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Sabato, 27 Aprile 2024
Le parole dell'arcivescovo

Pasqua, il messaggio di Renna: "L'indifferenza è un virus che contagia intere generazioni"

"Dal mistero della Pasqua impariamo a vivere - ha detto l'arcivescovo di Catania - anzi re-impariamo a vivere, perché se l’umanità è sull’orlo di un conflitto di vasta portata e Paesi cristiani o che credono in un Dio Unico sono in guerra, vuol dire che dobbiamo tornare alla lezione della croce"

"Mentre in questi giorni celebriamo la Santa Pasqua, sentiamo che la gioia e la speranza che risplendono nel mistero della Risurrezione, sembrano tardare a raggiungerci, anzi rischiamo di fermarci al Venerdì Santo, dove la violenza si è accanita sul corpo del Crocifisso, e le lancette della storia si sono bloccate sulle tre del pomeriggio, l’ora del buio e della morte. Ma la speranza cristiana non si arrende, e dal mistero della Passione, Morte e Risurrezione vuole ripartire, per rialzarsi, sperare, operare". Lo ha detto l'arcivescovo di Catania, Luigi Renna, rivolgendo il suo messaggio alla cittadinanza in occasione delle imminenti festività pasquali.

"Dal mistero della Pasqua impariamo a vivere, anzi re-impariamo a vivere, perché se l’umanità è sull’orlo di un conflitto di vasta portata e Paesi cristiani o che credono in un Dio Unico sono in guerra, vuol dire che dobbiamo tornare alla lezione della croce. Se le notizie di violenze sulle donne scandiscono con ritmi quasi puntuali i nostri notiziari nazionali e il numero dei poveri cresce costantemente, è perché dobbiamo reimparare dalla Croce e dalla Risurrezione. Se l’indifferenza - continua - è il virus che non teme mascherine e contagia intere generazioni, occorre ritornare a quell’antidoto che è stato fabbricato sulla croce. Reimpariamo il senso della responsabilità, entrando nel cenacolo. La grande lezione del Cristo che si china sui piedi degli apostoli, li lava e li asciuga, è il suo testamento di amore che annuncia che sarà Pasqua per tutti, quando ciascuno vivrà la sua esistenza come un dono e un servizio; che saprà lavare i piedi prendendosi cura dell’educazione dei ragazzi propri e dei figli degli altri; che crederà che l’educazione non potrà risolversi in iniziative di un giorno, ma avrà il sapore dell’impegno quotidiano dei docenti delle scuole delle nostre città dove è più difficile educare, e dove si prepara il futuro in mezzo a tante difficoltà e tanta speranza; dove i volontari si fanno vicini a tutti accompagnando lo studio dei ragazzi, si fanno amici di chi non ha amici, danno un supporto alle famiglie. Nei centri dove i poveri si sentono fratelli e basta, ed esibiscono non una 'tessera di povertà', ma quella dell’amicizia che li fa sentire meno soli".

"La Pasqua continua a farci sperare che la pace sia possibile se i mezzi del dialogo paziente e della condivisione apriranno un varco di luce. Vogliamo debellare la fiducia nelle armi che troppo facilmente stanno tornando in mano a civili, a persone che ne fanno un mito e un gioco pericoloso? Occorre - aggiunge ancora l'arcivescovo di Catania - reimparare che nella nostra vita quotidiana un’arma è sempre qualcosa di non appropriato per chi crede in Colui che ci ha redento con un a6more disarmato. Reimpariamo la solidarietà, sulla via della croce, con i volontari, che ci dicono che la Pasqua la si costruisce ogni giorno portando la croce dei fratelli. Reimpariamo, come dicevano gli alunni della scuola di don Milani che 'il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica. Sortirne da soli è avarizia”.

"Parlare di sogni, di bellezza, di futuro, e non affidarsi alla forza di un amore che sa condividere e servire senza ostentazione, significa tenere in mano parole nude. Mentre ci prepariamo alle elezioni europee; mentre siamo chiamati a valutare se la legge sull’autonomia differenziata (sulla quale i Vescovi di Sicilia ci hanno invitato a 'prendere la parola') è un 'sortirne da fratelli' o da avari che pensano solo a sé, ogni cittadino, dalla croce e dal cireneo, può imparare che ogni uomo è un politico, quando pensa agli altri; e ogni politico è veramente tale se sa pensare la sua città in grande, in Italia, nell’Europa, nel mondo. Perché dalla croce scaturisce non una fraternità di soci, ma quella famiglia che abbraccia tutti, proprio tutti gli uomini, ed ognuno può dire che Cristo si è fatto suo fratello. Viviamo il nostro tempo non come chi non sa se Cristo risorgerà: sappiamo che è risorto e che se la croce è ciò che ci fa credere, come diceva il filoso Pascal, ciò in cui crediamo è la vittoria della croce e della risurrezione".

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