere intervenuto per sedare gli scontri ultras alla fine del derby Catania-Palermo. Per la sua morte, nel 2012, sono stati condannati dalla Corte di Cassazione i due ultras catanesi Antonino Speziale (8 anni e 8 mesi di reclusione) e Daniele Micale (11 anni di reclusione).
"Mi piaceva fare scontri. Non ho mai nascosto che il mondo ultras mi è sempre piaciuto, ne ho sempre fatto parte e ne faccio parte tutt’ora - ha aggiunto - Uno dei miei sogni più grandi è svergognare l’Italia e far capire l’errore giudiziario che è stato commesso e far capire che non stato io a uccidere Raciti ma bensì una manovra sbagliata di un suo collega". A parlare, nel tessuto del racconto, saranno persone, testimoni che lo hanno conosciuto nella sua vita come la moglie Marisa Grasso o i protagonisti della storia come lo stesso Speziale e il suo avvocato, Giuseppe Lipera. Interviste esclusive, documenti inediti, testimonianze dirette e diversi flashback narrativi sveleranno l’aspetto intimo del protagonista.
"Io non sento di perdonare nessuno. La mia forza nell’affrontare questa tragedia è stata nel credere tanto in Dio e nella vita - ha raccontato Marisa Grasso, vedova di Raciti -. Sono uscita dai tribunali con delle sentenze che però non mi hanno restituito qualcosa. Non ho più motivo di sentire i nomi di questi soggetti. I loro nomi e il loro pensiero devono stare lontano da me e dai miei figli".