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Cronaca

L'attualità di Verga a 100 anni dalla morte: c'è ancora una Sicilia dei vinti

La lotta per il progresso e la sconfitta, l'arretratezza del Sud, lo sfruttamento del lavoro, l'emigrazione per necessità. Sono alcuni temi verghiani che caratterizzano, ancora oggi, la nostra realtà sociale

Oggi, 27 gennaio, ricorre il centenario della morte del padre del Verismo italiano e di uno dei più importanti autori italiani. Giovanni Verga è una delle punte di diamante della letteratura catanese in grado di imporsi in Italia e capace - come solo i grandi sanno fare - di descrivere il proprio tempo ma di essere anche, contemporaneamente, di una attualità disarmante. La nostra città, così come l'intera Sicilia, è molto cambiata nell'ultimo secolo: l'onda del boom economico, un maggiore benessere generale hanno investito anche l'Isola ma di fondo si tratta di un territorio che continua ad avere a che fare con problemi simili a quelli raccontati prima da Franchetti e Sonnino nella loro "Inchiesta in Sicilia" (testo che è stato punto di riferimento per Verga) e poi dallo stesso scrittore etneo.

Perché la Sicilia, a 100 anni dalla morte di Verga, vive ancora gli stessi problemi - diversi, ma sempre problemi restano - narrati nella celebre e studiatissima novella "Rosso Malpelo". Il lavoro minorile, la violenza dei rapporti umani, la crudeltà dei "padroni", l'evasione scolastica, la mancanza di sicurezza sui luoghi di lavoro. Temi che sono drammaticamente attuali in una città che ha purtroppo - e la pandemia non ha aiutato - tassi di dispersione scolastica elevati e che ha periferie con i "carusi" spesso abbandonati a loro stessi in un vuoto di prospettive e di futuro. 

E' ancora una Catania dove esiste il lavoro nero, dove lo Stato c'è per aiutare "gli ultimi" con il reddito di cittadinanza ma dove non si riesce a creare lavoro "vero", "sano". E' la città che ai giovani, diplomati o laureati, offre ancora troppo poco se non la rassegnazione di doversi accontentare tra stage e tirocini (la moderna forma di sfruttamento) o lavori sottopagati. I "vinti" del Verga oggi sarebbero proprio loro: gli stagisti, i lavoratori in nero, i giovani senza prospettive, gli operai e i lavoratori della terra che vivono alla giornata eseguendo lavori durissimi.

Lo stesso Verga fu un emigrante: andò a Firenze e a Milano e poté notare la differenza tra un nord Italia industriale e in fermento e un Sud Italia ancora arretrato e legato alle antiche logiche rurali. Nella novella intitolata "L'ultima giornata", contenuta nella raccolta "Per le vie", troviamo ancora una volta la disarmante attualità dell'autore catanese: è la storia del suicidio di un uomo, probabilmente un emigrante, che si era recato a Milano per trovare lavoro. 

"Gli avevano detto: - A Milano, che è città grande, troverete -. Egli non ci credeva più; ma s'era messo a cercare finché gli restava qualche soldo". Scrive Verga parlando del protagonista della vicenda che era partito fiducioso però la rottura di un braccio aveva compromesso il suo fisico e l'abilità sul lavoro. Il risultato era che il povero emigrante restò senza lavoro e senza un soldo: solo e disilluso si gettò sotto un treno nei pressi di Como. 

Una storia tragica di emigrazione e di mancanza di occupazione che racchiude il pessimismo e i tormenti di Verga ma anche il travaglio di generazioni e generazioni di meridionali costretti a fronteggiare una vita in salita,

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